domenica 30 gennaio 2011

SOCIOLOGIA CRIMINALE

CRIMINOLOGIA


di Giusto Giusti




ll primo concetto essenziale riguarda la nozione di cosa sia la criminologia. E’ un termine usatissimo, e che ormai ha soverchiato tutti gli altri simili termini. Nessuno parla più di antropologia criminale, di sociologia criminale, o altro senza specificazioni. Però moltissime persone parlano di criminologia, e fanno delle conseguenti distinzioni. A questo punto le distinzioni sono infinite, e i termini per le distinzioni sconfinano l’una nell’ altra, e gruppi di ricercatori si mescolano con gruppi di persone che non sono del mestiere. Allora si cerca di stabilire se il tipo di condotta sia congruo con quanto il codice penale e le leggi speciali stabiliscono riguardo a quella condotta, ma si va incontro a variazioni temporali anche rilevanti. Senza contare che molte situazioni possono essere considerate un delitto in un tempo diverso e in un luogo diverso. La distinzione più importante non è tuttavia quella biologica, bensì quella sociale. In altre parole, perché un omicidio nella vita civile è un delitto, mentre in guerra è un dovere? Andando più a fondo, perché un omicidio nella vita civile può essere apprezzato, o perdonato?
I fattori che ho enumerato, senza alcun dovere di completezza, tendono a cir-coscrivere con linee assolutamente individuali un campo sulla cui natura gli uomini si sono sbizzarriti ad avere assai diverse opinioni. E’ sufficiente dare uno sguardo alla carta politica dell’Europa prima e dopo il 1989 per avere un apprezzabile parere al riguardo.
Altri punti che modificano i limiti della criminologia in senso reale sono rappre-sentati dall’epoca che stiamo esaminando, dalle popolazioni dominanti in quel periodo storico in quella regione, dai concetti giuridici prevalenti in quel luogo, tempo, dominazione e volontà popolare. Su questo si viene progressivamente a formare un habitus giuridico- istituzionale che assumerà nel tempo caratteristiche più o meno stabili.
Ma in ciascun luogo le qualità dei singoli individui tendono a modificare le tesi giuridiche che governano quel popolo. Non mi riferisco, come qualcuno potrebbe intendere, a questioni di base, bensì a un fattore che non è mai stato considerato, e cioè alle qualità delle singole persone. Se consideriamo un noto concetto, troviamo che la maggior parte della popolazione di uno Stato si raggruppa al centro, dove appunto si trova la massima parte della gente, una piccola parte si trova a destra, ed una piccola parte a sinistra. Il gruppo più grande è rappresentato dalla gente comune, la piccola parte a destra è costituito da coloro che sono strettamente obbedienti alla norma, mentre la piccola parte a sinistra è rappresentata da coloro che sono scarsamente obbedienti alla norma. Tra questi ultimi si trovano anche coloro che trovano vantaggioso non obbedire alle norme dello Stato. Solo la parte a destra della curva è strettamente obbediente alla norma, la grossa mediana è variamente obbediente, la piccola parte a sinistra lo è di meno. Questa curva , che è variabile nel tempo per un singolo Paese, varia anche nello spazio a seconda dei parametri che si considerano e a seconda dei Governi e dei Codici penali, anch’essi mutevoli. Di conseguenza, non potranno mai esserci degli immutevoli parametri criminologici comunque validi per esplorare le mutazioni criminologiche. Sarà soltanto l’analisi storica dei problemi che potrà aiutarci a fare chiarezza.
Supponiamo di effettuare tante misurazioni di una stessa grandezza con uno strumento; avremo risultati differenti, dovuti all'inevitabile imprecisione del nostro strumento e del nostro operato, che sono detti errori accidentali. Se rappresentiamo le misure ottenute su un grafico, se il numero di misurazioni è molto grande, al limite infinito, la curva che otterremo è proprio la curva di Gauss.



Si tratta di una curva dalla classica forma a campana che ha un massimo at-torno alla media dei valori misurati e può essere più o meno stretta a seconda della dispersione dei valori attorno alla media; la dispersione si misura con la deviazione standard: praticamente una delle proprietà della gaussiana è che il 68% delle misurazioni differisce dalla media meno della deviazione standard e che il 95% differisce meno di due deviazioni standard: quindi maggiore è la deviazione standard, più la gaussiana è "aperta" e più c'è la possibilità che la media (il punto più alto) non sia rappresentativo di tanti casi.
Anche nel caso della curva di Gauss l'area sottesa dalla curva vale 1 perché la somma delle probabilità di tutti i valori dà 1, cioè la certezza.






Capitolo 1 - Cronistoria della criminologia

Converrà premettere qualche elementare nozione di ordine criminologico, per mostrare quello che è la criminologia, in un’ottica temporale e in una successione logica, ed anche a livelli topografici significativi.
Proporrò una cronistoria semplice, prendendomi anche qualche libertà, e tuttavia spiegandola, per consentire al Lettore di capire come e quando si siano scisse le strade della criminologia europea e di quella nord-americana. Rimane la criminologia sud-americana, che conserva molte tracce della criminologia europea. Non sono riuscito a trovare traccia della criminologia di altri luoghi, vuoi per difficoltà linguistica, vuoi perché non è stata ancora costruita, vuoi per mia ignoranza.
E’ verosimile che la criminologia possa avere inizio quando si cominciò a disgregare l’edificio della dottrina classica del diritto penale, che per molti anni aveva cercato di affermarsi, riuscendoci, e costruendo una rete di norme che dovevano essere utilizzate per trovare il colpevole di un reato, chiunque egli fosse. I codici penali, successivi alla volontà assoluta dei regnanti, usavano metodi che in parte derivavano dall’inquisizione e che ancora prevedevano l’impiego della tortura. Il testo del milanese Pietro Verri, illuminista milanese della fine del 1700 e molto critico nei confronti dell’uso di queste tecniche, è dedicato all’uso della tortura come metodo per ottenere una confessione dall’imputato.

Cesare Bonesana, marchese di Beccaria (Milano, 15 marzo 1738 – Milano, 28 novembre 1794) fu un giurista, filosofo, economista, letterato italiano, figura di spicco dell'Illuminismo, legato agli ambienti intellettuali milanesi.
Nel 1764 pubblicò Dei delitti e delle pene, breve scritto che ebbe enorme fortuna in tutta Europa ed in particolare in Francia, dove incontrò l'apprezzamento entusiastico dei filosofi dell'Encyclopédie, di Voltaire e dei philosophes più prestigiosi che lo tradussero (la versione francese è opera dell'abate filosofo André Morellet, con note di Denis Diderot) e lo considerarono come un vero e proprio capolavoro. L'opera venne messa all'Indice dei libri proibiti nel 1766, a causa della distinzione tra peccato e reato.
Tornato a Milano non si mosse più, divenne professore di Scienze Camerali (economia politica) e cominciò a progettare una grande opera sulla convivenza umana, mai completata.
Entrato nell'amministrazione austriaca nel 1771, fu nominato membro del Supremo Consiglio dell'Economia, carica che ricoprì per oltre vent'anni, contribuendo alle riforme asburgiche. Morì a Milano il 28 novembre 1794 a causa di un ictus all'età di 56 anni.
Beccaria definì in pratica il delitto in maniera laica come una violazione del contratto, e non come offesa alla legge divina, che appartiene alla coscienza della persona e non alla sfera pubblica. La società nel suo complesso godeva pertanto di un diritto di autodifesa, da esercitare in misura proporzionata al delitto commesso (principio del proporzionalismo della pena) e secondo il principio contrattualistico per cui nessun uomo può disporre della vita di un altro.
Beccaria sosteneva quindi l'abolizione della pena di morte, perché non impedisce i crimini e non è efficace come deterrente, nonché della tortura, perché è una punizione preventiva ingiusta e crudele e non serve a scoprire nulla, giacché fornisce dubbie confessioni. Si occupò inoltre della prevenzione dei delitti, favorita dalla certezza piuttosto che dalla severità della pena.
Beccaria sosteneva che per un qualunque criminale, una vita da trascorrere in carcere, con l'ergastolo privativo della libertà, è peggiore di una condanna a morte, mentre l'esecuzione non vale come monito e deterrente al crimine. Il vero freno della criminalità non è, secondo Beccaria, la crudeltà delle pene, ma la sicurezza che il colpevole sarà punito, anche con una pena più mite ma certa ed inevitabile.

Cesare Lombroso nacque a Verona nel 1835. Incaricato di un corso sulle malattie mentali all'università di Pavia nel 1862, divenne in seguito (1871) direttore dell'ospedale psichiatrico di Pesaro e professore di igiene pubblica e medicina legale all'università di Torino (1876), di psichiatria (1896) e infine di antropologia criminale (1905). Morì a Torino nel 1909.
Il suo nome resta legato soprattutto all'antropologia criminale, di cui è ritenuto il fondatore, insieme con la "scuola positiva del diritto penale", in cui influenzò le teorie poi sviluppate da Enrico Ferri.
Lombroso sostenne che le condotte atipiche del delinquente o del genio sono condizionate, oltre che da componenti ambientali socioeconomiche, da fattori indipendenti dalla volontà, come l'ereditarietà e le malattie nervose, che diminuiscono la responsabilità del criminale in quanto questi è in primo luogo un malato. In particolare nell’opera L’uomo delinquente, Lombroso sostiene la tesi secondo cui i comportamenti criminali sarebbero determinati da predisposizioni di natura fisiologica, i quali spesso si rivelano anche esteriormente nella configurazione anatomica del cranio. I caratteri degenerativi più frequenti negli alienati e nei delinquenti ne consentono la classificazione : i criminali nati (caratterizzati da peculiarità anatomiche, fisiologiche e psicologiche), i criminali alienati, i criminali occasionali e quelli professionali. Nella prospettiva lombrosiana domina il determinismo più assoluto, per cui quel che si fa dipende necessariamente da ciò che si è: privo di ogni libertà, l’uomo agisce in maniera deterministica e necessitata. Anche in forza delle dure critiche a cui la sua teoria fu sottoposta, Lombroso andò via via correggendola, sempre più arretrando dal suo iniziale determinismo assoluto: egli arrivò a sostenere che i delinquenti nati fossero solo un terzo di coloro che infrangevano le norme e che ogni delitto aveva origine in una molteplicità di cause. Lombroso indicò anche le conseguenze giuridiche della propria dottrina: poiché il crimine non è il frutto di una libera scelta, ma è piuttosto la manifestazione di una patologia organica, cioè di una malattia, allora la pena deve essere intesa non come una punizione, ma semplicemente come strumento di tutela della società.
Le tesi di Lombroso si diffusero rapidamente in tutta Europa, e vi dominarono dalla pubblicazione dell’Uomo delinquente (1876) fino alla sua morte (1909), poi decaddero rapidamente In Italia e in Europa.

Enrico Ferri (San Benedetto Po, 25 febbraio 1856 – Roma, 12 aprile 1929) è stato un politico, scrittore, giornalista, e criminologo italiano, direttore del quotidiano del PSI Avanti! e allievo di Cesare Lombroso.
Dopo essere stato uno studente universitario di Cesare Lombroso, lavorò dapprima come assistente e poi come professore di Diritto penale. Mentre Lombroso si era occupato di criminologia antropologica, gli interessi di Ferri riguardarono i collegamenti tra le influenze sociali e economiche e i tassi di criminalità.
Le ricerche di Ferri lo portarono a formulare teorie che sostenevano come il principio base dell'aumento della legalità siano i metodi di prevenzione del crimine e non i metodi di punizione dei criminali. Fu tra i fondatori della scuola positivista; perseguì le sue ricerche sul positivismo psicologico e sociale in contrapposizione al positivismo biologico di Lombroso.
La carriera politica di Ferri si caratterizza per la serie di cambiamenti di direzione. Persona di grande fascino e di notevole abilità retoriche, fu considerato piuttosto un tribuno e un oratore. Neutralista durante la Prima Guerra Mondiale, fu rieletto deputato di nuovo nelle file del PSI alle elezioni del 1921. Negli ultimi anni si avvicinò al regime fascista e a Mussolini, tanto da venire nominato senatore del Regno nel 1929, pochi giorni prima di morire.
Scrisse numerose opere, tra le quali ricordiamo la Sociologia criminale.

Raffaele Garofalo, 1851–1934, giurista e criminologo. Studiò all’Università di Napoli, dove successivamente insegnò diritto e procedura penale. E’ considerato, dopo Enrico Ferri, il più importante seguace di Cesare Lombroso. Il suo maggior contributo è la formulazione di una teoria di delitto naturale. La teoria abbraccia delitti di due tipi: quelli di violenza e quelli contro la proprietà. La sua opera principale è la Sociologia.

Scipio Sighele, 1968- 1913, giurista e criminologo. Insegnò all’Università di Bruxelles, e poi in Italia. Allievo del Ferri, la sua opera principale è La folla criminale (1901).

Napoleone Colajanni, 1847- 1921, parlamentare siciliano. Portatore di idee molto moderne, come per esempio quella che la mafia si dovesse vincere con il ritorno a condizioni economiche siciliane più adatte ai tempi. Ovviamente, nemico di Cesare Lombroso.

Alexandre Lacassagne, 1843- 1924, professore di medicina legale a Lione. E’ il contro altare francese di Lombroso. E’ stato recentemente rivalutato nella storia della criminalità.

Gabriel Tarde, 1843- 1904, sociologo, entra marginalmente nell’area dell’antropologia, e si oppone a talune tesi di Lombroso.

Hans Gross, 1847- 1915, professore di diritto penale e giudice istruttore austriaco, con la sua Psicologia criminale portò per primo la scienza nel campo del delitto.

La morte di Cesare Lombroso sembrò frenare l’impulso allo studio della criminologia, benché i suoi due allievi più noti, Ferri e Garofalo, fossero ben vivi. Per me, che scrivo dopo circa un secolo da tale epoca, anche se continuo a leggere che le tesi di Lombroso sono ormai sconfessate, le ricerche attuali sulla delinquenza e la criminologia non appaiono sicuramente conclusive.
Nel periodo successivo alla prima guerra mondiale, perdurando ancora l’attività di Ferro e Garofalo, si fecero notare anche le figlie di Lombroso, e cominciò qualche anno dopo a farsi strada un altro lombrosiano, Benigno Di Tullio. Esiste ancora più che il ricordo di Lombroso, esiste un tenue filo che collega lo stato di oggi con lo stato di allora.

Attualmente, il patrimonio scientifico lasciato dai tre fondatori della scienza antropologica sembra essersi diviso, ma sono ancora evidenti le tracce che sono state lasciate. In Europa, la divisione fra Europa occidentale ed Europa orientale è ancora chiara, ma probabilmente essa tenderà a scomparire. Non vi sono però elementi utilizzabili in concreto: ora come ora, in numerosi Paesi europei la questione appare sopita. Nel Nord- America, le questioni sociali nella popolazione sono molto importanti, e la criminologia del Nord- America è essenzialmente sociologica. In Sud- America è invece ancora molto vitale la criminologia lombrosiana.
In Cina, il decano dei criminologi cinesi, il prof. Bingsong, ha promosso la costituzione di una Fondazione che si chiama "International Forum on Crime and Criminal Law in the Global Era". Soci fondatori sono i maggiori criminologi di 10 Paesi. Pino Arlacchi, europarlamentare dell'Italia dei Valori - è scritto in una nota - è considerato uno dei principali esperti di sicurezza umana, essendo già stato il Presidente dell' associazione mondiale per lo studio della criminalità organizzata. Arlacchi è stato nominato Direttore Generale della Fondazione e dovrà organizzare una delegazione nazionale che parteciperà agli incontri annuali che si terranno fino al 2019.
Non abbiamo notizie attendibili per gli altri Stati Asiatici.


Un’opinione personale
Caro Lettore, se vai a guardare alcune pagine innanzi, trovi una curva di Gauss, che è disegnata secondo uno schema abituale e assolutamente generico. Non è una curva che sia stata rilevata in seguito ad una organizzazione, ma è invece la curva ideale di un qualche cosa di molto teorico, e che può variare in ogni momento della giornata, ma che, a fine anno, ripete la curva dell’anno precedente.
Guarda i numeri degli omicidi volontari, tanto per esemplificare, e troverai che sono molto vicini, intorno a 600 l’anno. Certamente ti puoi domandare come, negli ultimi anni, la cifra degli omicidi volontari sia stata pressoché eguale. Questo è vero, ma quale sia il meccanismo che rende pressoché eguale il numero degli omicidi volontari in una serie di anni è assai difficile da comprendere. In fondo l’Italia ha circa 60 milioni di abitanti, e gli omicidi volontari sono 600:60.000.000, cioè 1:100.000 all’anno con variazioni minime da un anno all’altro. Se hai pazienza, e farai i tuoi calcoli, troverai che per altri reati è più o meno lo stesso. E che tutto questo sarà vero se non cambieranno le situazioni circostanti. In fondo, negli anni del XIX secolo, cioè nel 1800, la situazione era molto diversa, e gli omicidi volontari erano almeno 8 volte di più, se ricordi che la popolazione era la metà di quella attuale e che il numero degli omicidi volontari era intorno a 4000 all’anno.
Puoi ancora concludere che, a questa stregua, se nulla cambia, abbiamo raggiunto la cifra di omicidi che appare la cifra minima per la popolazione italiana.
Ti porto un altro esempio. Nel primo anno di vita di chiunque, e nell’ultimo anno di vita di una persona che muoia a 84 anni se femmina e a 76 anni se maschio, non si registrano omicidi (o comunque pochissimi). Allontanandoci da questa linea di base, le cifre cominciamo pian piano a crescere, fino a raggiungere il massimo degli omicidi intorno a 20- 35 anni, rimanendo peraltro il numero dei delitti compiuti dalle femmine a circa 1/10 di quelli compiuti dal maschio. Questi rapporti rimangono stabili.
Ora una breve nota. La citazione di alcuni criminologi e precursori non può ridurre a tali nomi la storia di questa scienza. Essa infatti è qualcosa che vive e che ha ripreso a vivere sulla scorta di autori e ricercatori remoti e attuali, italiani e stranieri. Ma siamo ancora nel periodo in cui questa scienza si sta assestando. Nel periodo attuale stiamo partecipando ad uno strano fenomeno: stanno riemergendo i nomi antichi, e numerosi Autori avvertono che doverosamente la criminologia sta trovando lentamente il suo spazio. Cercherò di darne conto.

Capitolo 2- Metodo di lavoro
Lo studio circa le male azioni dell'uomo e le loro conseguenze, per molti anni condotte, mi ha portato alla consapevolezza di poter indagare sulle ragioni e sui fini di esse. Esaurita ormai la curiosità di conoscere le fisiche conseguenze della violenza, mille e più volte tentata la ricostruzione di eventi delittuosi, la strada non può essere ormai, per me, che quella di capire e spiegare le cause che sembrano ispirare la commissione di tanti e tanto gravi reati, le situazioni in cui essi maturano, la lentezza e spesso la vanità delle indagini e della punizione.
Alla decisione di esaminare questi problemi, cui forse la mia preparazione non sarà ritenuta sufficiente, hanno concorso l'interesse per gli affari giudiziari e per i luoghi in cui la punizione si realizza in concreto, e, più di recente, quel di corrotto che s'è finalmente rivelato nell'amministrazione della cosa pubblica e privata; ancor più tuttavia, la coscienza che, quanto minore è il numero dei delitti, tanto meglio possono vivere sia la nazione sia i cittadini, delinquenti compresi.
Probabilmente il Lettore non troverà nulla di originale in questo testo, né io ho la pretesa di riferirgli fatti nuovi o curiosi. I limiti temporali e topografici sono quelli del “qui e ora", dei tempi e dei luoghi che tutti meglio conosciamo. Né ci si aspetti un'analisi approfondita di casi giudiziari, o idee innovative in tema di lotta alla mafia, o interpretazioni sugli effetti delle temperature estive su taluni soggetti.
Il mio materiale è semplicemente quello delle notizie quotidiane, e il mio metodo è quello della meditazione su questi fatti, attraverso il filtro dell’esperienza e della lettura delle esperienze e meditazioni altrui.
Nel momento in cui scrivo queste frasi, sono ben conscio che lo sforzo sarà vano. Molti prima di me, e ben più meritevoli, hanno appunto potuto conoscere la vanità di studi e ricerche condotte con grandi mezzi, perché lo studio della condotta criminale non sembra portare alcun beneficio nella applicazione pratica.

Capitolo 3 – Comprensione della condotta criminale

Se torniamo brevemente indietro negli anni, possiamo facilmente renderci conto che un grande sforzo intellettuale è stato fatto per capire la condotta criminale, per giudicare secondo giustizia, per punire equamente. Abbiamo cercato di misurare il grado della colpa e l'intensità del dolo. Abbiamo stabilito leggi precise, e abbiamo deciso che solo la loro violazione poteva comportare una pena. Abbiamo contato i giorni di prigione corrispondenti alla commissione di un atto criminale. Abbiamo infine tentato di valutare se l'uomo delinquente fosse davvero libero nella scelta della sua condotta. Proprio su questo aspetto, nell'ultimo secolo antropologi, medici legali, sociologi, giuristi, genetisti, psicologi hanno prodotto molti brillanti studi. In merito alla previsione della condotta criminosa, grandi studiosi hanno dedicato buona parte della loro vita professionale.
Se guardiamo ai fatti, non sembra che i risultati pratici siano stati particolarmente brillanti. Negli anni, grandi e significative variazioni nel numero complessivo dei delitti non vi sono state, anche se pare, nell'insieme, che sia in diminuzione il numero dei delitti contro la persona, mentre è in aumento il numero dei delitti contro la proprietà, ed in particolare quello dei furti, che ancor più grande sarebbe se solo potessimo contarli tutti. Numerose prigioni sono state costruite, eppure la loro capienza globale non è mai sufficiente. Il carcere è stato invaso da psicologi ed educatori, ma l'efficacia di questi interventi non sembra tanto importante. Le istituzioni deputate alle indagini sono state dotate di persone e mezzi, per scoprire i colpevoli e rendere meno incerto il giudizio. Eppure la massima parte dei furti e buona parte degli omicidi volontari non arrivano al giudizio, e vengono archiviati perché è ignoto l'autore del reato, perché, cioè, non è stata individuata una persona cui addebitarlo.
E allora, pare necessario guardare a questi problemi da un altro punto di vista, che tenga conto più del buon senso che di principi indefettibili, e che sia essenzialmente pragmatico.

Capitolo 4- La detenzione
Ne ignoro il motivo profondo, ma per molti anni sono stato convinto che una condanna alla detenzione significasse che il condannato doveva stare in prigione per quel preciso numero di anni, mesi e giorni. Solo molto più tardi ho capito che non è assolutamente così, che cioè alcuni ci vanno davvero, ed altri no, e alcuni di questi ultimi non vedono neppure scritta la loro condanna sul certificato penale. Per coloro invece che debbono soggiornare in prigione, sono previsti forti sconti della pena detentiva, se solo si comportano bene.
Ero anche convinto che si dovesse andare in prigione solo se un giudice pronunciava una sentenza di condanna, pur ammettendo che una persona colta sul fatto ci dovesse andare subito, perché la condanna sarebbe stata inevitabile.
Si trattava, come è evidente, di sciocche fantasie di ragazzo, poiché, come ognuno se ne avvede, la vera pena in buona parte dei casi non consiste nella condanna, bensì nell'inquisizione, cioè nell'esser sottoposto ad indagine: l'eventuale condanna rappresenta talvolta un'aggiunta facoltativa.
Se questa eventualità non si realizza, qualcuno si rallegrerà, e qualcun altro porterà pazienza.
Allora la gente che abita le prigioni è composta almeno di due categorie: una parte attende il processo (di primo grado, o di secondo grado, o di Cassazione) e una parte è già stata condannata (in primo grado, o in secondo grado, o in via definitiva). E' evidente che le due categorie hanno tendenza a sovrapporsi l'una con l'altra.
Pensavo anche che le prigioni riservate ai condannati fossero differenti da quelle riservate a coloro che sono in attesa del processo, ma così non può essere, dato appunto che le categorie si sovrappongono.
Immaginavo che i condannati per delitti molto gravi fossero tenuti separati da quelli che semplicemente avevano detto "sciocco" a un vigile urbano, o che tenevano in tasca qualche bustina di polvere bianca per loro privato consumo. Anche se esistono luoghi riservati agli ergastolani, non si sbaglia dicendo che spesso, sotto lo stesso tetto, si trovano pluriomicidi, ladri, rapinatori, spacciatori di droga, oltraggiatori di pubblici ufficiali, corruttori e corrotti, concussori e concussi. Tutti hanno in comune un'unica condizione: si professano innocenti.

Capitolo 5- Giudicabili e definitivi
Forse qualcuno di loro è innocente. L’ISTAT però ci dice che molti di loro sono innocenti, nel senso che, all' esito finale dei processi, vengono riconosciuti tali, qualche volta per un cavillo giuridico, qualche volta perché lo sono davvero. E’ inevitabile allora domandarsi, dato che sono innocenti, perché sono finiti in carcere: tenterò più avanti di dare una risposta.
Dobbiamo comunque ammettere l’assunto che in carcere vi siano colpevoli e innocenti, già condannati o in attesa di giudizio, persone appena entrate e persone che stanno per uscire perché hanno finito di scontare la pena.
E’ singolare la diversità del comportamento tra coloro che non si aspettano la carcerazione e coloro che invece lucidamente la possono prevedere in base alla loro condotta.
Questi ultimi l'accettano quasi fosse un infortunio sul lavoro, ma si impegnano tuttavia per renderla quanto più breve e più comoda sia possibile, gli altri la vedono come un affronto personale.
Da questi diversi atteggiamenti possono nascere importanti problemi di ordine medico: quanto ai primi, la simulazione di malattia, quanto ai secondi, una reazione psicogena abnorme che può portare ad una malattia psicosomatica o al suicidio.
Un caso a parte è rappresentato dai mafiosi e dagli appartenenti a gruppi criminali organizzati di questo tipo. Esclusi i grandissimi capi, che non ne hanno bisogno per affermare il proprio prestigio, per gli altri è un punto d’onore tenersi fuori del carcere, usando le strutture sanitarie a proprio beneficio. Il mafioso in carcere potrebbe essere riconosciuto come tale soltanto in base al gran numero di esami strumentali, sofisticati e costosi, che gli vengono praticati, gratuitamente s'intende.
Un'altra caratteristica, o tentativo, dei mafiosi a livello medio e basso, è quella di precostituirsi l'infermità di mente. Il soggetto, in epoca non sospetta, sviluppa surrettiziamente un'infermità di mente (non importa quale, basta che al bisogno lo possa rendere incapace di intendere e di volere) e la fa debitamente attestare mediante opportuni ricoveri: se accusato di qualche delitto, il mafioso potrà far valere la sua "malattia" e guadagnarsi il ricovero in manicomio giudiziario, donde potrà uscire prima e più facilmente, grazie ad una opportuna “guarigione”, tanto più probabile in quanto non è mai stato "malato" o "infermo di mente".

Capitolo 6- Colpevoli per sorteggio?
Esiste una stranezza nelle nostre leggi. Non so se essa compaia anche in altre legislazioni, e, se c'è, non è sicuramente allo stesso livello.
Le nostre leggi sono molto complesse, molto articolate, fanno richiami a norme precedenti che in parte vengono abrogate, le ipotesi delittuose sono minuziosamente previste, le pene diligentemente commisurate a queste ultime. Così sono le leggi penali, così quelle amministrative.
E' una bellissima, puntigliosa, illeggibile da parte dell'uomo della strada, apparentemente coerente costruzione, nella quale si sono impegnati i migliori intelletti giuridici della nazione. L'impegno tecnico è certamente soverchiante, tale comunque da impedire di pensare alle conseguenze sociali di tali leggi.
E, infatti, la prima e più ovvia conseguenza è l'interpretazione di esse: dall'umile circolare esplicativa di un ministero fino alla dotta sentenza della Corte costituzionale, è un fiume cartaceo che accompagnerà inevitabilmente il testo di legge.
La seconda conseguenza è rappresentata dalle inevitabili sequele giudiziarie, centrate appunto sull'interpretazione di esse.
La terza conseguenza è che la legge non potrà mai essere esattamente conosciuta dalle persone che la debbono rispettare, e da poliziotti e carabinieri che debbono farla rispettare.
Infine, ultima e più grave conseguenza: può accadere che le infrazioni siano tanto numerose e variabili, che la punizione del colpevole rappresenti un vero e proprio evento casuale, di tal che il reo non si sentirà punito per il reato, ma perseguitato dalla malasorte.
Colpevoli per sorteggio? In alcuni casi certamente sì.
Alcuni esempi banali possono chiarire il punto di vista. a) è eccezionalmente raro che un contribuente subisca un accertamento fiscale, ma quando lo subisce è eccezionale che non debba pagare qualche ammenda, perché, per quante imposte uno paghi, ce n'è sempre qualcuna non pagata o non pagata per intero. b) c'è una norma del codice della strada che impone dei limiti di velocità. La massima parte dei conducenti procede usualmente ad una velocità adeguata al mezzo, alla strada, alle condizioni meteorologiche, alle condizioni del traffico, alle proprie condizioni psico-fisiche. Questa velocità è di solito un po' superiore a quella massima, imposta dalla norma, cosicché è sufficiente un autovelox, che misuri esattamente quelle velocità, per colpire quei relativamente pochi automobilisti che hanno la sventura di passare davanti allo strumento, fra i milioni di automobilisti che in quel momento stanno "violando" quella norma del codice della strada. Noi tutti, io credo, dobbiamo ringraziare il buon senso della Polizia stradale, che interviene quando sia effettivamente necessario. c) il furto è uno di quei reati per i quali è frequentissima l'archiviazione per essere ignoto l'autore del reato stesso. In altri termini, per alcuni tipi di furto (furto in appartamenti, furti d'auto, ecc.) non vengono fatte indagini, o solo indagini sommarie, cosicché l'identificazione e l'eventuale cattura del ladro avvengono solo se il ladro è colto sul fatto, e quindi sono del tutto casuali.
Tutto questo contribuisce a dare un'immagine molto distorta dell'amministrazione della giustizia, e ne viene a mancare il rispetto. I sentimenti del cittadino si tradurranno in opinioni, e queste saranno diffuse nella popolazione.
Non ci si può dunque attendere la collaborazione della popolazione, quando tale collaborazione divenga necessaria. Questa mancanza di collaborazione potrebbe anche chiamarsi omertà, della quale vi sono peraltro anche altre cause.
La prossima imbarazzante domanda è questa: perché le leggi sono così congegnate? Le imbarazzate risposte non possono essere che queste: o il legislatore non è in grado di far di meglio, o le fa così a bella posta.

Capitolo 7- Antiquariato

Ricorda il Lettore l'annosa storia del Codice della Strada che, pronto da anni, non ci si decideva a promulgare perché farcito di errori, e intanto si usava quello del 1957, quando più numerosi delle automobili erano i carri a buoi? Per rimanere in tema: ricorda il Lettore il nome di quel Ministro della Repubblica che voleva farci andare tutti a meno di 110 km/ora sulle autostrade?
In fondo però sono cose molto banali, se le poniamo a confronto con il codice penale, che è stato promulgato nel 1930, e che perciò risente delle idee politiche di quegli anni, e forse questo è il male minore, ma risente anche delle idee giuridiche di allora, e forse questo è il male maggiore.
Per quanto più da vicino mi riguarda sul piano didattico e professionale, emergono dal codice penale fantasmi del remoto passato, come quello di Cesare Lombroso, nome noto al Lettore, che forse ricorda che la prima edizione dell'"Uomo delinquente" è del 1876. Numerose, sempre nel campo di mio interesse, sono le cosiddette "fictiones juris", cioè delle "licenze" che il codice si concede per "ragioni di politica criminale". Sono "licenze" fastidiosissime: in pratica il codice entra in contraddizione con se stesso, e chi ha il dovere di applicarle non può far altro che ricorrere a piccole astuzie per rimediare al danno. Un altro fastidiosissimo aspetto riguarda il nesso di causalità materiale. In questo specifico settore, in verità, il codice ha solo la colpa di equiparare l'azione all'omissione, il che evidentemente non è lecito sul piano concettuale. E' la dottrina giuridica che è responsabile dei guasti maggiori. Sostenendo infatti che è causa di un evento ogni azione od omissione, anche di minima importanza, purché necessaria al verificarsi dell'evento, si finisce per criminalizzare e punire anche azioni od omissioni che non hanno nulla di criminoso.
C'è qualcosa in tutto questo che ricorda l'ossequio servile ad un Principe che poteva e doveva avere i mezzi per imporre, a sua discrezione ed eventualmente, il proprio volere. Mi domando se non sia ancora cosi, e se la figura del Principe sia ancora attuale, dopo un opportuno cambio di nome.


Capitolo 8- Amministrazione

Le mie sciocche lamentele non finiscono qui. Mi sono sempre domandato perché l'Amministrazione dello Stato chieda al cittadino documenti e certificati che sono già in suo possesso. Banalità: se hai bisogno di rinnovare la patente di guida, o il passaporto, o quanto altro, devi recarti presso numerosi altri uffici e sportelli per avere dei documenti che ti serviranno per averne un altro.
Pare possibile che, mediante una rete di computer, l'Amministrazione sarà in grado di risolvere questi problemi in tempo reale.
Sono passati però ormai molti anni dall'avvento degli elaboratori, e ancora buona parte dell'Amministrazione procede con la penna d'oca.
Dirà il Lettore paziente: che importanza hanno mai queste osservazioni, pur vere, in un saggio di criminologia? Apparentemente nessuna importanza specifica, come è evidente. Nella sostanza, però, costituiscono un esempio della natura dei rapporti che intercorrono fra i cittadini e l'Amministrazione. A questo, è da aggiungere il modo con cui, alquanto spesso, il rappresentante dell'Amministrazione si comporta nei confronti del cittadino e viceversa.
Si tratta indubbiamente di noiose sciocchezze, quando sia necessario rinnovare la patente di guida, ma quando si tratti di avere una licenza edilizia o una licenza commerciale o altro di rilevante, allora entriamo nel possibile campo della corruzione e della concussione. Quanto più numerose, infatti, sono le "firme" necessarie per avere una licenza o un permesso purchessia, tanto più facilmente, per un'ovvia ragione statistica, si possono realizzare tali fenomeni. In altre parole: quanto più numeroso è il personale addetto, tanto più lenta è la progressione della "pratica" e tanto più facili la corruzione e la concussione. Vi è anche un altro elemento: i controlli progressivi riguardano la correttezza formale, non la correttezza sostanziale. Si tratta cioè di controlli sulle carte, non sulle cose, cosicché i maggiori imbrogli spesso si celano dietro il candore di una pratica formalmente immacolata. Il peggio è che, se qualcuno viene accusato, si difende affermando di avere seguito scrupolosamente la legge, ed è vero. E' una situazione omologa agli "scioperi bianchi" di talune categorie di lavoratori che, decidendo di seguire esattamente quel che il regolamento prescrive, riescono a paralizzare tutta l’attività.
C'è chi vede in una normativa così perfettamente elaborata sul piano formale una sorta di maestà e dignità della Legge: per lo meno è ciò che vi ha visto il Legislatore. Altri invece ci vedono una sorta di viltà, perché norme siffatte tendono alla propria tutela e alla tutela di chi le ha prodotte, e non a regolamentare la convivenza dei cittadini.
Questo modo di pensare si diffonde inevitabilmente nei rapporti interindividuali, creando situazioni analoghe.
La prevalenza degli aspetti formali sugli aspetti sostanziali ha portato a conseguenze del tutto inaccettabili.
Ricorderò, limitandomi tuttavia a ciò che meno imperfettamente conosco, che la legge n. 180 del 1978 sui malati di mente ha proibito i nuovi ingressi nei manicomi, senza provvedere a soluzioni alternative per i malati gravi. Che la legge istitutiva del Servizio sanitario nazionale ha concesso a tutti l’assistenza gratuita, mandando in rovina il bilancio dello Stato e obbligando a rammendi e rattoppi casuali. Che la legge sull’interruzione della gravidanza ha fatto sì che l’aborto diventasse in pratica un metodo contraccettivo. Che la socialmente avanzatissima legge penitenziaria sia in pratica inattuabile. Che le leggi sugli stupefacenti hanno subito nel tempo inspiegabili capovolgimenti. Et coetera. Attendiamo con ansia le leggi prossime venture, ed i guasti che produrranno, pronti a farvi fronte.

Capitolo 9- Alcune forme di illegalità

E' da leggi così contorte e scombinate che nascono i delitti contro la pubblica amministrazione, l'elusione e l'evasione fiscale, i privilegi inammissibili ma garantiti da una norma che ormai viene rifiutata. Viene subito alla mente la cosiddetta immunità parlamentare, che qualcuno ha ribattezzato "impunità parlamentare". Ma voglio anche aggiungere le false pensioni di invalidità, che hanno rappresentato per anni un modo di acquisizione del consenso e dei voti, e l'equo indennizzo per i dipendenti civili e militari dello stato, che rappresenta spesso un modo per distribuire denaro a tali dipendenti e quindi per acquisirne il consenso. Ed infine, e ciò era materia di indagine nel momento in cui stavo scrivendo queste righe, sono venuti alla luce i cosiddetti affitti facili e l'uso improprio di telefoni cellulari.
Emerge, mi sembra, un quadro caratterizzato da una illegalità diffusa. La stampa ha usato questa espressione, che a me pare eufemistica. Non sarebbe più adeguato parlare di delinquenza diffusa? In fondo, non vi è molta differenza tra chi compie un furto in un appartamento e chi ruba una pensione, o ruba l'uso di un appartamento o di un telefono cellulare.
Si dirà: in fondo si tratta di piccole cose. Rispondo: è vero, però sono molto diffuse e alla fine la somma di denaro sprecata, o rubata, è molto grande, ben più grande della somma delle tangenti di cui siamo finora a conoscenza. Nessuno tra i nostri criminologi si è occupato a fondo di questi aspetti. Ricorderò gli studi di Piero Paradiso e di Correra e Martucci, che non rappresentano però una ricerca condotta sul campo, e quelli di Franco Cazzola, che propriamente criminologo non è, ma che ha il pregio di scendere nella realtà concreta della casistica, per quanto le informazioni disponibili gli hanno consentito. Attendiamo ancora uno studio così approfondito come quello di Marshall Clinard sui misfatti delle imprese multinazionali.
Per averlo, abbiamo dovuto attendere i processi di Tangentopoli, e le relative sentenze, e l’esito di altri processi contro aziende multinazionali. E' questa una delle ragioni, di carattere conoscitivo, che a mio parere suggeriscono la necessità di giungere al dibattito nelle aule dei tribunali.
La ragione strettamente connessa è che i cittadini debbono sapere esattamente ciò che è accaduto e debbono introiettare il concetto che ad ogni reato deve conseguire la pena. Quest' ultimo è il punto più importante.


Capitolo 10- Funzione della pena

Se non si recepisce questa idea, la funzione sociale della pena inflitta ad un individuo viene a cadere. Comunemente infatti si ritiene che la pena inflitta ad una persona per un reato distolga gli altri dal commetterne, per non incorrere nella sanzione. Affinché, tuttavia, nella mente delle persone si formi questo concetto, bisogna che fra il commesso reato e la pena inflitta vi sia una relazione ben percepibile da tutti. In parole molto semplici: Tizio ha compiuto questo reato, Tizio è stato identificato, Tizio è stato processato e condannato, Tizio deve andare in prigione per tutto il tempo che la legge prescrive e che il giudice ha determinato, e non un giorno di meno. Credo che questo sia il comune sentire. Aggiungo che il tutto dovrebbe realizzarsi in tempi molto brevi, affinché sia molto chiaro il rapporto tra il primo e l'ultimo anello di questa catena, cioè fra la commissione del reato e la sua punizione.
Naturalmente non sempre è così facile. Tanto per cominciare, da qualche anno i cittadini spesso non denunciano neppure i furti a proprio danno, nella consapevolezza che assai spesso la denuncia non avrà seguito. In secondo luogo l'identificazione dell'autore del reato spesso non viene neppure tentata dagli organi di polizia, come nel caso di quasi tutti i furti, e quando viene tentata, nei delitti più gravi, spesso rimane vana, o viene contraddetta in sede di giudizio. In terzo luogo, dato che possiamo permetterci tre gradi di giudizio, i processi saranno spesso tre, che possono diventare anche di più se la Corte di Cassazione rinvia il caso al giudice di I° grado, o se deve intervenire anche la Corte costituzionale. E così, una questione che poteva risolversi in qualche settimana si risolverà in qualche anno. In quarto luogo, vi è la irrogazione della pena. Le pene stabilite nel nostro codice penale sono letteralmente feroci (tornerò su questo punto più avanti), cosicché i giudici di merito, che ne sono perfettamente consapevoli, esitano molto ad applicarle in pieno, e cercano in tutti i modi di rendere la pena meglio adeguata alla gravità del reato. Questo modo di procedere, che è equo nella sostanza, rende però un cattivo servizio al concetto di giustizia. Infine: vi sono mai condannati che abbiano scontato la pena detentiva per tutta la sua durata? Credo di poterne dubitare, se solo si pensa a tutte le "facilitazioni" che sono previste: custodia in casa, semilibertà, permessi, ecc.
Qual è lo scopo di queste facilitazioni? Probabilmente lo scopo vero è quello di far sì che i condannati tengano un atteggiamento accettabile in carcere, e non provochino incidenti o ribellioni. Lo scopo ufficiale è quello di facilitare il reinserimento sociale del condannato. E questo vale anche per gli ergastolani.
Torniamo al punto iniziale. Questa procedura così contorta e farraginosa, anche quando riesce a funzionare al meglio e nei tempi più brevi, non può far sì che i singoli cittadini recepiscano ben chiaro il significato della correlazione che deve assolutamente esistere fra la commissione del reato e la giusta punizione del colpevole. La difficoltà dell'identificazione del reo, la pluralità e spesso la discordanza dei vari gradi del giudizio, la loro lunghezza, l'incertezza dell'entità della pena, che spesso è solo simbolica, sono motivo di scarsa fiducia, talora di sospetto, nei confronti dell'amministrazione della giustizia.

Capitolo 11- Lavoro in carcere

Si pensa talvolta che in prigione i detenuti lavorino, o che almeno la maggior parte lavori. Non è così. Lavorare è un privilegio, e i lavori ordinari sono di infimo ordine. In verità, la possibilità di lavorare richiede investimenti che, per varie ragioni, non siamo in grado di affrontare. Cosicché, i detenuti passano gran parte della giornata stipati in una piccola cella, intenti a trovare un modo per far passare le ore. Uscire dalla cella è cosa rara: neppure per i pasti si fa, poiché nel nostro sistema carcerario non è prevista la mensa comune. I pasti vengono portati in cella con il carrello. Vero è che pochi ne fruiscono, perché molti cercano di prepararsi i pasti da soli con fornellini da campeggio e cibo portato dai familiari o acquistato.
Molto meglio, e assai educativo, sarebbe consentire ai detenuti di lavorare, per lo meno a coloro che non sono considerati pericolosi. E' chiaro che, nella presente congiuntura, non si può pensare ad investimenti per far lavorare i detenuti quando non c'è lavoro per coloro che stanno fuori, ma nulla vieta di pensare a qualche lavoro socialmente utile che non richieda spese per un investimento.
In numerosi sistemi carcerari è previsto il lavoro come obbligo, e nel passato anche i sistemi carcerari degli stati italiani pre-unitari prevedevano i lavori forzati. Non è questo cui sto pensando, perché trasformare pietre grandi in sassolini piccoli non mi sembra educativo, ma soltanto punitivo. Invece, e tanto per semplificare: panificare per le collettività carcerarie, provvedere alla piccola manutenzione del carcere, svolgere altre attività artigianali può essere una soluzione per alcuni detenuti che già abbiano una qualche capacità; per altri, possono essere ipotizzate anche forme di attività esterne, nell'agricoltura o nella tutela dell'ambiente, anche per periodi brevi (per esempio, all'epoca del raccolto). Per altri ancora, possono essere immaginate attività agricole per tutto l'anno, come dovrebbe verificarsi nelle colonie agricole, che potrebbero essere allargate a quei detenuti per i quali il pericolo di fuga non c'è. Rimane lo zoccolo duro della delinquenza, di coloro che mai hanno lavorato e che non intendono farlo: per costoro, la punizione del lavoro forzato non dovrebbe essere una remora per l'amministrazione.


Capitolo 12 – Distinzioni fra detenuti

Quel che è stato detto finora postula un punto di vista, che cioè nessun detenuto è eguale ad un altro, così come nessun uomo è uguale ad un altro, e che, pur nell'uniformità della privazione della libertà personale, c'è modo e modo di far pesare questa privazione, in relazione alla personalità del singolo detenuto. Non vi è nessuna legge che imponga di collocare nella stessa cella il sicario e il borseggiatore, l'imputato in attesa di giudizio e il pluripregiudicato, il giovane e l'anziano, l'omicida psicopatico e il funzionario corrotto. In fondo, così come non si collocano nella stessa cella e nello stesso carcere l'uomo e la donna, altrettanto si dovrebbe fare, a mio avviso, in relazione ad alcuni aspetti, il primo di questi riguardanti la distinzione fra coloro che sono in attesa di giudizio e coloro che sono stati condannati nel processo di primo grado, o nel processo di secondo grado, o in via definitiva.
Tra i condannati, occorrerà distinguere ancora tra coloro che hanno compiuto un reato di importanza minore e coloro che hanno compiuto un reato più grave, e infine coloro che traggono dalla commissione di delitti il loro sostegno economico e la loro situazione sociale.
E' in fondo la distinzione che classicamente viene fatta fra delinquenti occasionali e delinquenti abituali, integrata peraltro con la nozione della gravità del reato.
In sostanza, si vuol proporre all'attenzione del Lettore un aspetto che a me pare di grande interesse anche pratico, che cioè la punizione può essere esercitata, in modo programmato, a livelli diversi di severità, e deve essere accompagnata da un modello di rieducazione che ha da essere estremamente concreto e partecipativo e basato su questi punti essenziali: istruzione e lavoro, nel contesto di una seria disciplina. Lo scopo è quello di far acquisire nuove abitudini di vita a coloro che possono acquisirle, con il fine di trasferirle nella vita civile al termine della pena. E per coloro che non sono in grado di farlo, un progetto di questo tipo può essere utile a loro stessi, perché li orienta a trascorrere il tempo fuori dell'ozio, e alla società che potrà fruire di un lavoro a basso costo in attività che la gente non vuole più fare, ma che sono comunque necessarie.

Capitolo 13- Istruzione

In ogni caso, non è possibile illudersi che la carcerazione abbia uno scopo diverso dalla punizione e dalla temporanea sequestrazione dei colpevoli dal corpo sociale. La cosiddetta "redenzione" si ottiene praticamente solo con i delinquenti occasionali, che molto probabilmente non avrebbero comunque commesso altri reati. Per lo "zoccolo duro" della delinquenza, la carcerazione è solo un intervallo non richiesto. Sotto questo punto di vista, la carcerazione è dunque inefficace. Vi è da dire però che non è mai stato escogitato un modo per ottenere, in via duratura, da un soggetto adulto una condotta socialmente accettabile. Il modo più pratico è certamente l'educazione impartita durante la fanciullezza e l'adolescenza, anche se alcuni soggetti, tra cui i malati di mente, hanno tendenza a fare eccezione, e anche se, per taluni delitti dei "colletti bianchi", pare evidente che, se l'educazione non comporta anche l'acquisizione del concetto del bene collettivo e del rispetto generale delle leggi dello stato, lo scopo non viene raggiunto.
Un'affermazione di questo tipo può portare immediatamente a considerare il significato della legge rispetto alla morale, il concetto di bene collettivo, la nozione di colpevolezza, e altro: tutte argomentazioni che sono state, sono e saranno usate nei processi a carico di politici e amministratori.
Rimanendo nel campo che stiamo esaminando, l'analisi degli eventi, sia rispetto ai delitti di violenza sia rispetto ai delitti di natura economica, mostra che la condotta della popolazione è impostata ad una grande attenzione verso l'identificazione e l'acquisizione del proprio bene particolare senza alcun riguardo del bene comune, in una visione distorta delle idee a suo tempo espresse dal Guicciardini.
Tale condotta appare essere propria, e non può essere diversamente, anche di buona parte di politici e amministratori pubblici, fino ai funzionari e agli impiegati esecutivi, con qualche variante dovuta alla posizione dei singoli.
Non conosco esattamente quale sia il costo per un posto in carcere, ma è certamente inferiore a quello di un posto a scuola, anche in un buon collegio d'élite. Voglio dire che spendendo un po’ di denaro in più per la scuola, si può risparmiare parecchio sul costo delle carceri. E' tuttavia la qualità dell'insegnamento che deve prevalere: l'acquisizione delle virtù civili deve essere lo scopo cui tendere, attraverso l'informazione fornita dalle singole discipline. Negli ultimi anni, come le cronache ci informano, assistiamo in alcune città ad un fenomeno paradossale: bambini vengono addestrati sistematicamente a compiere furti, scippi e borseggi e a spacciare droga, e non ho alcun dubbio che nel ritenere che la "classe" successiva sarà dedicata all'istruzione sull'uso delle armi portatili (pugnali, coltelli, pistole) e in seguito all'addestramento all'uso di armi più pesanti (lupara) , mentre nelle scuole di perfezionamento si tratteranno argomenti più complessi: come corrompere un assessore, come intimidire un teste, come far sparire un cadavere, e così via. E' una prospettiva non lontana dal vero.

Capitolo 14- Ferocia delle pene

A fronte delle condotte riprovevoli, il Legislatore di solito inasprisce le pene. E' un atteggiamento sbagliato, perché non serve inasprire delle pene che sono già feroci, occorre invece identificare e catturare, e quanto prima processare e condannare, i colpevoli.
Che le pene previste siano feroci è un fatto: per esempio, nel caso del peculato (art. 314 c.p.) la pena massima prevista è di 10 anni di reclusione, oltre alla multa; nella malversazione a danno di privati la pena massima prevista è di 8 anni, oltre alla multa (art. 315 c.p.) ; per la concussione si arriva a 12 anni (art. 317 c.p.) : eppure, e i fatti lo dimostrano, ciò non trattiene dal commettere tali reati. Quel che tratterrebbe, semmai, potrebbe essere la percezione sociale che il reato commesso genera sempre una procedura che rapidamente e senza equivoci si concluda con l'applicazione della pena. Ma non è la severità della pena che conta, quanto invece la sua rapida e ineludibile applicazione.
Un altro esempio molto calzante è quello del furto, per il quale, notoriamente, non vengono spese molte energie da parte degli inquirenti, tanto è vero che nella maggior parte dei casi i processi per furto vengono archiviati, perché è ignoto l'autore, e ben lo sanno coloro a cui è stata rubata un'autovettura. Orbene, per il furto l'articolo 624 prevede, nel massimo, la pena di tre anni di detenzione, che arrivano a sei anni quando ricorrono le circostanze aggravanti:sono, per esempio, circostanze aggravanti introdursi in un appartamento per rubare, oppure sottrarre il bagaglio di viaggiatori, oppure strappare la cosa di mano o di dosso alla persona (art. 625 c.p.) .Questi reati ora vanno sotto il nome di "micro-criminalità", al confine con la devianza, e perciò, implicitamente, trascurabili: non dovrebbero esserlo però, se solo guardiamo alla severità della pena, e se pensiamo che il loro numero è tanto grande da suscitare, in talune città, un vero allarme sociale.
Verrebbe voglia di dire: vogliamo provare qualche volta a catturare qualcuno di questi, e dargli il massimo della pena prevista? Il fatto è che probabilmente neanche il derubato condannerebbe un ladro d'appartamento a sei anni di galera. Tanto meno lo farebbe (lo fa) il giudice.
Il che significa che le pene previste per questo reato sono eccessive e inapplicabili, e obbligano a cadere in una ingiustificabile indulgenza, che di fatto concorre ad indurre il ladro a continuare nella sua attività.
Resta aperto tuttavia lo spazio per applicare la pena in tutta la sua severità quando ci siano ragioni che lo richiedano. Ma se le ragioni che lo richiedono sono estranee al reato effettivamente commesso, allora nulla vieta di pensare che la giustizia sia stata male applicata.


Capitolo 15- Lo Stato si deve difendere
La nobile aspirazione, che fu anche del Beccaria, di considerare gli autori di reato meritevoli di castigo, ma proprio per questo ancora membri della società, in taluni aspetti della realtà concreta si scontra con l'esigenza, che lo Stato ha, di garantire la propria sopravvivenza. Lo Stato non si preoccupa affatto dei delinquenti occasionali e si preoccupa un po’ più della criminalità comune: non è questo che può minare la sicurezza della nazione, e in una visione più generale anche i più orrendi delitti di questo tipo sono solo piccolissime ferite al corpo dello Stato. Al contrario, fenomeni sociali di più ampio sviluppo, che non necessariamente comportano delitti efferati, rappresentano una condizione della quale lo Stato deve preoccuparsi in massimo grado, e che lo Stato deve reprimere con la massima energia. Così è accaduto per il terrorismo eversivo, e sta accadendo per la mafia siciliana e le altre forme di organizzazione criminale della Calabria, della Campania, della Puglia. La preoccupazione è massima perché queste organizzazioni tendono a sostituirsi ai poteri dello Stato.
Per la stessa ragione la preoccupazione deve essere massima per tutte quelle forme di corruzione politico-amministrativa che in questi anni sono state portate alla luce. Questa forma di corruzione è pericolosissima, perché parte dai vertici più alti dell'organizzazione dello Stato, e scende poi attraverso i rami intermedi, fino alle amministrazioni locali, influenzando i rapporti tra i singoli privati cittadini, i quali si sentiranno legittimati a tenere una condotta analoga.
Dovrà dunque lo Stato erigere un muro di recinzione lungo i confini e lungo le spiagge, denominare "cortile per l'ora d'aria" il territorio nazionale, obbligare i propri cittadini a portare una divisa a strisce verticali? E' ridicolo pensarlo. Ma bisogna comunque concludere che lo Stato si deve difendere.

Capitolo 16- Controllo del territorio e della ricchezza
La difesa che lo Stato può organizzare per la propria sopravvivenza comincia naturalmente dal controllo del territorio e dal controllo della ricchezza. Controllo del territorio significa, fra l'altro, che le forze di polizia debbono essere tanto numerose ed efficienti da poter essere fisicamente presenti, e vedute dalla popolazione, in ogni centro abitato e lungo le strade. Significa che i carabinieri debbono sostare nelle piazze e camminare lungo le vie, facendo sapere alla gente che ci sono anch'essi.
Significa che i poliziotti dovrebbero indossare più spesso la divisa. Significa che la polizia stradale deve essere vista più spesso lungo le grandi strade. Nei fatti: meno lavoro d'ufficio e più lavoro sul campo, rapporti scritti più brevi e azioni più incisive, meno scorte e più indagini.
Controllo della ricchezza significa la conoscenza delle disponibilità economiche di ciascuna persona fisica e di ciascuna persona giuridica. Sono dati di cui lo Stato già dispone, attraverso la dichiarazione dei redditi di ciascuno. La discrasia fra il reddito e le proprietà dichiarate e il reddito e le proprietà nascoste costituisce di per sé una prova di reato. Le variazioni improvvise del reddito, se sono di entità notevole, debbono trovare una giustificazione. Società ed immobili sono registrati in appositi uffici dello Stato: c'è solo da andare a vedere.
Desidero sottolineare con questo che attribuisco grande importanza agli accertamenti fiscali per la repressione dei delitti, per la restituzione dei beni furtivi, per la crescita della fiducia nelle istituzioni: in fondo, Al Capone terminò la sua carriera di gangster in seguito all'accertamento di un reato fiscale. Ancora più in fondo: non è indispensabile che un bandito o un mafioso sia condannato per tutti i delitti che ha commesso, basta che sia condannato per uno solo, e che la pena sia sufficientemente lunga da toglierlo di mezzo per un bel po’ di anni.

Capitolo 17- Accertamenti scientifici

Altra forma di repressione dei reati è rappresentata dalla capacità degli organi di polizia di svolgere accertamenti di ordine scientifico. Soltanto in Roma la Polizia e i Carabinieri si sono dotati di centri di investigazione che sono molto qualificati quanto alle attrezzature e, più di recente, quanto alle persone che vi lavorano. Il passo che rimane da compiere è dato dal riconoscimento di una qualificazione internazionale, cosicché questi laboratori possano raggiungere i livelli dei laboratori del F.B.I. americano, del B.K.A. di Wiesbaden, e dei centri inglesi. Probabilmente è solo questione di far apprendere bene la lingua inglese a qualche ricercatore e consentirgli di partecipare a qualche congresso internazionale, poiché, nei fatti, la capacità tecnico-scientifica c'è.
In quanto universitario, personalmente auspico una più stretta collaborazione fra i nostri Istituti di Medicina Legale e i centri delle Indagini Scientifiche della Polizia e dei Carabinieri, anche se, occorre pur dirlo, spesso gli scienziati dell'Università e gli scienziati della Polizia e dei Carabinieri si trovano su fronti opposti.
Nell'essenza, però, ambedue tendono a facilitare l'amministrazione della giustizia, cosicché non vi è, a mio parere, alcuna pregiudiziale ragione di contrasto fra i due gruppi di ricercatori, perché ciò che li anima è il desiderio di addivenire alla identificazione della verità scientifica.
In questo specifico settore della ricerca criminalistica è di essenziale importanza che il magistrato, quando ha bisogno di un perito o di un consulente, ne nomini uno che sia assolutamente idoneo allo scopo.
La maggior parte dei periti conoscono bene alcune cose, e meno bene altre cose, e per lo più ne sono coscienti, ma sono restii ad ammetterlo, e quindi tendono ad accettare incarichi che non sono capaci di portare a termine. Questo può essere fonte di problemi e di situazioni che difficilmente potranno trovare successivamente la corretta soluzione. Esempi banali, in campo medico, ma significativi di una pseudo-idoneità, sono quello dell'anatomo-patologo chiamato ad effettuare una autopsia giudiziaria: farà forse una elegantissima autopsia, ma non sarà in grado di ricostruire la meccanica degli eventi,né di determinare l'epoca della morte, perché non gli passerà per la testa la necessità di misurare la temperatura cadaverica; o quello dell'ematologo chiamato ad una perizia in tema di tracce di sangue, perché non sarà aggiornato sulle tecniche del DNA.

Capitolo 18- Carceri

Una situazione è quella rappresentata dalle carceri, la cui esistenza è naturalmente permessa dalle condanne alla detenzione, le quali traggono giustificazione dal fatto che si commettono delitti.
L'evoluzione del sistema carcerario fino allo stato attuale è stata lenta nel tempo, ed ora può dirsi assolutamente perfetta, cioè non più migliorabile se non per aspetti assolutamente marginali. Si é convenuto, nei fatti, che la privazione della libertà sia tanto ampia da comprendere perfino l'obbligo di svegliarsi e di addormentarsi ad un'ora prefissata, e che si esplichi in edifici a ciò specificamente deputati, e appositamente costruiti. Nell'ansia giustificata di segregare i delinquenti, abbiamo dimenticato il costo economicamente spaventoso di ogni giornata di permanenza in carcere, e non ci siamo domandati se non esistano per caso soluzioni un tempo ben considerate, come l'esilio o la residenza obbligata in una colonia oltremare, ora non accettate socialmente; in Italia non sarebbero accettati ora neppure i lavori forzati.
E' chiaro quindi che non si può abolire semplicemente il carcere. Si possono, tuttavia, ridurre i casi in cui è prevista la detenzione, ed aumentare invece i casi in cui si possa applicare una pena pecuniaria. Applicando una (severa) pena pecuniaria soltanto ai casi di furto, reati economici, omicidi colposi e lesioni colpose, reati connessi alla droga si ridurrebbe moltissimo il numero dei detenuti, si avrebbe un notevole introito economico (sia per il risparmio sia per le nuove entrate), probabilmente si risparmierebbe tempo nei processi, si sfoltirebbero le carceri, che verrebbero riservate alla espiazione per i reati più gravi, e, in qualche caso, all'attesa di giudizio.


Capitolo 19- Popolazione carceraria- psicopatologia

Mi domando quale sia la composizione della popolazione carceraria sotto il profilo psicopatologico. Vi è, anzitutto e notoriamente, quella parte di detenuti che è ristretta negli ospedali psichiatrici giudiziari: questi detenuti sono in parte malati di mente riconosciuti, in parte in attesa dell'eventuale riconoscimento. Poi vi è la parte di gran lunga maggiore, quella rinchiusa nelle normali carceri. Molti di questi detenuti sono sicuramente normali dal punto di vista psichico, altri sono apparentemente normali, nel senso che tecnicamente sono capaci di intendere e di volere, ma presentano più o meno gravi anomalie del carattere.
Probabilmente, ma credo che nessuno abbia dati reali per confermare o negare questo assunto, si tratta della parte più numerosa della popolazione carceraria, e forse anche della parte più pericolosa e meno influenzabile dai tentativi di rieducazione. In questa parte rientrano, per esempio, i cosiddetti "serial killer" e coloro che compiono frequentemente delitti sessuali. Sono soggetti ineducabili, che avvertono da soli le situazioni per loro pericolose, che tentano anche di resistere alla pulsione delinquenziale.
In un sistema sociale coerente con le premesse che esso stesso si è dato, queste persone dovrebbero essere inquadrate fra gli incapaci di volere, in quanto appunto la loro capacità di volere è coartata da quella che abitualmente si chiama anomalia del carattere, o psicopatia, o disturbo di personalità. Afferma la legge però che l'incapacità di volere, per essere operante sul piano dell'imputabilità, deve essere causata da una "infermità", e che l'anomalia del carattere non è una infermità e che pertanto non può causare una limitazione dell'imputabilità. Attualmente, in base ad una recente sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione penale, anche i disturbi di personalità sono considerati infermità, purché siano gravi e siano la causa del delitto.


Capitolo 20- Popolazione carceraria- malvagità

Molti detenuti sono psicopatici: affermazioni scientificamente ingiustificate, ma coperte dal mantello della dottrina giuridica e, spiace dirlo, anche medica, sembrano fatte apposta per venire incontro alla (giusta) esigenza di tenere i delinquenti in galera.
Se tutto ciò rappresenta una ipocrisia a fin di bene , (del bene sociale, naturalmente), non posso accettare il mezzo, che è squalificante per lo Stato, per il Legislatore, per l'Amministrazione della Giustizia. Quanto all'accettazione del fine, questa parrebbe ovvia: essendo però talvolta il confine tra il malato (che va curato) e il malvagio (che va punito) alquanto stretto, il fine, e cioè la punizione del colpevole, ha un senso soltanto se riusciamo a diminuire il numero dei malvagi. E' questo appunto che viene fatto in modo insufficiente, è questo che la prassi attuale non permette di fare bene e in maniera compiuta. Qualcuno obietterà: fra poco l'Autore ci dirà che anche la malvagità è una malattia. Risponderò: è nota l'esistenza di bambini che moralmente si possono qualificare malvagi, ed è noto che, a seguito di traumi cranio-encefalici, possono svilupparsi mutamenti di personalità che rendono un soggetto, prima buono e inoffensivo, aggressivo e prono a infliggere sofferenza. Perché dunque la malvagità non può essere una malattia?

Capitolo 21- Carcere- assistenza medica

Riveste precipua importanza, per il buon andamento dell'Amministrazione Penitenziaria, l'assistenza medica ai detenuti.
L'assistenza è regolata dalla legge e dal suo Regolamento. Alcuni grandi carceri si sono dotati di un centro clinico, o Centro Diagnostico Terapeutico, e alcuni di essi sono ben funzionanti, talvolta molto simili a un moderno ospedale, ancorché sprovvisto o carente di personale. Altri hanno stipulato convenzioni con l'ospedale del luogo. Altre carceri sono dotate di una infermeria, in altre vi è solo la presenza del medico per alcune ore, e anche quella dell'infermiere dell'Amministrazione.
In tutti i casi, il sentimento dei detenuti nei confronti della sanità carceraria è improntato a sfiducia nelle capacità tecniche dei medici ma soprattutto negli aspetti burocratici di questa medicina. Spesso la tendenza dei detenuti è quella di imbrogliare i medici, talora di corromperli o minacciarli, per ottenere dei benefici. Fare il medico in queste condizioni è difficile e anche pericoloso, perché la frequenza dei tentativi di simulazione può indurre il medico a sottovalutare la gravità di un caso, e perché talvolta può essere difficile resistere alle tentazioni.
La conseguenza è che i medici del carcere tendono comunque ad esagerare nella prescrizione di esami diagnostici, per avere un supporto obiettivo alla loro diagnosi clinica, e per suddividere comunque la responsabilità.
Ulteriore conseguenza è che le spese mediche per detenuto, specie per quelli in attesa di giudizio, sono altissime. A quanto consta, esse furono tutte a carico dell'Amministrazione Penitenziaria, e attualmente delle ASL. Il condannato in via definitiva ha le normali esigenze curative che hanno tutti, e il suo racconto anamnestico deve essere preso molto più seriamente del dato anamnestico riferito dal detenuto in attesa di giudizio.

Capitolo 22- quale pena

Come si è detto, la pena inflitta con sentenza può rimanere una vana minaccia.
Di contro, nella fase dell'indagine, si assiste frequentemente all'uso della custodia cautelare in carcere, anche quando ciò non sia strettamente necessario: talora accade che la pena vera consista essenzialmente nella sottoposizione all'indagine.
Noi medici-legali spesso ci occupiamo della cosiddetta "compatibilità carceraria", cioè della verifica dello stato di salute del detenuto in relazione con la possibilità di sopportare il regime carcerario ordinario, e questo non può non farci ricordare il collega dei secoli passati, il quale doveva verificare se l'imputato era in grado di sopportare la tortura.
Noi tutti sappiamo che la carcerazione preventiva e anche la ricezione di un avviso di garanzia possono provocare profondi disturbi emotivi, con somatizzazioni in particolare a carico del sistema cardiocircolatorio (crisi ipertensive, infarto del miocardio). Ciò accade più spesso nelle persone che non traggano dal delitto i mezzi di sussistenza, cioè nei cosiddetti "colletti bianchi", meno frequentemente nei delinquenti abituali, per i quali la carcerazione può rappresentare un infortunio. Assistiamo, di conseguenza, a quadri clinici anche acuti, che possono essere pericolosi per la vita, che, se la carcerazione preventiva si prolunga troppo, tendono a cronicizzare. E' evidente che in questi casi il fattore patogeno più importante è rappresentato dalla reattività individuale di fronte ad uno stimolo pesantemente abnorme.
Come ebbi a scrivere, è l'angosciosa incertezza dell'attesa che condiziona il progredire dei sintomi, ed è la disperazione per il futuro che li consolida, in specie se l'imputato sia innocente, o se abbia la certezza soggettiva di non essere in colpa. Di contro, problemi medici di questo tipo sono assai rari nel condannato che dentro di se riconosca di aver meritato la condanna.
I problemi che sorgono riguardano anche noi medici-legali, sempre in bilico tra la necessità di rispettare una norma alquanto rigida ("...se le condizioni di salute del detenuto siano tanto gravi da non consentire le cure necessarie nello stato di detenzione...") e la consapevolezza che in questi casi solo l'eliminazione del fattore patogeno, rappresentato dall'indagine penale e dalla carcerazione, può dare risultati soddisfacenti sul piano medico, benché alcuni servizi sanitari carcerari siano assai buoni. Anche noi siamo esposti a possibili accuse, sia da parte dell'ufficio del Pubblico Ministero, quando il nostro atteggiamento sia giudicato troppo benevolo, sia da parte della Difesa, nel caso contrario.
L'evento peggiore, anche per noi, è indubbiamente rappresentato dal suicidio di un detenuto che fosse stato ritenuto idoneo a sopportare il regime carcerario, anche se la previsione del suicidio non è possibile, pur in presenza di fattori che lo fanno temere.
Gli studi che in vari tempi e luoghi e da vari Colleghi sono stati condotti hanno portato a conclusioni che non sembrano provvisorie. Per esempio, il piccolo carcere non è tanto patogeno quanto il grande carcere. La vicinanza del carcere all'abituale residenza del detenuto facilita le visite dei familiari e rappresenta una condizione per lui favorevole. La riduzione della detenzione preventiva entro limiti umanamente accettabili e comprensibili e la celebrazione dei processi entro poche settimane o pochissimi mesi dalla formulazione delle accuse, non soltanto rientrano nello spirito del nuovo codice di procedura penale, ma sono anche elementi che tendono a ridurre l'entità della patologia cardiovascolare e della reattività psichica dell'imputato.
Si potrebbe anche aggiungere che, nella prevenzione del delitto, ha importanza non tanto la severità della pena minacciata quanto invece la percezione della sua rapida e ineludibile applicazione.

Capitolo 23- Degenerazioni del potere

Qualche anno fa, Giuliano Vassalli, all'epoca Ministro di grazia e giustizia, scriveva (il Messaggero) che abusi e corruzioni hanno portato a degenerazioni del potere. Egli riteneva che la prima degenerazione fosse quella burocratica, che portava a ingiustificate lentezze, impedimenti, remore, incomprensioni verso le istanze dei cittadini. Che la seconda degenerazione concernesse il modo di concepire il potere da parte degli uomini politici e dei pubblici amministratori. E che la terza fosse quella verso l'esterno, cioè quello che si ha attraverso le forme particolari dell'abuso di potere e della corruzione nei confronti del cittadino e dello Stato stesso. Proseguiva il Vassalli proponendo rimedi di vario tipo, ma principalmente di ordine politico-amministrativo.
Alla luce di avvenimenti successivi, nessuno può minimamente dubitare che abusi e corruzioni siano fenomeni frequenti in seno al potere, sia esso politico, amministrativo, legislativo, sindacale, giudiziario, e quanto altro. Mi domando però se essi rappresentano veramente una degenerazione, cioè una deviazione peggiorativa da ciò che dovrebbe costituire la norma, o non siano invece una parte insopprimibile del potere stesso. Sto dicendo, in altre parole, che quanto i pubblici ministeri d'Italia hanno scoperto sulla corruzione del sistema politico-amministrativo non è qualcosa di nuovo. Di nuovo c'è solo la scoperta di questi fatti, ma i fatti ci sono sempre stati. Del resto, il Cazzola ce ne dà una vasta e convincente prova, in base a dati concreti.
Vi è però, a mio parere, un elemento ancora più convincente. Come tutti i fenomeni fisici e fisiologici, che in qualunque modo, con precisione variabile, possono essere misurati, anche la condotta umana nei suoi molteplici aspetti può essere rappresentata da una curva a campana, ai cui estremi si collocano le tipologie opposte più rare, mentre al centro si affollano le tipologie più frequenti e comuni. Così possiamo supporre che in ogni amministrazione sufficientemente grande vi siano (pochi) grandi corrotti e (pochi) strenui difensori del pubblico interesse; un maggior numero di persone che all'occasione potrebbero essere corrotte e di persone che fanno il loro dovere; e in mezzo un grande numero di persone di mediocri difetti e senza virtù.
Perciò, per tornare alla tesi del Vassalli, riesce difficile pensare a una degenerazione, nel senso proprio della parola, che presuppone evidentemente una condizione migliore che è andata peggiorando.
E' ormai invece più facile pensare che un certo posto di corruzione e di abuso sia un fenomeno normale in tutte le amministrazioni, e in tutti i paesi. E' soltanto il grado o il livello della corruzione che consente di distinguere i paesi ritenuti corrotti da quelli che si ritiene abbiano invece una buona amministrazione.
Non può non esistere una corrispondenza fra il livello della corruzione nell'ambito amministrativo pubblico, ed il livello di corruzione presente nell'insieme dei cittadini, poiché appunto coloro che si occupano di pubblica amministrazione sono tratti dai cittadini.
Non si può affermare che questa corrispondenza abbia carattere causale, né si può dire quale dei due fenomeni rappresenti l'eventuale causa e quale l'effetto: sono semplicemente fenomeni, coesistenti e correlati.


Capitolo 24- numerosità dei reati

Quale sia la percentuale di persone disoneste, o incapaci, nei più alti livelli del potere politico, o amministrativo, o militare, o ecclesiastico, o universitario, o altro, è pressoché impossibile dire in base a dati reali. Ricordiamo soltanto che il numero dei delitti denunciati per i quali l'Autorità Giudiziaria ha iniziato l'azione penale sono circa due milioni per anno, e che non ha senso invece attenersi al numero delle persone denunciate, a causa dell'elevatissimo numero dei reati denunciati per i quali è ignoto l'autore.
In maniera del tutto grossolana, ma tuttavia indicativa, si può calcolare che vi sia un delitto denunciato per trenta cittadini, annualmente. Non è un numero molto preoccupante: è invece preoccupante che questa percentuale si elevi notevolmente fra gli eletti del popolo.
Questo è un fatto, e deve essere interpretato.
Negli ultimi anni, le inchieste della magistratura hanno portato all'incriminazione di numerosi parlamentari e pubblici amministratori, ma per lo più i processi non sono ancora stati celebrati, e quindi non possiamo dire se alla incriminazione corrisponda effettivamente una condotta meritevole di sanzione penale. Sappiamo anche che l'attenzione vigile della popolazione si è appuntata sui detentori del potere politico ed economico, e questo può essere uno dei fattori che ha contribuito ad incrementare il numero di queste incriminazioni. Proviamo però ad esaminare anche l'ipotesi più dolorosa, e cioè che le incriminazioni corrispondano davvero ad una condotta meritevole di sanzione, indipendentemente dall'esito processuale, e che anzi molti casi siano sfuggiti alla vigilanza delle Procure della Repubblica, come è probabile. Allora ci troviamo di fronte ad un netto divario fra quella che è la condotta della popolazione in generale e la condotta di coloro che dovrebbero dirigere lo Stato. Se così fosse, dovremmo concludere che l'elettorato non è in grado di scegliere i propri candidati, e che anzi ha la tendenza a mandare al potere persone che sono proclivi al delitto, e che non esitano a commetterne.
Tutti conosciamo, dalla storia, quale sia il costo, in sangue e denaro, per la conquista e il mantenimento del potere. Non dovremmo essere sorpresi. Semmai, dovremmo essere sorpresi per il bassissimo costo in vite umane, cui fa da contraltare l'altissimo costo in denaro. Si può considerare un progresso?

Capitolo 25- Violenza e astuzia

Diceva il Niceforo che "la diffusione dell'istruzione, più che diminuire la delinquenza, non fa che trasformarne la qualità, poiché l'umana condotta, illuminata -più o meno- dal sapere, abbandona la violenza per rivolgersi piuttosto all'astuzia. Di qui, trasformazione della delinquenza a base di violenza in quella di frode e trasformazione, in un secondo tempo ancora, della delinquenza di frode in un più scaltro e fortunato mal fare che non è né delinquenza, né frode toccata dalla legge scritta". E continuava sminuendo il ruolo della educazione, poiché "in tanto l'educazione è in rapporto con delinquenza (ammesso che agisca) in quanto essa educazione –espressione della mutevole volontà sociale - di volta in volta delimiti il campo tra azioni di mal fare e azioni che non sono tali". E anche perché l'educazione al bene è un processo difficile, che richiede cure lunghe e raramente fruttuose, mentre l'educazione delle "stratificazioni psichiche inferiori ... trova ampia risonanza e diffusione".
In sostanza, "se è asperrimo procedimento e di dubbia portata lo spingere e il persuadere al bene, assai meglio riesce eccitare le più egoistiche passioni".
Il ruolo dell'istruzione, nei confronti della criminogenesi, quale il Niceforo prospetta, è confortato da molti dati, e anche attualmente possiamo accettare che le persone istruite tendono a rifuggire dai delitti violenti, e che siano invece eventualmente proclivi a delitti di frode o, meglio ancora, tendano a fruire di spazi severamente tutelati da norme penali, a rifugiarsi cioè "in un più scaltro e fortunato mal fare". Sono, questi, i "delitti dei colletti bianchi", ed il tempo attuale, nella nostra civiltà, è proprio quello del crimine economico, e di ciò anche noi abbiamo portato un valido esempio.


Capitolo 26- Criminalità dello Stato

L'uomo istruito e non educato tende quindi a delinquere nel modo che con assoluta precisione il Niceforo ha indicato. Questo modello di condotta ha tuttavia anche una faccia violenta, che è specularmente duplice: è la criminalità dello Stato che si specchia nella criminalità organizzata.
Non sto parlando delle piccole prospettive del travet, o delle più o meno gravi ingiustizie fiscali: sto parlando di organizzazioni di stati si sono formate e mantenute in modo letteralmente banditesco. Né sto parlando di piccoli racket di provincia o di bande di malfattori che per un certo periodo in certi luoghi possono far danni: sto parlando di organizzazioni divenute sovranazionali, e capaci di influenzare in vario modo (omicidio, ricatto, presa effettiva del potere o di alcuni settori del potere) i progetti politici di uno o più stati.
Per esemplificare: gli stati che si sono formati e mantenuti in modo banditesco possono andare dal Ducato di Romagna di Cesare Borgia fino al Terzo Reich di Adolf Hitler. Le organizzazioni criminali di larghissime estensione comprendono le mafie presenti in vari luoghi: la mafia siciliana, le yacuzie giapponesi, le organizzazioni cinesi e ora la mafia russa.
Si dirà e si obietterà che la Criminologia si è sempre astenuta dall'ammettere entro i propri confini lo studio di quei delitti che sono il concime del Potere statuale, mentre ha prediletto lo studio di quei rassicuranti delitti avvenuti all'interno delle famiglie, o i delitti compiuti dai malati di mente. Tutto questo è vero: maliziosamente si potrebbe anche dire che la criminologia non si è mai occupata di quei fenomeni soltanto per pura viltà.
Quanto allo studio della criminalità organizzata, solo da pochi anni alcuni colleghi hanno ritenuto di potersi dedicare sistematicamente all'analisi globale del fenomeno, al di fuori della casistica clinica quotidiana. La ragione ne è, a mio parere, che il vero studio di queste forme di criminalità è stato fatto da alcuni giudici coraggiosi e scritto nelle sentenze di rinvio a giudizio o nelle sentenze di condanna.
Quali siano i delitti di violenza attribuibili allo Stato è difficile dire, mancando od essendo per lo più insufficienti le prove idonee ad attribuire allo Stato, o a sue parti ben specifiche, tali azioni. Negli ultimi anni, vari attentati e stragi, e singoli omicidi, sono stati attribuiti da mezzi di informazione ad organizzazioni, o a singoli funzionari dello Stato, ma la certezza di tali attribuzioni è ben lontana dall'essere ottenuta.
Relativamente più semplice è l'attribuzione dei delitti violenti dovuti alla criminalità organizzata, soprattutto per le ragioni per le quali un certo omicidio, od attentato, o strage, viene commesso, e per il modo con cui viene commesso.
Può sorprendere colui che non abbia sufficientemente meditato su questi temi, come persone di levatura intellettuale e culturale superiore siano coinvolti e sottoposti a ordini, comandi, raggiri e ricatti, pretese da parte di rozzi capipopolo e di beceri e sanguinosi mafiosi.

Capitolo 27- Qualità intellettuali e qualità morali

Il punto è, in parte tornando a Niceforo, ma è anche una personale convinzione, che le qualità intellettuali di una persona sono indipendenti dalle sue qualità morali. Se la Repubblica di Platone non ha avuto quel successo pratico che il filosofo si attendeva, ci sarà pure una ragione, che può anche fare astrazione delle circostanze, e riconnettersi invece alla necessità di qualità che sono differenti nel filosofo e nel capo dello Stato, e, per inciso, anche nel capo mafioso. Strutture in un certo senso analoghe sono date da quelle organizzazioni imprenditoriali sovranazionali o multinazionali. Su questo argomento ha svolto molte ricerche e scritto molte pagine il Prof. Clinard, che non è tuttavia potuto andare al di là dello studio dei reati economico-finanziari connessi con le attività delle imprese multinazionali. Non ha potuto cioè esplorare la possibilità di delitti di violenza, anche se questi sono perfettamente immaginabili in questo contesto.
Se è vero, come è vero, che esiste sul territorio nazionale una illegalità diffusa, e che esiste una criminalità organizzata che in alcune regioni prevarica le funzioni dello Stato, ai cui vertici appare contigua, non può sorprendere che a livello più capillare si verifichino fenomeni omologhi. Questi ultimi sono per lo più oggetto della cronaca spicciola quotidiana. La nozione che la prepotenza e la soperchieria sono vincenti, e che le sanzioni, quando ci sono, spesso sono simboliche, dà luogo allo sviluppo delle cosiddette microcriminalità da strada, all'inosservanza di obblighi legali e morali, alla sopraffazione dell'individuo sull'individuo. Nei casi estremi, la mancanza di una sensibilità morale, associata alla tendenza alla violenza interindividuale, può portare a delitti opportunamente immotivati -secondo il sentire comune- o dotati di scarsa motivazione, a parere dei più.
L'alterazione del senso morale che giunga eventualmente fino alla sua assoluta mancanza, era chiamata dal Lombroso "pazzia morale" o "imbecillità morale": in quei soggetti, il Lombroso verificava anche le caratteristiche antropologiche. Quanto meno convincenti sono questi motivi, tanto più lo sono le caratteristiche psichiche.
Soggetti con personalità di questo tipo sono stati variamente denominati, da Lombroso in poi, ma sempre hanno conservato la caratteristica –quando avessero compiuto un delitto- di essere ritenuti perfettamente imputabili, in quanto la mancanza di senso morale non è considerata una infermità della mente, secondo la nozione contenuta nei pertinenti articoli del codice penale.
In queste persone, appare preferibile ritenere che eventi, circostanze, situazioni esterne ed interne all'individuo, in un movimento di natura essenzialmente caotica, generino quasi casualmente un atto delittuoso, in cui la scelta di condotta da parte del soggetto sembra avere un ruolo marginale. Il ruolo essenziale sarebbe invece rappresentato dalla storia personale, dall'imprinting ricevuto, dalle situazioni di tempo e luogo, dalle punizioni altrui, e così via.

Capitolo 28- Scelte di condotta
La capacità di scegliere un tipo di condotta non è cosa di poco momento: tutti noi facciamo quotidianamente delle scelte, e molte poi si rilevano errate, ma non per questo sono delittuose. Tuttavia, più frequente è l'errore se non abbiamo ricevuto un'istruzione e un'educazione sufficienti, se la nostra conoscenza dei fatti, tra i quali scegliere, è scarsa, se scegliamo in funzione di eventi desiderati ma non prevedibili razionalmente, e così via. Per diverse ragioni un delinquente può scegliere la condotta delittuosa. L'unica differenza, tra il nostro errore e il suo delitto, è che per il delitto è prevista una sanzione. Non per questo però viene meno la capacità di scegliere la propria condotta, sia pure astrattamente intesa, anche se nel concreto ci possono essere fattori che sembrano soverchiarla.
Un esempio abbastanza caratteristico dell'incapacità settoriale di scegliere la propria condotta è dato dai tossicodipendenti da oppiacei, i quali non sembrano in grado di controllare la necessità dell'assunzione di oppiacei, e per questo motivo -cioè per procurarsi la droga- compiono innumerevoli reati, quasi tutti contro la proprietà (furti, scippi, rapine, furti d'auto, ecc.), ma anche di spaccio al minuto di eroina. Per questa ragione fu apertamente proposta, pur tra vivi contrasti, d'ammettere l'infermità (o la seminfermità) di mente per questi soggetti, qualora avessero compiuto reati allo scopo di procurarsi la droga. La giurisprudenza della Suprema Corte, e un po’ meno quella di merito, hanno mantenuto la tesi della totale capacità di intendere e volere nei tossicodipendenti, a meno che non presentassero alterazioni psichiche permanenti, ma nella prassi peritale è frequente l'ammissione della seminfermità, e il Legislatore ha creato una serie di norme che tendono ad ostacolare l'ingresso dei tossicodipendenti nel giudizio penale, e a favorire invece il trattamento medico e riabilitativo.

Capitolo 29- Modificare la condotta
In verità, qualunque trattamento inteso a modificare la condotta e applicato in età adulta ha scarsa possibilità di successo, a meno che non vengano meno le ragioni che la condizionavano. Secondo l'esempio citato, l'abbandono dell'eroina sarebbe sufficiente a modificare la condotta dei tossicodipendenti (il trattamento con metadone ne sarebbe il presupposto). Più genericamente, i trattamenti rieducativi e riabilitativi in carcere, nonché l'apprendimento di un lavoro, potrebbero consentire la modifica della condotta delittuosa. In realtà, né il metadone né i trattamenti rieducativi sembrano funzionare. Una ragione c'è, ed è questa: la modifica della condotta richiede una modifica della personalità. Su questo concetto lavorano le comunità terapeutiche per tossicodipendenti.
Anche il carcere lavora su questo concetto, sia pure indirettamente: le lunghe condanne detentive comportano realmente una pesante modificazione della personalità, ed il soggetto che esce dal carcere dopo una decina d'anni non è certamente quello di prima. Si può obiettare che lo stesso scopo può essere raggiunto più rapidamente e più economicamente anche con provvedimenti chirurgici, peraltro non accettabili socialmente.
Una categoria a sé stante, infine, è rappresentata dai malati di mente che compiono un delitto. Secondo il codice penale, in realtà, un evento di questo tipo non rappresenta un delitto vero e proprio, se non dal punto di vista della vittima; dal punto di vista dell'autore, mancando l'intenzione e/o la volontà di compierlo, si tratta di un'azione che non richiede, e non necessita, l'applicazione di una pena, in quanto le finalità della pena non verrebbero comprese e recepite, bensì la somministrazione di cure mediche e psichiatriche in un ambiente a ciò deputato, l'ospedale psichiatrico giudiziario.
Vi sono alcuni aspetti di queste situazioni che non hanno trovato la concordia degli operatori. Si è ritenuto da taluno, anzi da molti, che l'OPG, al pari degli ospedali psichiatrici civili, dovesse essere abolito in base al dettato della L. 180/1979, recepito nella legge di riforma sanitaria (L. 833/1979). Molto realisticamente, gli OPG sono stati mantenuti, per la ragione semplicissima che essi svolgono (o meglio: potrebbero svolgere) una funzione utile, di cura e custodia degli ammalati di mente che hanno compiuto un reato e che potrebbero essere pericolosi. Si potrà obiettare che in effetti tale scopo, in particolare la cura, è raramente raggiunto, e che gli OPG sono solo delle carceri speciali. In alcuni casi può essere vero, ma ciò non dipende tanto dalle norme, quanto invece dagli uomini che vi operano, ed eventualmente anche dalla struttura fisica degli OPG.
Un altro punto di incerta valutazione è questo: chi sia in realtà il malato di mente. Si comprende che il Legislatore nel 1930 aveva un'idea precisa del malato di mente reo di un delitto: si trattava di un malato di mente da manicomio, lo schizofrenico inveterato, il paranoico acuto, l'ebete, l'alcolista cronico, il sifilitico cerebrale, il demente senile e il demente traumatico, e così via.
I progressi delle conoscenze mediche, ma soprattutto i progressi della terapia medica, generale e psichiatrica, hanno fatto progressivamente ridurre il numero di questi pazienti. Nella mia pratica peritale, per esempio, non ho mai visto un sifilitico cerebrale, perché l'avvento della penicillina ha permesso la cura precoce e radicale della sifilide. Provvedimenti di natura socio-sanitaria hanno permesso a categorie intere di vivere in ambienti protetti, godendo della necessaria sicurezza senza la competizione per ottenerla. Gli psicofarmaci consentono anche agli psicotici di vivere nella società e di lavorare. Studi comparativi hanno mostrato che i malati di mente non delinquono più delle persone cosiddette normali, e che la liberalizzazione introdotta con la legge 180/1979 non ha portato ad un aumento di questi delitti.

Capitolo 30- Il delitto del folle

Ciò che in realtà colpisce la pubblica opinione non è la numerosità dei delitti, quanto la natura e talvolta la loro efferatezza. Si tratta per lo più di delitti contro la persona (lesioni od omicidio), compiuti senza ragione alcuna o con motivazioni assurde, e con mezzi e modalità talora sconvolgenti. Sono i delitti tipici dello schizofrenico in fase acuta, spesso originati da una omissione di terapia. Sono dunque più un sintomo clinico che un reato.
Ci si può domandare se la persona si renda conto di ciò che fa e se davvero abbia voluto farlo. Se si pone la domanda all'autore del delitto, si ha spesso una risposta affermativa. Non è sul terreno delle motivazioni, soprattutto, che si apprezza l'assoluta irrazionalità dell'atto delittuoso. Le ragioni sono solo apparentemente valide, o meglio, sono solo soggettivamente valide. E' proprio nel mancato apprezzamento del valore comunemente attribuito ad una determinata azione che consiste il significato patologico dell'azione stessa.
Due conclusioni, mi sembra, possano essere tratte fino a questo momento, in previsione di una terza ed ultima.
Si può dire che è assolutamente necessario distinguere, tra gli autori di reato, quelli che sono malati di mente da quelli che non lo sono.
Per i malati di mente in verità non si può neppure parlare di reato, perché la loro condotta è condizionata dalla malattia, ed essi non possono avere né la capacità di intendere né quella di volere, così come la intendiamo comunemente, anche se in questo settore si possono proporre distinzioni ulteriori.
E' il campo degli psichiatri forensi.
Gli autori di reato, che non siano infermi di mente, sono semplicemente persone come tutte le altre, riconosciute colpevoli di uno o più reati. In altre parole, siamo noi. Non vi è alcuna distinzione, diversa da quella detta, tra noi incensurati e noi condannati. E' solo la condotta che, in un momento soltanto o in un continuum, propone la differenza. L'assassino, il ladro, il corruttore, il malversatore sono tra noi; siamo noi stessi, più fortunati o più accorti, o più pavidi, o maggiormente dotati di senso morale, che non abbiamo ricevuto condanne.
L'uomo delinquente non esiste. Non esiste un'antropologia criminale, così come non esistono caratteristiche fisiche del delinquente. Al più, esistono tratti di personalità che ricorrerebbero più frequentemente tra i delinquenti: è una tesi, questa, che, nonostante il volere di chi la propugna, può facilmente essere discussa, e probabilmente confutata. Basti pensare al numero di delitti misconosciuti, dei delinquenti non identificati, dei condannati non esaminati per comprendere che la piccola casistica (in senso relativo, s'intende) esaminata lascia ampio spazio ad altre interpretazioni (per esemplificare: potrebbe corrispondere alla personalità di chi si fa cogliere; alla modificazione di personalità –eventualmente transitoria- indotta dal processo e dalla carcerazione, ecc. ).
E’ ancora troppo presto per parlare dell’influenza del DNA sulla condotta umana.

Capitolo 31- incertezza della legge

Mi sono spesso domandato se qualche volta non sia l'incertezza della legge la causa di illegalità e criminalità. Non c’è dubbio che procedimenti penali, civili e amministrativi sono fondati sulla interpretazione che delle norme viene data, piuttosto che sulla violazione delle norme stesse. Nessuno conosce in Italia il testo delle norme teoricamente applicabili, e a dire il vero neppure il loro numero, cosicché in via di pura ipotesi potrebbe essere costruito un castello accusatorio, perfettamente legale, basato sulla violazione di disposizioni obsolete ma tuttora vigenti perché mai abrogate. Anche senza giungere a questi estremi, peraltro non irrealistici, a me sembra possibile immaginare, e certamente si è verificato qualche volta, che in settori di natura amministrativa e successivamente anche giudiziaria sia stata privilegiata l'applicazione di disposizioni formalmente corrette a discapito di disposizioni sostanzialmente corrette.
E' possibile che un'affermazione di questo tipo appaia sconcertante per un giurista, che abbia dedicato la propria vita allo studio del diritto, e (perciò) abbia dimenticato le vere finalità della legge. Mi spiego con un esempio, che mi è familiare per ragioni professionali, e che attiene alla responsabilità del medico per colpa. Il risarcimento del danno al paziente deve superare naturalmente il vaglio della dimostrazione del danno stesso e della condotta colposa del medico, nonché della dimostrazione del nesso di causalità materiale tra la condotta colposa ed il danno. In mancanza di uno di questi tre elementi, non ha luogo il risarcimento. La pratica medico- legale mostra tuttavia che a)è facile dimostrare l'esistenza di un danno, b)è già più difficile mostrare il nesso causale tra la condotta del medico ed il danno, c) il più delle volte non è possibile dimostrare la condotta colposa del medico, la quale talora proprio non c’è, anche se il paziente ha subito un danno iatrogeno. Quest'ultimo caso (danno iatrogeno senza colpa) si riferisce ad evenienze relativamente frequenti come le reazioni anomale a farmaci e ai casi di morte per anestesia, in cui il paziente subisce un danno molto grave di origine iatrogena ma non potrà mai essere risarcito poiché obiettivamente il medico non ne ha alcuna colpa. L’esempio citato mostra come l’applicazione corretta della norma legittimi un torto subito da un cittadino.

Capitolo 32 - Alcool e delitti

In genere, il termine "alcool correlato" è usato per indicare le conseguenze negative del bere, deducendosi una relazione causale, che tuttavia è di natura molto complessa. Tali possibili conseguenze sono alcune malattie (per esempio, la cirrosi epatica), gli incidenti del traffico, delitti e violenza.
Nonostante le numerose statistiche, non vi è la prova reale d'abuso di alcool nei delinquenti rispetto ai cittadini non delinquenti, tanto più che l'abuso di alcool ostacola, e non facilita, la commissione di alcuni tipi di reato, e raramente vi è la prova che l'autore di un reato fosse ubriaco al momento del fatto. La correlazione pare invece sufficientemente chiara per talune forme morbose, ma non è immediata né esclusiva. Pare accertata la protezione di moderate quantità di alcool nei confronti delle malattie cardiovascolari. La ricerca ha tuttavia mostrato che vi è un più alto tasso di lesività negli alcolisti e nelle loro famiglie che nei soggetti non alcolisti e nelle loro famiglie.
L'uso del termine "correlazione" implica la nozione di causalità. In altri termini, l'uso di bevande alcoliche può essere interpretato come la causa di una condotta anomala o criminale.
Il meccanismo della causalità è spesso presunto, ma raramente spiegato o esaminato. Secondo Pernanen, l'impiego del termine "alcool-correlato" comporta l'assegnazione di un ruolo causale all'uso dell'alcool, che non tiene conto però delle implicazioni sociali e psicologiche ed interrelazionali.
La trattazione della causalità nell'indagine scientifica presuppone una correlazione statistica ed una sequenza temporale fra due eventi. Le curve di rischio sono state classicamente usate per affermare un rapporto causale fra l'uso o l'abuso di alcool e le conseguenze, ma questo non ci aiuta nella valutazione dei casi singoli, nei quali altri fattori con efficacia causale possono essere ipotizzati od affermati, come per esempio le condizioni della strada o dell'automezzo nel caso di un incidente stradale. Di conseguenza, nell'esame dei singoli casi, ed in particolare nei casi in cui un delitto viene attribuito all'influenza dell'alcool, si dovrebbe valutare se vi sia una correlazione tra i due fenomeni, e se questa sia davvero causale o soltanto statistica.
Secondo l'Ufficio Statistiche Giudiziarie del Ministero della Giustizia degli Stati Uniti, l'abuso di alcool è tuttora correlato ad un gran numero di delitti, benché il consumo di alcool e il numero delle morti alcool-correlate siano in declino. Circa quattro crimini violenti su dieci, secondo le vittime, avvengono a seguito dell'assunzione di alcool, così come 4 su 10 incidenti stradali mortali.
Quattro criminali su dieci riferiscono che, al momento della commissione del reato, avevano assunto bevande alcoliche.
Nell'ambito delle violenze coniugali, in tre casi su quattro l'alcool ne era un fattore.
Interpretazioni radicali di un fenomeno assai diffuso come l'alcolismo trovano accoglimento in regioni lontanissime dagli Stati Uniti, ma culturalmente vicine, come l' Australia. Uno studio, effettuato nelle prigioni di Perth, ha mostrato dunque che quasi il 50% dei detenuti ha ammesso di aver bevuto 10 o più bicchieri prima di compiere il reato per il quale erano stati condannati. Rimangono aperte le domande se questo sia uno stato frequente di intossicazione in questi soggetti e che cosa ancora sia accaduto al momento della commissione del reato. E' comunque certo che in molte comunità dell' Australia il problema dell'alcool è molto grave. La facile disponibilità di bevande alcoliche è un fattore che con certezza è legato all'abuso. Altri problemi sono di ordine sociologico e politico.
Secondo l' Istituto britannico di studi sull'alcool, il legame tra alcool e delitti è particolarmente forte per i crimini violenti.
L' Associazione Medica Britannica ha avvertito il Parlamento che l'alcool è un fattore in gran parte dei delitti contro la persona. Secondo la Polizia, l'alcool è presente in circa la metà di tutti i delitti.
La conclusione comunemente accettata è questa, che l'uso dell'alcool non aumenti l'aggressività in una situazione neutra, ma lo faccia in situazioni di minaccia, provocazione, frustrazione, e che le aggressioni ricollegabili all'uso dell'alcool avvengano piuttosto in pubblico che in privato e che coinvolgano più frequentemente gruppi di maschi.
Per quanto riguarda l' Europa continentale, è molto difficile trovare dati tanto precisi come quelli riportati per le nazioni di lingua inglese. Molte fonti danno per certo che l'eccessivo consumo di bevande alcoliche nell'attuale Russia rappresenti la causa più importante delle difficoltà economiche di quel Paese, anche se il paragone con le nazioni del Nord Europa, dove il consumo di alcool è altrettanto elevato, tenderebbe ad escludere questo nesso causale. Per la Russia è comunque riportato un grande aumento dei casi di morte per incidenti, suicidi ed omicidi legati all'abuso di alcool.
Per l' Europa continentale le correlazioni più precise sono stabilite tra il consumo di bevande alcoliche e le patologie correlate, piuttosto che con un fenomeno socialmente rilevante come il delitto. Pare possibile che questa relativa mancanza di dati sia in rapporto con difficoltà sia di ordine organizzativo sia di ordine giuridico, dato che il prelievo di sangue per l'esame alcolimetrico è subordinato al consenso della persona.
In Italia gli alcolisti sono circa un milione e mezzo. Si possono stimare circa 30.000 decessi annui legati all'abuso di alcool, di cui 15.000 per cirrosi epatica, 3.500 per cirrosi dell'esofago, 3.000 per incidenti stradali ed 8.500 per altre cause alcool-correlate (Eurispes).
Molti anni fa, colpito dalla mancanza di dati in relazione al rapporto fra abuso di alcool e delitto, decisi di effettuare un'indagine sulle sentenze del Tribunale di Udine, per verificare se l'ipotesi dell'abuso di alcool in correlazione con i delitti fosse stata presa in considerazione, e quale ne fosse eventualmente l'incidenza (Giusti e Piani, 1984): concludemmo affermando un preciso rapporto fra intossicazione acuta da alcool e reati-bagattella, per lo più insulti ed oltraggi a Vigili Urbani. La violenza, se e quando c'era, era quasi esclusivamente verbale, non aggressiva ma piuttosto difensiva. Quanto ai delitti più gravi, non fu possibile, per la scarsa numerosità del campione, affermare un rapporto causale: vero è peraltro che alcuni omicidi erano certamente in rapporto con le conseguenze neuro-psichiche dell'abuso cronico di bevande alcoliche.

Capitolo 33- Sostanze d’abuso

Il capitolo precedente ci introduce direttamente all’influenza che sostanze d’abuso hanno nella criminogenesi e, in una visione più ampia, all’influenza che esse hanno sulla condotta umana, in primo luogo alle ragioni che portano all’uso di esse ed alle modalità della loro acquisizione.
Sembra possibile immaginare che una persona rinunci volontariamente, e sia pure temporaneamente, alla propria autocoscienza, in favore di uno stato crepuscolare della coscienza stessa, o di una condizione di euforica aggressività, od anche di gravi disturbi della percezione. E se questo è vero, ed anzi vi è una richiesta del mercato in questo senso, allora è altrettanto facile immaginare che qualcuno soddisfi questa richiesta, ed anzi spinga affinché la richiesta si allarghi e consenta un guadagno maggiore. Ridotte all’essenziale, sono queste le motivazioni che consentono il mercato degli stupefacenti.
A monte, tuttavia, vi sono remote abitudini, diffuse e diverse nelle varie etnie umane. L’abuso delle bevande alcoliche, per esempio, è una caratteristica delle popolazioni europee e di origine europea, mentre l’uso di fumare la cannabis nasce nel Medio Oriente, e l’uso dell’oppio nell’Estremo Oriente, mentre l’uso delle foglie di coca è tipicamente sud- americano. Insomma, pare che ogni etnia abbia il proprio veleno preferito, di cui ha fatto uso per molti secoli e a cui ha fatto l’abitudine, riconoscendone gli effetti anche a seconda della dose. Questa è la ragione profonda che impedisce alle leggi contro gli stupefacenti di avere un successo definitivo. Noi abbiamo forse dimenticato quello che è accaduto negli Stati Uniti quando si volle introdurre una legislazione contro l’uso delle bevande alcoliche. Più o meno la stessa cosa accade quando si vuole impedire l’uso della cannabis nei Paesi dove questo uso è radicato, e cioè il contrabbando. Non si vuole con questo vanificare le leggi contro l’uso degli stupefacenti, ma solo far comprendere come gli ostacoli alla loro applicazione siano molto grandi.
Sono dunque diverse le situazioni dell’indio sud- americano che mastica la foglia di coca e del moderno manager che fiuta la cocaina, o del vecchio cinese che fuma una pipa di oppio e del nostro tossico che si fa una siringa di eroina, o del normale cittadino che beve un bicchiere di vino ai pasti e dell’indiano nord- americano che beveva fino ad abbrutirsi.
Allora ci potrebbero essere reati in violazione delle leggi concernenti l’uso personale della droga, e questo è vero in quei paesi dove questo reato è stato mantenuto, e poi reati dovuti allo stato psichico in cui la sostanza ti pone, per esempio i reati dovuti all’aggressività indotta da amfetamine e cocaina, e infine reati commessi per ottenere il denaro per comperare la droga. Occorre pensare bene anche alle regole che abbiamo nel codice penale sulla imputabilità, perché gli schematismi del codice penale mal si adattano alla mutevole realtà dei fatti. Voglio dire che chi si fa e poi compie un reato, forse ha avuto conseguenze dall’abuso di droga, e forse anche si è indotto alla droga perché aveva qualche problema psichico.
Il nostro atteggiamento nei confronti dell'abuso di droga dipende essenzialmente dall'idea che noi ci siamo fatti circa la natura dello Stato al quale apparteniamo. Se noi accettiamo la tesi che lo Stato debba avere una funzione anche educativa nei confronti dei cittadini, allora dovremo anche convincerci che lo Stato ha il diritto /dovere di reprimere il consumo della droga. Al contrario, se la nostra tesi è quella che lo Stato debba lasciare liberi i cittadini di comportarsi come meglio credono purché non arrechino danni ad altri, allora possiamo anche accettare il consumo libero della droga con tutte le conseguenze che ne derivano.

Cap. 34- Vendetta

Il cattivo umore mi induce ogni tanto a pensare ai numerosi tradimenti di cui sono stato vittima. Non preoccuparti, Lettore, non sono paranoico e non ho un delirio di persecuzione. Ne ho subiti parecchi, in vari ambiti e da diverse persone, che, se leggeranno questo capitolo, forse sorrideranno un poco. Ho subito anche qualche torto, e non ho neppure tentato di vendicarmi. Non pensare, Lettore, che sia un eccesso di bontà da parte mia, è che invece vendicarsi costa fatica ed impegno, e tutto sommato non ne vale la pena. E’ molto più semplice lasciare cadere cose e persone, e, se ci pensi bene, chi ti ha offeso o tradito non può non accorgersi che il tuo atteggiamento è mutato nei suoi confronti, e si attenderà una vendetta che non arriverà mai. Vivrà in una lenta inquietudine, forse, e la sua mancanza di serenità, non voglio neanche porre l’ipotesi del rimorso, sarà la tua sottile e mai eseguita vendetta.
Naturalmente le cose non vanno sempre così. Sono di questi giorni (sto scrivendo nel gennaio 2007) le notizie di vendette feroci, che vanno dallo sterminio di una famiglia all’uccisione di un adolescente, coetaneo della vittima, alla sparatoria per uno sgarro, tutte azioni motivate dalla vendetta e dal desiderio di punizione per fatti di modesta entità.

CAPITOLO 35- Intercettazioni telefoniche
Riprendo a scrivere dopo molto tempo, rileggo quello che ho scritto e trovo che le mie idee di qualche anno fa non mutano, anche se mutano i contesti sociali e la natura della illegalità e della criminalità.
Non posso (e neppure voglio) conoscere le ragioni per le quali è sorto un conflitto in sede ad una grande industria di telecomunicazioni. Mi sembra tuttavia, a leggere le notizie giornalistiche e a vedere i telegiornali, che la grande industria facesse dell’altro, oltre a fornire i servizi previsti ai cittadini, e cioè registrasse illecitamente conversazioni telefoniche di varie persone. Anni or sono ebbi occasione di periziare un alto dirigente di quell’industria, con il quale entrai in simpatia. Parlando del più e del meno, egli garantì che ascoltare e registrare le conversazioni telefoniche, sia da rete fissa sia da cellulari, “non era un problema tecnico”. Di questo avevo la certezza, perché bisogna pure far pagare le bollette ai cittadini, ed è dunque necessario fornire la prova dell’uso del mezzo telefonico. Che poi le conversazioni potessero essere ascoltate e registrate illegalmente, potevo avere un sospetto, ma non la prova, anche se era mia intima convinzione che ciò avvenisse con frequenza e facilità. Vi era infatti la possibilità di ottenere informazioni, anche molto riservate, senza sforzo alcuno e senza rendere conto a nessuno, tranne al committente. Quanto alla legalità dell’ascolto, cioè alla legalità di intercettazioni stabilite dai magistrati, permettetemi di avere qualche dubbio, posto che nessun magistrato potrà mai ascoltare moltissime ore di registrazione, ma affiderà il compito dell’ascolto e della registrazione ad altri, dei quali si deve fidare. Ma voi, cari Lettori, vi fidate davvero completamente di questi altri?
In ogni caso, quel che sembra essere accaduto è talmente in linea con il carattere nazionale che non esito a crederci.
Mi consolo con il fatto che gli omicidi volontari sono in calo nettissimo, nonostante l’evidente contributo che gli immigrati danno a questo reato, sia come autori sia come vittime. Magra consolazione tuttavia, perché nell’arco di una generazione questi delitti si ridurranno, mentre l’imbroglio fa parte della nostra natura, e temo che non ci sia speranza alcuna di modificare il carattere nazionale e renderlo più accettabile agli stranieri, e in particolare ai nostri amici della Comunità Europea, che a dire il vero stranieri non sono più, e che potrebbero darci una mano, mescolandosi con noi e formando generazioni nuove, educate anche alla lealtà nel comportamento verso gli altri.

CAPITOLO 36- Uso della giustizia
A me pare evidente che vi siano persone che fanno uso della giustizia, in senso attivo, e altre che sono usate dalla giustizia, in senso passivo.
Al primo gruppo appartengono coloro che formulano e approvano le leggi, quelli che sono tenuti a farle osservare, quelli che perseguono i delinquenti, quelli che li giudicano, e quelli che li puniscono, e infine quelli che li aiutano dopo la punizione.
Al secondo gruppo appartiene il cittadino, in qualità di vittima o di autore di reato, che potrebbe anche far parte del primo gruppo.
In uno stato moderno della civiltà occidentale vi è dunque un grande apparato, che è deputato a formulare e far rispettare le leggi, ed il resto della popolazione, sul quale la giustizia esercita il proprio potere.
Nel primo gruppo annoveriamo naturalmente tutti coloro che sono deputati a formulare delle norme, dai membri del Parlamento ai membri dei consigli circoscrizionali, un bel gruppo insomma. Tutti costoro sono anche deputati ad emettere sanzioni se le loro disposizioni non sono osservate dagli altri e da loro stessi. Per ottenere l’applicazione della sanzione, l’ amministrazione si giova di un gran numero di uomini e donne, dalla Polizia ai Carabinieri, fino all’ausiliario del traffico. La formalizzazione della sanzione deve naturalmente passare attraverso il sistema giudiziario, partendo dal Pubblico Ministero e finendo con la Corte di Cassazione. Quanto alla determinazione della pena, nella massima parte dei casi trattandosi di reati- bagattella, il tutto si risolve in una tiratina d’orecchi, per coloro che sono tanto sfortunati da finire nel tritacarne processuale. Per alcuni, invece, la pena è rappresentata dall’obbligo di soggiornare per un certo tempo in qualche prigione. La conseguenza è, che poco a poco le prigioni si affollano, e così bisogna procedere a qualche misura, per esempio un indulto o una amnistia, per rendere meno affollati quei luoghi. L’alternativa sarebbe di costruire nuove prigioni, le quali hanno un costo elevato, e di assumere altri poliziotti penitenziari, che hanno anch’essi un costo. Se ben guardiamo, in Italia lo spazio previsto è di circa 42.000 detenuti, e, nel momento in cui scrivo, i detenuti sono circa 63.000, per una popolazione di circa 60 milioni di abitanti. Perciò, circa una persona su mille è detenuta. In altri Paesi, per esempio gli Stati Uniti, che hanno circa 300 milioni di abitanti, la popolazione detenuta è di circa due milioni, cioè una persona su 150 è detenuta. Vale a dire, che gli Stati Uniti hanno 6-7 volte il numero di detenuti che abbiamo in Italia, fatta la proporzione con la numerosità della popolazione. Pare evidente che, nell’uno e nell’altro caso, vi sia un uso distorto del sistema giudiziario, troppo permissivo in Italia e troppo duro negli Stati Uniti. D’altra parte, non c’è assolutamente paragone fra la violenza in Italia e la violenza negli Stati Uniti. Leggo il rapporto Eures- Ansa e trovo questi dati:

ROMA - In calo gli omicidi volontari in Italia: sono stati 611 nel 2008, 20 in meno rispetto al 2007 (-3,1%). Il maggior numero di casi (171) è avvenuto in famiglia, mentre la criminalità comune (135 morti) ha ucciso più delle mafie (128). Sono i dati del rapporto Eures-Ansa sull´omicidio volontario in Italia. Nel corso dell´anno sono stati 293 i giorni segnati da uno o più omicidi, mentre soltanto 72 quelli che non hanno registrato nuove vittime.

Il dato in Campania. Il calo di omicidi è dovuto alla netta flessione registrata in Campania (da 153 a 111); il fenomeno è invece risultato in aumento al Centro (da 80 a 97) e, più lievemente, al Nord (da 187 a 194). Proprio la Campania è ancora la regione col maggior numero di morti, in termini assoluti, seguita dalla Lombardia (80) e dalla Calabria (76). Ma, considerando gli omicidi ogni 100mila abitanti, la Calabria é la regione più a rischio (3,8), seguita dalla Sardegna e dalla Campania (1,9). Nel 2008 è stato di sesso maschile il 75% delle vittime di omicidio (464), mentre le donne uccise sono state 147. Il killer é stato un uomo nel 92% dei casi.

Gli stranieri vittime in Italia. Nel 2008 sono stati 147 gli stranieri uccisi in Italia (pari ad un quarto delle vittime totali di omicidio). Si tratta del valore più elevato degli ultimi 15 anni. Nel 2007 le vittime straniere erano state 118. Lo rileva il rapporto Eures-Ansa sull´omicidio volontario in Italia. Diminuisce invece l´indice di rischio, che passa da 15,1 vittime ogni 100mila abitanti stranieri nel 1993 a 4,3 nel 2008. Ciò per effetto dello straordinario incremento della popolazione immigrata, passata da 590mila unità nel ´93 agli oltre 3,4 milioni del 2008. Il rischio di omicidio tra la popolazione straniera resta tuttavia di circa cinque volte superiore a quello registrato tra gli italiani (0,8 omicidi ogni 100mila abitanti). Nel Centro e nel Nord circa quattro omicidi su 10 hanno vittime straniere. A morire sono prevalentemente gli uomini (il 70%), ma le donne hanno fatto registrare un forte aumento (+51,7%, passando da 29 nel 2007 a 44 nel 2008). In forte calo, invece, gli autori stranieri (16,4%). Soltanto il 12% delle vittime di omicidio italiane è ucciso da uno straniero, mentre nell’87% dei casi il killer è italiano. Più di una vittima su cinque è di nazionalità romena (31 morti); tra i Paesi più colpiti anche il Marocco (23) e l´Albania (14).

Meno omicidi di Mafia, ma cresce l’allarme criminalità comune. Con 128 vittime (155 nel 2007) il 2008 è l´anno in cui la criminalità organizzata ha fatto meno vittime negli ultimi 30. Ma è allarme criminalità comune, che ha ucciso 135 volte. Dal 2000 al 2008 l´aumento è stato del 25,7%. Un terzo delle vittime della criminalità comune (45 casi) è stato ucciso nel corso di una rapina o di un furto. I pensionati sono le principali vittime (17 omicidi), seguiti da operai e braccianti (14).

In famiglia aumentano i delitti. La famiglia si conferma anche nel 2008 il principale luogo in cui avvengono omicidi (171 casi, il 28% del totale). Dal 2000 (226 omicidi, il record del decennio) ad oggi i numeri sono tuttavia in calo. Quasi la metà di questi delitti avviene nel Nord (78 casi), ma in termini relativi i valori più elevati si registrano in Calabria (14 vittime, pari a 7 per milione di abitanti). In circa un terzo di questi omicidi (56 casi) la vittima è il coniuge-convivente. Nella relazione genitori-figli si consuma un omicidio familiare su quattro (22 genitori uccisi dai figli e 21 figli uccisi dai genitori). Il movente passionale risulta prevalente (in 45 omicidi), seguono litigi e dissapori (40 vittime).

Le indagini e gli arresti lampo. Sono sempre meno i killer che riescono a farla franca. Il 63,8% è stato subito assicurato alla giustizia; era il 55,7% nel 2000. L´autore è scoperto nella quasi totalità dei casi per gli omicidi “di prossimità”, mentre quelli compiuti dalla criminalità organizzata restano prevalentemente ignoti (81,3% dei casi).

Lunedì, il giorno più nero. Tra il 2004 ed il 2008 il giorno della settimana più cruento è risultato il lunedì (con 492 morti). E gennaio, con 294 vittime tra il 2004 ed il 2008 è il mese più a rischio. Nella maggior parte dei casi è la fascia oraria compresa tra le 18 e le 24 quella più critica (con il 38,8% dei delitti complessivamente registrati negli ultimi cinque anni). Il 18 settembre del 2008 è stato il giorno più cruento con 10 vittime di omicidio; si tratta della data della strage di camorra di Castelvolturno.

Arma da fuoco fa più vittime. Il 53,2% delle vittime (317) é stata uccisa con un´arma da fuoco; seguono le armi da taglio (142 casi) e quelle improprie (55). Il killer è un uomo nove volte su dieci; la vittima un maschio in tre casi su quattro.

Il rapporto EURES-ANSA ci dà anche la distribuzione regionale degli omicidi.
E´ la Campania la regione in testa per numero di omicidi nel 2008 (111); seguono Lombardia (80) e Calabria (76). Nell’ordine abbiamo: Lazio 50, Sicilia 49, Puglia 45, Toscana 36, Sardegna 32, Emilia Romagna 30, Veneto 28,Piemonte 26, Liguria 23, Umbria 7, Friuli Venezia Giulia 5, Marche 4, Abruzzo 3, Trentino Alto Adige 2, Basilicata 2, Molise 2, Val d’Aosta 0.
Non voglio trarre conclusioni da questi numeri, ma solo manifestare un’impressione, che cioè il numero percentuale delle vittime d’omicidio si stia più o meno eguagliando nelle varie regioni, pur essendoci evidentemente dei picchi regionali. Di questi i più importanti sono in Calabria e in Campania, in gran parte legati alla criminalità organizzata. Il picco della Lombardia è legato al fatto che questa è la regione più popolosa. Alcune regioni, nelle quali in passato l’omicidio volontario era in pratica inesistente (per esempio in Friuli Venezia Giulia e in Umbria), ora mostrano un certo movimento numerico.
Pare abbastanza singolare
Pare abbastanza singolare che illegalità e criminalità marcino di pari passo, pur essendo assai differenti quanto a manifestazioni e all’atteggiamento psichico degli autori. L’illegalità infatti ha, alla sua base, il disprezzo per una norma, la criminalità nella sua massima espressione il disprezzo per la vita umana.

CAPITOLO 37- sciocchezze
L’onorevole A. N. ha fatto un interessante intervento al congresso del Cairo (2 aprile 2009), ricordando le nostre classiche organizzazioni criminali. Ha ricordato che la Puglia ha un picco minore di violenza, mentre la ‘ndrangheta è l’organizzazione meglio gestita e che offre ampie possibilità di riciclaggio; cosa nostra si sta riorganizzando, mentre la camorra è molto polverizzata. Poi ci sono i gruppi albanesi e maghrebini, che agiscono con quelli italiani. Temo proprio che già queste cose le sapevo, basta leggere i giornali, o alla peggio leggere i titoli, e anche l’articolo, che si trovano sui giornali in rete.
Mi domando quale fosse la necessità di intervenire su questo tema, che è ben conosciuto da chiunque legga un giornale.
Ma scrivere di queste cose poco importa al comune lettore di un quotidiano. Le conosce già, e non occorre che gli vengano ripetute. E se non le sa, conosce i mezzi per conoscerle, se ne ha voglia.
La mia personale impressione- ripeto, “personale impressione” – è che ormai ben oltre le singole organizzazioni siamo giunti. Da quando siamo partiti esaminando le regioni ed i comuni, per giungere a vedere ciò che accade nell’amministrazione dello Stato, non possiamo giustificare in alcun modo le tecniche che vengono usate per giustificare talune scelte.
Fortunatamente è la Polizia che arresta, e al loro fianco stanno i Carabinieri, e così le situazioni per lo meno non peggiorano. I giornalisti da un po’ di tempo hanno preso l’abitudine, e mi auguro che continuino a farlo, di inserire anche le somme di denaro, le case, gli oggetti, e quant’altro, tra il materiale sequestrato.
Di questo materiale, che fare? C’è naturalmente una destinazione, ma per lo più la destinazione è infruttifera. Se usassimo questo materiale, denaro contante e denaro ricavato dalla vendita di beni, per terminare una strada (per esempio, la Salerno - Reggio Calabria), è possibile che ci sarebbero ulteriori perdite, e toccherebbe ricominciare daccapo, prima con la strada e poi con il recupero delle cifre. Ma non sarebbe lavoro inutile.


CAPITOLO 38- stoltezze
Mi lasciate fare una breve digressione? Come forse sapete, ho dato le dimissioni dall’Università con il 31 dicembre 2008, e un anno dopo mi sono ammalato, e poi ho fatto un po’ di rieducazione, e poi ho ricominciato. A scrivere, naturalmente. Mi sono guardato un po’ attorno, e attorno a me ho visto il deserto. Mi era già capitato, e non mi sono preoccupato più di tanto. Passerà, mi sono detto, e ora sta passando.
Stavo dicendo, che sta passando: ma, chi è il Presidente del Consiglio? E quello del Senato, e quello della Camera? E quello della Repubblica? E chi sono tutti coloro che quotidianamente intervengono nelle pagine dei giornali? La mia impressione è, che talune facce le vedo ogni giorno, ma non le riconosco e non le attribuisco a qualcuno. Qualche faccia si è abbassata, qualche altra si è alzata, e riconosco solo quella di Tremonti. Stamane, un Tizio, di cui non ricordo assolutamente il nome, ha detto che, con strenui sacrifici, ha messo da parte due o tre milioni di euro, e allora ho fatto un po’ di conti, e allora ho capito che, nel tempo trascorso dall’ultima elezione, quest’uomo ha risparmiato un bel po’ di soldi, ammesso che abbia detto la verità. Bisognerebbe andare a vedere anche quali fabbricati ha ricevuto, in dono, per scambio, sottobanco, o che altro, o che cosa ha nascosto.
Ma se le cose stanno così, e se i membri del Parlamento fanno tutti così, e sia chiaro che non desidero fare distinzioni fra destra e sinistra, allora dovrei pensare che stiamo subendo una evoluzione verso una piccola parte del Paese, che è ricca e non più dove mettere i soldi, e una parte più grande che di soldi ne ha pochi, e non sa come fare per vivere. E poi c’è una parte del Paese, circa otto milioni, che i soldi non gli bastano e gli consentono di vivere per tre settimane al mese, e non per quattro, e il resto lo ruba.

CAPITOLO 39- malattie

Smettiamola con queste considerazioni. Tuttavia, se sono vere le informazioni che i giornali, più o meno criticamente, ci forniscono, allora dobbiamo cercar di capire che cosa accade. A me sembra, che facciamo una gran fatica a toglierci dalle difficoltà quotidiane, e che ci sia un perenne conflitto nei rapporti tra gli uomini. Passiamo da litigiosità criminali, di solito derivanti da sciocchezze, a questioni di poco conto, ad atteggiamenti queruli che portano a tragedie. Mi rendo conto che in una grande nazione questo conta ben poco. La mia sola fonte di informazione tuttavia è la stampa nazionale, e io devo ragionare così: dove sono andati tutti? perché non si ammazzano più? dove sono gli omicidi degli stranieri? Vorrei che qualcuno mi spiegasse. O è solo un’estate calda che abbiocca la testa degli Italiani?
Anche stamani, alle sette per la verità, sfoglio i giornali nazionali, e trovo qualche incidente e qualche conseguente blocco stradale, perché TUTTI stanno andando in ferie. Non è vero, naturalmente, IO non sto andando in ferie, e anzi venerdì sono andato al carcere di Civitavecchia a vedere un detenuto. A proposito, i sieropositivi li sbattono tranquillamente insieme agli altri, non li guardano neppure, non fanno esami di sorta, e vada come vada.
E’ da tempo che queste persone, naturalmente inguaribili, vengono lasciate sole, frammischiate con altri inguaribili. Ci sono persone che, raggiunta una certa età, vanno incontro come tutti a cardiopatia, diabete, ipertensione, ed inoltre vanno incontro, come i loro simili, ad epatite B o C, ad AIDS, e ad altre malattie a prognosi infausta.

CAPITOLO 40- traffico

Delle oltre 60.000 persone che stanno in carcere, molte sono straniere, molti sono giovani, alcuni sono sfortunati. Naturalmente non è detto che tutti coloro che stanno fuori non compiano reati. Se solo stiamo su un marciapiedi, e guardiamo il traffico – può bastare un telegiornale nazionale – troviamo subito che molti conducenti di vetture non portano la cintura, e molti conducenti di motocicli non portano il casco. Io abito a Roma, e non ho una visione generale delle condizioni del traffico, perché nella capitale i controlli sono relativamente frequenti, ma la differenza si vede bene fra nord e sud della capitale. In Toscana, cintura e casco sono molto frequenti, in Campania non sono ancora completamente accettati. Ciò non significa che i Toscani siano più buoni e i Campani meno buoni, ma soltanto che i primi accettano di più e i secondi di meno quello che viene proposto.
E’ anche vero che spesso accade di vedere che alcuni automobilisti e motociclisti sono apparentemente in stato di ubriachezza, di più in alcune regioni italiane, in altre meno o molto meno. E’ la TV che ci dà il resoconto dell’ebbrezza alla guida, ma solo se c’è il morto. Non raccomanderò mai abbastanza che venga fatto l’accertamento dell’alcolemia su chi ha causato un incidente stradale. Qualcuno tra i Lettori più anziani ricorderà certamente tutte le diatribe che ci furono quando finalmente si decise di porre un freno all’ebbrezza alla guida. Ma voglio anche ricordare come il nostro controllo sopra l’ebbrezza alla guida sia largamente insufficiente per la tutela della persona. In altre parole, e il Triveneto è la regione che mi preme raccomandare, la domenica pomeriggio o la prima serata della domenica sono le ore del giorno in cui parte della popolazione maschile è ben al di sopra del massimo accettabile per la guida della vettura secondo la norma di legge. Vi è di più, naturalmente, e cioè che le condizioni del traffico all’uscita delle osterie sono tali da giustificare provvedimenti anche a carico dei ciclisti, e, aggiungo, anche dei pedoni. La larga immigrazione di europei ed extra- europei in tutto il territorio nazionale fa sì che il consumo di alcolici superi quello che era considerato “normale” per la nostra popolazione.
Poco sappiamo di quello che succede quando l’ubriaco torna a casa, a piedi, o in bicicletta, o in motorino, o in automobile. Se ripenso ai miei lunedì, rivedo con frequenza il morto, caduto o investito, di cui bisogna dar conto e spiegazione, attraverso l’alcolemia. Ma questo è un evento relativamente poco frequente, mentre invece ben più frequenti sono le liti in famiglia. Vedi che cosa hanno fatto i Carabinieri di Piacenza (27 luglio 2010)
Lotta agli ubriachi al volante, 14 denunce. Serie di liti in famiglia. Raffica di controlli sugli automobilisti effettuati dai carabinieri nel fine settimana per con-trastare l'abuso di alcool di chi si mette alla guida: sono state spiccate 14 de-nunce, prevalentemente per guida in stato di ebbrezza (9 sono a Piacenza, una a S. Giorgio, e una a San Nicolò e 3 a Castelsangiovanni). L'età dei denunciati è mediamente bassa, mentre è stato fatto rilevare come vi siano anche donne: in alcune situazioni il tasso alcolemico nel sangue era ben al di sopra dei limiti consentiti (0,5), fino a cinque volte di più.
Questa è cosa che andrebbe fatta ogni giorno. Tutti noi siamo consapevoli che non è possibile, ma se vogliamo che l’effetto dell’alcool sia vanificato dobbiamo fare di più. Anche per evitare che la situazione giunga alle conseguenze estreme.


CAPITOLO 41- stupefacenti

Subito dopo l’alcool, non vi è dubbio che gli stupefacenti siano i mezzi più im-piegati per istupidirsi, lasciatemi usare questa parolaccia. Ricordo bene quando in un barcone sul Tevere (1969) furono trovate per la prima volta quantità notevolissime di farmaci e sostanze, che venivano distribuite/vendute ai clienti del barcone. E ricordo anche che pochi anni dopo, con Domenico Sica, scrissi Gli stupefacenti e le tossicomanie (1979), per aiutare i Magistrati nel loro compito. Era l’epoca dell’eroina, che durò parecchi anni, e poi, ancor oggi, andò in calo ed era ed è assai temuta. Ora è l’epoca della cocaina, che è causa di un assai minore numero di morti, perché si fiuta e non si inietta, o molto raramente. E’ anche l’epoca di altre sostanze, che si prendono per bocca, come fossero una medicina.
Questo è il mercato della cocaina. Oltre 600 finanzieri del Comando Provinciale di Napoli e 200 Carabinieri del Ros hanno arrestato una ottantina di presunti appartenenti al clan Gallo-Limelli-Vangone. Le forze dell'ordine hanno eseguito un'ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip presso il Tribunale di Napoli. L'operazione e' stata coordinata dai pm della Direzione distrettuale antimafia. Le Fiamme gialle hanno anche sequestrato beni per oltre 65 milioni di euro. Nel corso dell'operazione sono stati sequestrati oltre 737 chili di cocaina, 27 di hashish e 62 di marijuana. La Guardia di finanza del comando provinciale di Napoli diretta dal Generale Giovanni Mainolfi ha ricostruito tutti i canali utilizzati dall'organizzazione camorristica attiva nell'area vesuviana per riciclare i proventi dei traffici illeciti. Nelle maglie dell'inchiesta sono rimasti coinvolti anche due impiegati del tribunale di Torre Annunziata e uno psichiatra, che si sarebbero adoperati per favorire uno dei capi clan (20 gennaio 2010).
Ecco, questo è un esempio del mercato della cocaina, che ora supera larga-mente quello dell’eroina, e degli oppiacei in genere.
La cocaina avvolge l'Europa. Oltre 13 milioni di europei adulti hanno provato la polvere bianca nella loro vita. Di questi, 7,5 milioni sono giovani (15-34 anni): tre milioni di questi l'hanno usata negli ultimi 12 mesi. Nel dettaglio l'Italia si conferma uno dei Paesi a più alta prevalenza, insieme a Danimarca, Spagna, Irlanda e Regno Unito. La polvere bianca si conferma così la sostanza stimolante illegale più popolare in Europa. Lo dice il Rapporto 2009 dell'Osservatorio europeo sulle droghe presentato a Bruxelles (5 novembre 2009).
Facendo i confronti fra eroina e cocaina, non c’è dubbio che la cocaina uccide molto meno e la dipendenza è molto minore, e dunque la pericolosità è minore.
Accanto a questa, ci sono altre sostanze, che sono oggetto d’abuso e di uso relativamente frequente: la forma simile a una compressa farmaceutica tende a rendere “innocuo” qualunque prodotto stupefacente, agli occhi del consumatore.
Nello studio pubblicato sulla più autorevole rivista di cardiologia in Europa, un gruppo di ricercatori spagnoli dell’Istituto di Medicina Legale di Siviglia ha pre-so in esame tutti i casi di morte improvvisa registrati tra il 2003 e il 2006 presso il loro istituto, accertando le reali cause del decesso dei pazienti. Dai risultati è emerso che, su 668 casi di morte improvvisa, 21 erano legati all’uso di cocaina, ovvero il 3% dei casi totali. “I nostri risultati mostrano come l’uso di cocaina induca modificazioni sul cuore e sulle arterie, le quali possono condurre alla morte improvvisa”, ha dichiarato il responsabile dello studio Joaquin Lucena ( Lucena J et al. Cocaine-related sudden death: a prospective investigation in south-west Spain. European Heart Journal; 12 gennaio 2010. doi:10.1093/eurheartj/ehp557).

CAPITOLO 42 – piombo e mercurio

“L’estensione dell’avvelenamento non ha precedenti nella storia dei principali casi trattati finora in tutto il mondo”: recita così un comunicato diffuso oggi dal Centro per il controllo e la prevenzione statunitense delle malattie (il Cdc di Atlanta) relativo al grave episodio di avvelenamento da metalli pesanti (piombo e mercurio) in corso da mesi in alcune aree dello Stato nord occidentale nigeriano di Zamfara. Nella nota ripresa dall'agenzia Misna, il Cdc - che insieme all’organizzazione mondiale della Sanità (Oms) delle Nazioni Unite e all’organizzazione sanitaria internazionale Medici senza frontiere (Msf) si sta occupando della vicenda e sta analizzando i campioni di sangue prelevati nelle aree interessate - spiega che l’eccezionalità di quanto accade a Zamfara sta “nella gravità dell’avvelenamento, nel numero delle vittime e nell’alto numero di bambini e adulti con i sintomi dell’avvelenamento, oltre che nell’estensione della contaminazione ambientale”. Secondo gli ultimi bilanci in circolazione sono centinaia le persone morte per l’avvelenamento dopo che i metalli pesanti utilizzanti per l’estrazione dell’oro in alcune miniere informali nei distretti di Anka e Bungudu hanno contaminato fonti d’acqua e pascoli. Se al momento le cifre diffuse dal governo parlano di 163 decessi, fonti giornalistiche nigeriane riportano oltre 300 morti e più di 400 persone ricoverate con sintomi da avvelenamento; tutti confermano che ad essere colpiti sono soprattutto bambini con meno di cinque anni d’età. Le autorità delle aree interessate hanno chiesto l’intervento del governo federale e l’invio urgente di acqua potabile, cibo, medicine ed esperti sanitari e ambientali per verificare la situazione. L’area teatro della contaminazione da piombo è diventata da alcuni mesi una nuova frontiera dello sfruttamento minerario nel Paese. Solo a maggio il governo ha aperto una nuova grande fabbrica di trasformazione dell’oro in questa zona, nella quale si troverebbero ingenti giacimenti di oro e columbite finora poco sfruttati. All’estrazione ufficiale, si affianca già da tempo quella informale che vede gli abitanti locali impegnati nella ricerca del prezioso minerale lungo i corsi d’acqua e in improvvisate miniere illegali dove sono completamente assenti le più elementari norme di sicurezza, ambientali e non. (R.P.) (Radio Vaticana, 9.6.2010).
Quando si compiono ricerche minerarie che possono essere pericolose, l’approccio metodologico deve essere sicuro ed i rischi devono essere eliminati.

Nel 2009 l'estrazione dell'oro in Burkina Faso è più che raddoppiata, rispetto all'anno precedente, con oltre 11mila tonnellate. Lo ha reso noto il capo dello Stato burkinabè , Tertius Zongo, nel suo discorso annuale in Parlamento sullo stato della nazione. Negli anni scorsi, lo sfruttamento dei giacimenti auriferi era ostacolata anche dagli alti costi operativi. Dal 2003 al 2006, tuttavia, sono state attivate vaste riforme per migliorare l'efficienza degli addetti al settore e rendere meno costosa l'attività di sfruttamento delle miniere. "Grazie alla buona tenuta dei corsi dei metalli preziosi sui mercati mondiali in questi ultimi anni", ha detto il presidente, "l'attività mineraria e l'industria estrattiva stanno attraversando un grande momento in Burkina Faso". (Agiafro, 29/03/2010).
Ne siamo lieti, beninteso, perché il Burkina Faso è uno degli Stati più poveri del mondo, e verificare un raddoppio della produzione di oro è sempre un bene. La notizia non era accompagnata da altre informazioni.

CAPITOLO 43 – mondiali di calcio

Sudafrica: ogni giorno 50 omicidi. E aumentano le violenze sessuali. Sono dati ufficiali sulla criminalità riferiti dalla Bbc on line.
Oltre 2,1 milioni di crimini gravi sono stati commessi in Sudafrica nell'ultimo anno: più di 18.000 omicidi e 72.000 violenze sessuali. E inoltre 18.400 furti con scasso e 71.194 rapine per strada. Sono le statistiche ufficiali sulla criminalità di cui riferisce la Bbc on line. Per gli omicidi (circa 50 al giorno), c'e' un leggero calo, -3%. Le violenze sessuali (circa 200 al giorno) aumentano del 10% perché , stando al governo, stavolta sono conteggiate anche quelle subite dagli uomini (ANSA, 21 settembre 2009).
E’ facile costruire una tabella che si riferisce al Sud Africa, e paragonarla con una tabella analoga che si riferisca ad un paese europeo, o asiatico, o ad altro paese africano. Forse è più facile costruire una grande tabella che comprenda tutti i paesi del mondo. Ma se torniamo indietro di vent’anni, troveremo che i numeri erano bassissimi: allora i neri non contavano, o comunque non ci si preoccupava. Passeranno anni e anni prima che i numeri acquistino un valore reale. Eppure il Sud Africa è sempre quello, non cambia. La criminalità è uno dei maggiori problemi ai quali è confrontato il Sudafrica.
La provincia del Gauteng, polmone economico del Sudafrica, soffre di un male acuto: la criminalità. A Johannesburg ogni giorno sono commessi in media 17 omicidi. Rari sono i muri di cinta non percorsi da fili elettrici. Prima di poter penetrare all'interno di una residenza, bisogna in generale aprire 4 o 5 porte con chiavi differenti. A Pretoria, sede del governo, gli edifici che ospitano personalità importanti sono protetti da numerose barriere elettriche, alte a volte più di 10 metri, e da camminamenti illuminati la notte.
E ricordiamo che il Sud Africa ha mutato regime senza una rivoluzione. Fino a che non vedremo che la popolazione nera ha superato i propri limiti, non troveremo una situazione pacifica.


CAPITOLO 44– reati compiuti durante i mondiali di calcio

ilcalcioonline.it/component/content/article/2-editoriali/...
SUDAFRICA – C’era preoccupazione all’avvio del mondiale per il possibile in-cremento della criminalità il cui tasso in Sudafrica è già allarmante, ma per fortuna il fenomeno è stato tutto sommato contenuto.
Un migliaio di reati, per lo più furti e rapine, sono stati commessi nei dintorni degli stadi sudafricani durante i mondiali. E' il bilancio diffuso dal governo di Pretoria, che conferma come le preoccupazioni della vigilia per l'ordine pubblico si siano rivelate tutto sommato infondate. Negli stadi sono stati accertati 290 reati e altri 704 si sono verificati nel raggio di un chilometro e mezzo dallo stadio nelle dieci località sedi di incontri, ha spiegato il ministro per la Polizia, Nathi Mthethwa. L'alto tasso di criminalità in Sudafrica, dove avvengono in media 50 omicidi al giorno, aveva indotto la polizia a schierare 44.000 agenti in più per pattugliare le zone intorno a stadi e maxischermi, anche per prevenire scontri e disordini. Nelle zone dei maxischermi, frequentate da un milione e 200mila tifosi, sono stati segnalati 1.779 reati. La polizia ha arrestato 447 persone, di cui 266 sudafricani e 181 stranieri.
La notizia non comprende ovviamente i reati che sono stati compiuti durante i campionati e lontano dagli stadi. Il caso che segue è un esempio.
Johannesburg, 5 giu. (Apcom) - A pochi giorni dall'inizio dei Mondiali di calcio 2010, un poliziotto è morto e un altro è rimasto ferito in uno scontro a fuoco scoppiato a Johannesburg durante un inseguimento ai rapinatori di due porta-valori. Stando a quanto precisato dalla polizia, lo scontro a fuoco è avvenuto lungo l'autostrada che corre nei pressi del campus universitario dove sono o-spitate le nazionali di calcio del Messico e della Costa d'Avorio. I rapinatori so-no riusciti a fuggire con la refurtiva, di cui non è stato reso noto il valore. Tre sospetti sono stati fermati poco più tardi nella township di Soweto. Il Sudafrica ha un tasso record di criminalità, con circa 50 omicidi al giorno. (fonte Afp)


Capitolo 45 – un cenno di storia della criminologia
Senza dubbio alcuno la storia della criminologia ripete la storia dell’uomo, a partire da Caino. I millenni successivi, per quel che ne sappiamo, sono sempre stati intrisi di sangue, principalmente attraverso le guerre, e attraverso episodi sporadici nei brevi periodi di pace.
Non è certo mia intenzione ripercorrere la storia dell’uomo e descrivere le sin-gole guerre e i singoli atti di delinquenza, per dimostrare ciò che è ovvio e chiaro per tutti. Non serve, in questo contesto, ricordare ciò che è stato fatto nella nostra storia umana, che è passata da un dominio all’altro attraverso la distruzione di popoli.
Basterà ricordare, per quel che importa, che si è passati da un impero all’altro fino a che si è giunti allo stato attuale: come (quasi) tutti i Lettori, io posso ri-cordare solo alcune cose, che ho visto e che posso ricostruire dai libri e dalle cronache, posso essere contento che nel corso della mia vita ho trascorso solo i primissimi anni coinvolto in una guerra mondiale e non potevo non essere vittima di situazioni che ora a malapena ricordo.
Ma mi devo domandare, e solo per restare in questo periodo, che cosa io per-sonalmente abbia fatto per evitare fatti che sono legati alla nostra natura u-mana.
In concreto, la storia della criminologia ripete la storia dell’uomo, anche se si può parlare di criminologia solo da un secolo e mezzo all’incirca.
C’è chi desidera far cominciare quest’epoca con il nome di una persona che davvero ha posto un’epoca contro la precedente, e cioè quello di Cesare Beccaria, il quale nel 1764 scrisse un trattatello, “Dei delitti e delle pene”, probabilmente in collaborazione con i membri dell’Illuminismo milanese. Oggi quest’opera è poco ricordata dai più, ma senza dubbio essa rappresenta un punto di svolta nella storia del pensiero.
Si tratta tuttavia di pensiero giuridico, e non rientra in ciò di cui dovremo trat-tare.
La seconda metà del secolo XIX vede l’espandersi di una situazione scientifica e l’affermazione del cosiddetto “positivismo”: da Comte in avanti, e specie in Italia, si ha anche un filone di cultura senza precedenti, che coinvolge una parte del tutto marginale della scienza nazionale. Si tratta di Cesare Lombroso, la cui opera più importante è del 1876, “L’Uomo delinquente”, che giunse alla quinta edizione. Attorno a Lui, si raggrupparono molte persone, tra le quali è giusto ricordare almeno Enrico Ferri e Raffaele Garofalo. Lo scopo di Lombroso fu quello di trovare le cause biologiche della criminalità, prima identificandole nei fattori fisici, e poi estendendole anche ai fattori psichici della natura umana.
La morte di Lombroso (1908) sembra aver lasciato un vuoto incolmabile, ma tuttavia negli anni successivi le sue idee influirono sul codice penale italiano (1930) e nella cultura successiva.
Lombroso fu il fondatore dell’Antropologia criminale, che per vari anni, ed an-che oggi, è- in alcune università- una materia di studio. Molte idee sono tutta-via cambiate, ed anche i luoghi sono cambiati. Siamo ora negli Stati Uniti, mentre in Europa e in Italia in particolare le idee di base di Lombroso sembra-no tramontate.
Vi furono tuttavia alcuni altri Antropologi, tra i quali mi piace ricordare Alfredo Niceforo, Benigno Di Tullio e Michele M. Correra; altri hanno chiamato “Crimi-nologia” quello che in effetti è lo studio del delitto, e hanno dato risalto a que-sto aspetto del tema nella trattazione pratica e teorica della casistica medico-legale.
Ma le tesi del Lombroso, che appaiono tramontate, non sono tuttavia estinte, e occasionalmente c’è modo di riparlarne. A me pare che, sia pure raramente nel tempo e nello spazio, ci si debba ancora soffermare su questo grandissimo scienziato, che ebbe i suoi difetti e i suoi limiti. Se esaminiamo la storia della criminologia, ora come ora, troviamo in Lombroso le tesi del pazzo morale, di persona cioè che non aveva interiore conoscenza di ciò che è bene e di ciò che è male, e comunque non gliene importava. Il DSM IV chiama questa patologia Disturbo Antisociale di Personalità, intesa come “quadro caratterizzato da inosservanza e violazione dei diritti degli altri”, una patologia che si profila come dannosa contro gli altri e ininfluente per l’autore. Il Disturbo Borderline di Personalità raccoglie anch’esso autori di danni contro altri. Esistono, e sono rare, lesioni dell’encefalo che si traducono in azioni compulsive per le quali non esistono spiegazioni. E occasionalmente in alcuni schizofrenici compaiono atti lesivi, che sono più comprensibili, sia pure nell’ottica della patologia. Dunque, Lombroso non era privo di tracce costruendo la sua eziologia del delitto, se queste valgono ancora oggi. A tutto questo, dobbiamo aggiungere quelle condotte che si sono alterate a seguito dell’apprendimento, e che non sono innate, ma sono cresciute con la persona e con la sua educazione.


Capitolo 46- la mafia
Il Parlamento italiano ha istituito, nel tempo, ben otto commissioni parlamen-tari anti-mafia. L’attuale commissione è presieduta dall’onorevole Pisanu, ed è dotata di compiti simili alle precedenti(Legge 4 agosto 2008, n. 132, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 192 del 18 agosto 2008) XVI Legislatura). La legge prevede che qualsiasi organizzazione mafiosa possa essere coinvolta. Questa commissione, composta di 25 deputati e 25 senatori, ha una serie di compiti, puntualmente elencati contro la criminalità organizzata. Si veda qui www.parlamento.it/.../paginabicamerali.htm - Copia cache - Simili.
www.homolaicus.com/storia/.../mafia.htm - Copia cache - Simili
Storicamente, la prima organizzazione è appunto la mafia, che ha cominciato a farsi strada con l’Unità d’Italia, espandendosi sempre più nel territorio siciliano. Il Governo fascista ha tentato di limitarne l’influsso, per opera del Prefetto Mori, il quale raggiunse notevoli risultati. Dopo la guerra, i mafiosi tornarono in Sicilia, e si inserirono a vari livelli nell’organizzazione del territorio, fin tanto che numerose zone furono di fatto governate da strutture mafiose. A ciò ha fatto seguito una organizzazione criminosa che consente attualmente di prelevare, in alcune zone, dei fondi che servono ad alimentare la mafia.
Attualmente, quindi, la mafia ha diffusamente infiltrato la Sicilia, ma anche ha diffuso lo stile criminoso in numerose zone degli Stati Uniti, segnatamente nel-le grandi città.
Al momento, benché il Governo italiano non dia molti elementi valutativi, la mafia appare in difficoltà, e la popolazione siciliana sembra essere meno passiva. Anche i classici temi dell’organizzazione dell’eroina e del lavoro edilizio non dichiarato sembrano in ribasso.

Capitolo 47 – la ‘ndrangheta

La 'ndrangheta è oggi una delle organizzazioni criminali più potenti. Non priva di rapporti con uomini politici e servizi segreti deviati, è meno esposta, rispetto a Cosa Nostra, alle infiltrazioni esterne ed al fenomeno del pentitismo, ma soprattutto ha ramificazioni in mezzo mondo.
Secondo una recente relazione della Direzione Investigativa Antimafia, in Calabria conta 155 cosche e circa 6.000 affiliati. Il rapporto tra affiliati ai clan e popolazione è del 2,7%.
La 'ndrangheta rispetto a Cosa Nostra ha una struttura a sviluppo orizzontale. Ogni famiglia ha il pieno controllo del territorio sui cui opera. La cosca si fonda in larghissima misura su una famiglia di sangue ed i vincoli parentali tra le varie famiglie vengono rinsaldati con matrimoni incrociati. Essendo tutti parenti, è difficile trovare pentiti. La 'ndrangheta, in provincia di Reggio Calabria, si è dotata di un organismo (Santa), di cui farebbero parte i rappresentanti delle famiglie più importanti. Rigidissima è la gerarchia all'interno di ogni famiglia.
I traffici principali della ‘ndrangheta sono il traffico d’armi, il traffico di droga e l’estorsione. E’ in calo il sequestro di persona.
I gradi nella gerarchia di ogni cosca vanno dal picciotto, esecutore di ordini, ai camorristi, dotati già di una struttura dirigenziale, e infine ai gradi apicali (santista, vangelista, quintino).
Un'ulteriore figura tipica della 'ndrangheta è quella della "sorella d'omertà" che è affidata ad una donna, la quale ha il compito di dare assistenza ai latitanti. Oggi, le donne, come hanno accertato le più recenti indagini sulle principali cosche calabresi, vigilano sull'andamento delle estorsioni, riscuotono le tangenti, sono intestatarie di beni appartenenti al sodalizio e curano i rapporti con i latitanti e con l'esterno del carcere.

Capitolo 48- la camorra

La camorra durava, come organizzazione di piccoli gruppi criminali, da alcuni secoli. Inizialmente, si fondò la Bella Società Riformata nel 1820. Cominciò con l’organizzazione del pizzo e poi con le estorsioni. Questa società fu sciolta nel 1915, anche per l’esito del processo viterbese Cuocolo. In epoca fascista, la camorra restò in sordina, ma riemerse dopo la guerra, con il contrabbando delle sigarette.
Negli anni settanta, dal carcere di Poggioreale, nel quale è rinchiuso per omicidio, Raffaele Cutolo inizia a realizzare il suo progetto: ristrutturare la Camorra come organizzazione gerarchica in senso mafioso, sfruttando il nuovo business della droga; nasce così la Nuova Camorra Organizzata (N.C.O.). Le vecchie famiglie si riuniscono e riescono a sconfiggerla. Attualmente la Camorra si presenta come un'organizzazione di tipo orizzontale (con varie bande territoriali più o meno in lotta tra loro) non verticistica.
La Camorra è attualmente considerata una delle maggiori piaghe del meridione d'Italia, al tempo stesso causa ed effetto di gran parte dei problemi socio-economici della Campania. Il suo potere, dovuto anche ad appoggi di tipo politico, le consente il controllo delle più rilevanti attività economiche locali, in particolare modo nella provincia di Napoli. Oggi la Camorra conta migliaia di affiliati divisi in oltre 200 famiglie attive in tutta la Campania. Sono segnalati insediamenti della Camorra anche all'estero, specie in Europa. Numerose sono le frizioni e gli scontri tra le decine di gruppi che si contendono le aree di maggiore interesse.
Nella provincia, numerosi sono i comuni in mano ai gruppi camorristici, non solo per quanto riguarda i campi "classici" nei quali opera un clan mafioso (estorsioni, usura, traffico di droga), ma anche per quanto riguarda le amministrazioni comunali e le decisioni politiche. Una delle zone più soggette al potere camorristico è il comprensorio vesuviano. Nelle altre province della regione, l'unica provincia che eguaglia Napoli per influenza della Camorra sul territorio è sicuramente Caserta, in mano al gruppo dei Casalesi, un cartello criminale di portata internazionale (come riferito dalle ultime relazioni di DIA e DDA di Caserta e Napoli).
La Camorra, attualmente, è organizzata in modo pulviscolare con un insieme di famiglie, pare siano 236 tra città e provincia, che si uniscono e si dividono con grande facilità.
Secondo recenti dati forniti dall'Eurispes, sembra che la Camorra guadagni:
• 7.230 milioni di euro all'anno dal traffico di droga
• 2.582 milioni da crimini legati all'imprenditoria (appalti truccati, riciclag-gio del denaro sporco, ecc.)
• 258 milioni dalla prostituzione
• 2.066 milioni dal traffico di armi (il primato in questo campo va alla Ca-morra)
• 362 milioni dall'estorsione e dall'usura.
Il giro d'affari complessivo delle famiglie napoletane si aggira intorno a 12 miliardi e mezzo l'anno.
A questo elenco va ora aggiunto lo smaltimento illegale dei rifiuti, sia industriali che urbani, attività estremamente lucrosa che alcuni ritengono stia conducendo verso il progressivo degrado ambientale di vaste zone di campagna nelle province di Napoli e Caserta, in primo luogo.

Capitolo 49- sacra corona unita
Fondata da una trentina d’anni dalla ‘ndrangheta calabrese, sottoposta anche a controllo militare, appare ora difficilmente distinguibile dalla malavita pugliese. Non ha mai assunto il ruolo di una organizzazione, ed appare alquanto indebolita.

Capitolo 50- altre mafie
Giappone - Traffico di droga (anfetamine), gioco d'azzardo e riciclaggio del denaro sporco sono le voci più ricche del bilancio della Yakuza. Altre attività nella quale questa organizzazione è coinvolta sono il mercato del sesso (prostituzione, pornografia), quello cinematografico, il traffico di armi, l'usura, l'estorsione. Importantissimo è il capitolo dedicato agli investimenti ( va detto che il riciclaggio del denaro sporco in Giappone non è punito dalla legge). Oggi le maggiori entrate della Yakuza provengono dalle attività lecite avviate con i proventi dei vari traffici.
Messico - Al confine con gli Stati Uniti, prosperano numerose organizzazioni, dedite all’ esportazione di metamfetamina, di cocaina, di eroina, di canapa indiana. L’attività sussidiaria è rappresentata dalla corruzione di funzionari messicani. Nella parte sud del confine, sono molto numerosi gli omicidi di donne. Il passaggio della droga avviene attraverso gli immigranti negli Stati Uniti e con spedizioni per via aerea.
Stati Uniti - A New York e nei pressi, dominano alcune famiglie mafiose (Genovese, Lucchese, Gambino, Colombo, ecc.), che hanno una generica e variegata attività criminale, tra cui anche l’organizzazione locale del traffico di stupefacenti. Al confine con il Messico, da cui si diffonde poi nell’ovest e nel sud degli Stati Uniti, prevale l’importazione di droga.

Capitolo 51- Italia
Il nostro Paese ha conosciuto una variegata diversificazione dall’epoca del fascismo, al dopoguerra e all’epoca attuale.
Nel periodo fascista, la mano pesante del governo ha limitato di molto le manifestazioni criminali, in particolare nel Sud. La guerra, in particolare per la diffusione delle armi conservate da molti, ha permesso la diffusione di uccisioni per vendetta. Ma la comparsa di sostanze stupefacenti è sempre stata limitata a singoli fatti, finché, verso la fine degli anni sessanta, ha fatto rapidamente la sua comparsa la canapa indiana. Chi scrive è perfettamente al corrente dei raccolti di canapa nostrana, che servivano per la confezione di sacchi ad uso semi- industriale. Questa forma di attività agricola è rapidamente terminata, e sostituita in pochi anni dalla canapa per uso voluttuario. Entro breve tempo, la canapa indiana è stata accompagnata dalla eroina, fin dai primi anni settanta. La vendita dell’eroina, sicuramente la sostanza più pericolosa, è andata rapidamente crescendo, con più di un migliaio di morti all’anno, e con decine di migliaia di dipendenti. Le fonti dell’eroina erano rappresentate dall’Asia, e in particolare da Paesi produttori come genericamente l’Indocina, e dall’America meridionale. La raffinazione della morfina avveniva anche in Italia. Successivamente, si è aggiunta la cocaina, che ha superato il mercato dell’eroina. Ora cocaina ed eroina si dividono i consumatori, con la cocaina in crescita e l’eroina in calo. Si sono aggiunte nuove sostanze, meno pericolose ma pur sempre idonee a cagionare la morte, come le metamfetamine, l’estasi, e altre. La canape rimane di uso relativamente abituale, specie fra i più giovani. Il consumo di alcool appare in crescita.
Le fonti della cocaina sono l’America del Sud, dell’eroina l’Asia Sud- orientale, della canape l’Africa e l’Europa, dei farmaci ancora l’Europa.

Capitolo 52- Governi mafiosi
E’ difficile pensare che qualche Paese decida di dotarsi di un Governo “mafioso”, ma è invece facile pensare che qualche Governo decida di costituirsi in qualche cosa che è autorizzato solo da qualcuno che ha deciso così.
E’ difficile pensare che si possano costituire governi, partendo da piccoli gruppi di persone, ognuno dei quali abbia i mezzi non solo per formare un governo ma anche per tenerlo in vita.
Più semplice è pensare che si possa costituire in governo aperto, che a poco a poco viene infiltrato. Ne abbiamo esempi anche nazionali, di non molti anni fa. In varie parti del mondo si possono occasionalmente incontrare governi che sono l’espressione di una èlite di pochi, che tuttavia riescono a prevalere, come in alcuni paesi del centro- e sud- America. Siamo scarsamente coscienti di quel che può accadere in Africa, o nelle zone arabe, africane ed asiatiche.
Questo non significa che un governo di pochi debba necessariamente corrispondere ad un governo di malfattori, significa solo che è più facile governare. Né è detto che un governo di pochi corrisponda obbligatoriamente ad un governo mafioso. Di certo, da più parti ci vengono esempi di come governi di poche persone, tutte legate insieme, possano essere in grado di gestire la vita di quel paese. Ne abbiamo avuto noi stessi un esempio nella prima metà del secolo XX. Ne abbiamo ora vari esempi in Africa e in America del Sud, che, con il tempo, possono trasformarsi o scomparire. E non è detto che tali paesi siano amministrati peggio di altri.

Capitolo 53- criminologia italiana
Chi abbia una certa età, e possieda un computer, non può non aver notato la proliferazione di mappe criminologiche quasi in ogni università. Per lo più si tratta di mappe non ufficiali in università non ufficiali, dotate di insegnamenti non ufficiali. Ma che tuttavia, e a caro prezzo, distribuiscono diplomi di qualificazione in questo ambito. Oltre a queste università, che forniscono il nome, ve ne sono altre, autonominatesi o nominate da ignoti paesini, che forniscono una giustificazione didattica. Raramente passa giorno senza che si possa scoprire una nuova sede, per la quale è stato scomodato un Magnifico Rettore, trovato un palazzo in disuso, nominati alcuni generosi docenti. Capita anche, ma assai più raramente, che alcune tra queste sedi debbano essere chiuse. Altre si presentano come “università telematiche”, per le quali è previsto soltanto l’impiego di un click.
A fronte di tutto questo, vi sono alcune università che legittimamente, in quanto dotate di sedi, argomenti, insegnanti e quant’altro, riescono a varare dei corsi di insegnamento che hanno il loro prestigio, ed altre ancora che da molti anni possiedono rari docenti ed ancor più rare strutture.
Noi vediamo sorgere corsi di criminologia, dotati di programmi annuali biennali triennali, provvisti di corpo insegnante, dotati anche di sede, ma così numerosi da rendere in pratica non attuali le prospettive di una attività lavorativa: quel che è certo, è che la situazione attuale non consente l’impegno lavorativo di tanti criminologi, se non in modo del tutto saltuario.
Occorre pur dire, tuttavia, che l’aumento rilevante dell’aspetto culturale, che queste modalità d’azione comportano, può facilitare i procedimenti. Ma questo ancora non abbiamo visto.

Capitolo 54- interpretazione del crimine

L’interpretazione del crimine è un qualcosa di molto complesso. Pensiamo dapprima solo all’Italia. Troviamo, partendo dall’omicidio, che vi è stato un grande calo numerico negli ultimi 10- 15 anni, e che gli autori italiani di questo delitto sono sempre meno numerosi mentre più numerosi stanno diventando gli immigrati stranieri; inoltre, specie in talune fasce d’età, senza dubbio alcuno sono più riconoscibili gli elementi stranieri che gli elementi nazionali. Di contro, gli altri reati, anche gravi, non variano sensibilmente. La spiegazione potrebbe essere facile, dato che l’immigrazione straniera è fatta per lo più di giovani, dell’età compresa nella fascia in cui è più facile trovare soggetti disposti a delinquere. Anche le rapine nelle abitazioni possono avere queste spiegazioni. Se poi guardiamo i numeri dei detenuti, ormai poco manca al pareggio tra detenuti stranieri e detenuti italiani. Anche se, occorre pur dirlo, è molto più facile per gli italiani essere rimessi in libertà e molto più difficile per gli stranieri conoscere i modi ed avere il denaro per ottenere lo stesso scopo, ed essere colpevoli di immigrazione clandestina magari senza sapere il perché.
La spiegazione è la stessa che aveva l’emigrazione stabile italiana in America e il lavoro annuale in Europa, e cioè la possibilità di ricavare un reddito da una situazione assolutamente difficile.
Possiamo anche domandarci come si possa pensare di avere un reddito in un paese sovrappopolato come il nostro, dotato di strutture sociali complesse, costituito da una larga fetta di persone anziane o molto anziane e bisognose d’assistenza. La spiegazione è una sola, sostituire tali persone con i nuovi giunti. Personalmente mi aspetto, entro una o due generazioni (25- 50 anni), che i nostri immigrati ottengano il voto politico e la rappresentanza, e di conseguenza anche la base per la cittadinanza.
Quel che avverrà negli altri Paesi europei è difficile immaginare, ma ci si aspetta più o meno che avvenga lo stesso.

Capitolo 55- criminalità e disturbi mentali
E’ opinione abbastanza diffusa che il delitto sia più frequente nelle persone mentalmente disturbate. Tuttavia, è opinione degli psichiatri che la malattia mentale non comporti un aumento della condotta criminosa dei malati di mente. Se pensiamo che la schizofrenia è, in Europa, a livello dell’1-2% della popolazione, dovremo pensare ad un aumento spaventoso dei delitti contro la persona, il che non è. A maggior ragione, dovremo cumulare tutte le altre situazioni patologiche che comportano un aumento delle malattie mentali. Ma anche questo non fa superare, per l’omicidio, i limiti che sono stati indicati. In realtà, non succede quasi mai che vi siano delitti contro la persona assolutamente immotivati, e questo accade quando l’autore sia persona che non ha scrupolo alcuno ad ucciderne un’altra, che non abbia cioè alcun possibile rimorso. E questo succede nei disturbi antisociali di personalità.
Il disturbo antisociale di personalità è costituito da due componenti principali, la prima consiste nella presenza del disturbo della condotta prima dei 15 anni di età, e la seconda è caratterizzata dal protrarsi di queste modalità di comportamento nell'età adulta. Tra i principali sintomi del disturbo della condotta figurano le assenze da scuola, le fughe da casa, le frequenti menzogne, i furti, l'appiccare incendi e la distruzione deliberata delle proprietà altrui. L'adulto con una personalità antisociale manifesta un comportamento antisociale e irresponsabile, sotto forma di incapacità di sostenere un'attività lavorativa continuativa, di infrazioni della legge, irritabilità e aggressività fisica, inadempienza ai debiti e azioni sconsiderate.
Questo disturbo, che può essere molto grave, non rientra fra i disturbi del capire e del volere, e quasi mai è riconosciuto come tale. Rientra invece tra i disturbi della condotta, cosicché il paziente in genere risponde pienamente delle proprie azioni.
Sono ancora più rari i disturbi che si manifestano con turbe del comportamento, e che interessano bambini. E’ l'autismo, che viene considerato dalla comunità scientifica internazionale un disturbo pervasivo dello sviluppo che si manifesta entro il terzo anno di età con gravi deficit nelle aree della comunicazione (turbe qualitative e quantitative del linguaggio), dell’interazione sociale (turbe qualitative e quantitative delle capacità relazionali, con tendenza evidente all’isolamento), dell’immaginazione (uso inappropriato e stereotipato di oggetti) e con problemi di comportamento (auto ed etero aggressività, iperattività fisica accentuata, ipersensibilità alle variazioni dell’ambiente circostante o delle figure di riferimento affettivo); e, pur accompagnandosi ad un aspetto fisico normale, perdura per tutta la vita.


Capitolo 56- criminalità e schizofrenia
La schizofrenia è malattia molto diffusa, e raramente riconosciuta come tale.
Essa compromette tutti gli aspetti della vita del soggetto, coinvolgendo anche il nucleo familiare.
La schizofrenia compare in età adolescenziale o giovanile: tra i 17 e i 30 anni negli uomini, più tardi (20-40 anni) nelle donne. Si riscontra in tutte le classi sociali, senza distinzione di sesso, razza, territorio. Senza dubbio i fattori più importanti sono quelli genetici.
Nella schizofrenia vengono identificati vari sottotipi:
- paranoide, il soggetto presenta rilevanti deliri o allucinazioni in un contesto di funzioni cognitive ed affettività preservate;
- tipo disorganizzato, il soggetto presenta un eloquio ed un comportamento di-sorganizzato;
- tipo catatonico, la cui manifestazione essenziale è un notevole disturbo psi-comotorio che può comportare l’arresto motorio;
- tipo indifferenziato e tipo residuo.
I sintomi positivi, o produttivi, comprendono: deliri, allucinazioni e disturbi del pensiero. I sintomi negativi invece comprendono: apatia, appiattimento affettivo, deficit nella produttività e fluidità dell’eloquio, perdita d’iniziativa, povertà ideativa, difficoltà a mantenere l’attenzione.
Distorsione della realtà: vivendo in un mondo che può apparire contorto, mu-tevole e privo di quei punti di riferimento affidabili, un individuo schizofrenico può sentirsi ansioso e confuso. Questa persona può sembrare distante, rigida come una statua, senza muoversi per ore, o può girare attorno senza fermarsi.
Allucinazioni: un individuo schizofrenico può percepire cose che in realtà non esistono, come udire voci che gli dicono di fare alcune cose, vedere persone o cose che in realtà non esistono, o sentire dita invisibili che toccano il suo corpo. Queste allucinazioni possono anche incutere timore. Udire voci che gli altri non sentono è il più comune tipo di allucinazione schizofrenica.
Deliri: I deliri sono false convinzioni, che sfuggono alla ragione o all'evidenza critica e non fanno parte della cultura della persona. Sono comuni sintomi di schizofrenia e possono toccare ad esempio temi come la persecuzione, la grandezza, ecc.
I deliri di persecuzione, che sono comuni nella schizofrenia paranoide , sono costituiti da convinzioni false ed irrazionali, come ad esempio l'idea che qual-cuno lo sta ingannando, tormentando o cospirando contro di lui o che un membro della famiglia o di un altro gruppo sia l'obiettivo della persecuzione immaginaria.
Disturbi del pensiero: La persona può essere incapace di ordinare i pensieri in una sequenza logica, ed i pensieri possono diventare disordinati e frammentari, con un continuo e confuso passaggio da un argomento all'altro.
Comportamento emotivo: Gli ammalati di schizofrenia mostrano emozioni che contrastano col proprio pensiero o discorso. Per esempio uno schizofrenico può dire di essere perseguitato dal demonio e poi ridere. Ciò è dovuto ad una grave riduzione nella capacità di esprimere emozioni. Alcune persone con sintomi di schizofrenia mostrano anche stati di estrema euforia o depressione.
Normale o anormale: A volte anche individui normali possono sentire, pensare o agire in modo schizofrenico. Ma anche molte persone schizofreniche spesso pensano, sentono ed agiscono in modo normale. Ci sono certi aspetti di questo mondo che non sono condivisi dagli altri e che sembrano non avere una base reale. Sentire delle voci o avvertimenti che nessun altro può sentire non è una esperienza comune alla maggior parte della gente ed è chiaramente una distorsione della realtà, ma è solo una distorsione di una parte della realtà. Una persona schizofrenica può perciò apparire del tutto normale per la maggior parte del tempo.
Un soggetto schizofrenico può diventare pericoloso durante le fasi più acute della malattia.

Capitolo 57- criminalità e disturbo bipolare

La malattia è difficilmente identificata, però è assai diffusa (intorno a 1%- 1,7%). Si inizia intorno a 17 anni, e si caratterizza per l’alternanza tra fase maniacale e fase depressiva, di varia durata (qualche settimana).
Il disturbo bipolare (psicosi maniaco depressiva) è un disturbo mentale carat-terizzato da oscillazioni insolite del tono dell’umore e della capacità di funzio-namento della persona. Il disturbo bipolare è caratterizzato dall’alternanza di uno stato depressivo e uno maniacale (o ipomaniacale). Il disturbo bipolare può essere curato. Questa malattia è totalmente compatibile con una vita normale e produttiva, ma le cure durano per tutta la vita. Nella gran parte dei casi la malattia non viene riconosciuta facilmente.
I sintomi della depressione sono molto noti e conosciuti: umore basso, sensa-zione di fatica e scarso senso soggettivo di energia, sensazione di non farcela nelle attività quotidiane, peggioramento dei sintomi tipicamente al risveglio, idee di morte, mancanza di speranza, inappetenza, ridotto desiderio sessuale, difficoltà a concentrarsi e a prestare attenzione, irritabilità.
La mania, invece, si manifesta in modo abbastanza eclatante, anche se con gradazioni diverse. I sintomi: umore elevato espansivo percepito dagli altri come inusuale, comportamenti molto disinibiti, eccessivo buon umore eufori-co, estrema irritabilità, abuso di droghe (cocaina, alcool e farmaci). L’ipomania, infine, è uno stato alterato dell’umore meno intenso rispetto allo stato maniacale.
Comunemente si distinguono due forme di disturbo bipolare:il disturbo bipolare di tipo I, caratterizzato da episodi depressivi e episodi maniacali, e il disturbo bipolare di tipo II, caratterizzato da episodi depressivi e episodi ipomaniacali.
A volte, gli episodi severi di mania o di depressione includono i sintomi psicotici (allucinazioni, e deliri). I sintomi psicotici nel disordine bipolare tendono a riflettere la fase dell'umore. Alcuni pazienti con disturbo bipolare, inoltre, possono mettere in atto dei tentativi di suicidio.
E’ possibile che una persona soffra di depressione senza fasi di eccitamento; tale tipo di depressione è definita depressione monopolare o depressione maggiore.
La ricerca è concorde per una ipotesi multifattoriale nella genesi della malattia, e particolarmente importanti sono i fattori genetici.
Le manifestazioni del disturbo bipolare sono severe, ma è possibile raggiungere un ottimo livello di stabilizzazione della malattia. La terapia consente una vita pressoché normale, ma è bene che sia prolungata per tutta la vita (litio carbonato, valproato, carbamazepina, ecc.).

Capitolo 58- criminalità e delirio
Per sindrome cerebrale organica si intende una affezione psichica causata o associata a compromissione delle funzioni del tessuto cerebrale. E a sua volta questa distingue tra forma psicotica e forma non psicotica.
Le principali cause del delirio sono traumi, avvelenamenti acuti, disturbi del metabolismo, abuso di farmaci.
Il delirio si riconosce per il disturbo di coscienza; il disorientamento; i disturbi dell’affettività e dell’umore; lo stato confusionale; il comportamento inadegua-to.
Il trauma cranico rappresenta la causa più frequente di stato delirante confu-sionale, e può causare vari gradi di disturbo mentale. Il disturbo psicotico può durare a lungo, esso segue l’andamento del focolaio lesionale encefalico e mi-gliora eventualmente con esso.
Nei bambini, la febbre alta (sopra i 40°) è in genere causa di delirio.
Nell’età adulta il delirio può insorgere in una serie di affezioni. L’intossicazione da farmaci (alcool, belladonna, ecc.), la sottrazione di farmaci (alcool, narcotici, barbiturici), l’epilessia, tumori cerebrali, varie malattie generali, possono essere causa di delirio. Nell’epilessia psicomotoria e in altre malattie del lobo temporale possono verificarsi casi di violenza patologica, anche di omicidio nella fase acuta.
Vi sono però anche casi di delirio lucido e bene strutturato, che non compro-mettono la personalità del soggetto. Ricordo il delirio amoroso, il delirio di grandezza, quello di gelosia, quello di persecuzione, quello di querela. Talvolta può accadere l’evenienza di qualche reato.

Capitolo 59- criminalità e demenza
Le demenze sono usualmente prodotte da lesioni irreversibili, di natura vasco-lare, con andamento progressivo. Di solito interessa gli anziani. Dà luogo a grave deterioramento mentale per atrofia diffusa del cervello. Una sindrome affine è data dalla malattia di Alzheimer e dalla malattia di Pick. Cause note possono essere l’intossicazione alcolica cronica, tossicomanie, carenze vitaminiche, tumori cerebrali, ematoma subdurale, sifilide ecc.
I disturbi sono progressivi, avendosi dapprima l’alterazione della memoria per i fatti recenti, seguita a breve dalla riduzione e perdita delle caratteristiche di personalità, della capacità di apprendere e del potere critico e creativo.
L’entità della perdita di parenchima cerebrale e la sua distribuzione sono fattori determinanti del grado di demenza, mentre la normale sub- atrofia cerebrale dell’anziano non implica necessariamente la demenza.
La demenza senile non si accompagna di solito con manifestazioni aggressive.

Capitolo 60- criminalità e alcool
A) L'ubriachezza come reato. L'ubriachezza in luogo pubblico o aperto al pubblico e l'indebita somministrazione delle bevande alcoliche sono previste dal Codice Penale come reati contravvenzionali.
B) Gli articoli di interesse sono gli artt. 686-691 C.P. Art. 686 - Fabbricazione o commercio abusivi di liquori o droghe, o di sostanze destinate alla loro composizione. Art. 687 - Consumo di bevande alcooliche in tempo di vendita non consentita. Art. 688 – Ubriachezza. Il reato di ubriachezza si ha quando la persona si trova in luogo pubblico o aperto al pubblico ed è colta in manifesto stato di ubriachezza, ossia l'alterazione provocata dall'assunzione di alcol deve essere chiaramente rilevabile da chiunque. E’ indifferente se l'ubriachezza è volontaria o attribuibile a colpa. Art. 689 - Somministrazione di bevande alcooliche a minori o a infermi di mente. L'esercente un'osteria o un altro pubblico spazio di cibi o di bevande, il quale somministra, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, bevande alcooliche a un minore degli anni sedici, o a persona che appaia affetta da malattia di mente, o che si trovi in manifeste condizioni di deficienza psichica a causa di un'altra infermità , è punito con l'arresto fino a un anno. Se dal fatto deriva l'ubriachezza, la pena è aumentata. La condanna importa la sospensione dall'esercizio. Art. 690 - Determinazione in altri dello stato di ubriachezza. Art. 691 - Somministrazione di bevande alcooliche a persona in stato di manifesta ubriachezza.
C) Conseguenze dello stato di ubriachezza sull'imputabilità della persona. Vedi Imputabilità . Art. 91 - Ubriachezza derivata da caso fortuito o da forza maggiore. Art. 92 - Ubriachezza volontaria o colposa ovvero preordinata. Art. 94 - Ubriachezza abituale. Agli effetti della legge penale, è considerato ubriaco abituale chi è dedito all'uso di bevande alcoliche e in stato frequente di ubriachezza. Art. 95 - Cronica intossicazione da alcool o da sostanze stupefacenti. Per i fatti commessi in stato di cronica intossicazione prodotta da alcool ovvero da sostanze stupefacenti, si applicano le disposizioni contenute negli articoli 88 e 89.
D) Misure penali ed amministrative nei confronti di imputati e rei dediti all'ubriachezza. Il Codice Penale prevede misure contro chi ha commesso reati in stato di ubriachezza o sono ubriachi abituali ovvero si trovano in stato di intossicazione da alcol. Art. 206 - Applicazione provvisoria delle misure di sicurezza. Art. 215 Specie [di misure di sicurezza]. Art. 221 - Ubriachi abituali. Art. 234 - Divieto di frequentare osterie e pubblici spacci di bevande alcoliche.
E) Contravvenzioni al Codice della Strada derivanti dallo stato d'ebbrezza. Il Codice della Strada prevede il divieto di guidare in stato di ebbrezza. Per "ebbrezza alcolica" si considerano gli stati di alterazione psicofisica, dovuti ad assunzione di alcol, che superi il valore di 0.5 grammi di alcool per litro di san-gue.
F) Casi in cui un reato è aggravato se commesso contro una persona in stato di ubriachezza. Art. 579 - Omicidio del consenziente. Art. 609 bis - Violenza sessuale. La pena è aumentata se la violenza sessuale è commessa con l’uso di bevande alcoliche.
G) Casi in cui le sostanze alcoliche sono espressamente previste come mezzo per compiere un delitto. Art. 613. Stato di incapacità procurato mediante violenza. Chiunque, mediante suggestione ipnotica o in veglia o mediante somministrazione di sostanze alcoliche o stupefacenti, o con qualsiasi altro mezzo, pone una persona, senza il consenso di lei, in stato d'incapacità d'intendere o di volere, è punito con la reclusione fino a un anno.

Capitolo 61- criminalità e stupefacenti
E’ stupefacente una sostanza che produce alterazioni dello stato di coscienza, di tipo euforico o stuporoso, e una dipendenza, che può essere fisica (alterato stato biologico) e psichica (alterato stato psichico e comportamentale). Gli stupefacenti possono dare assuefazione e tolleranza(capacità dell'organismo di sopportare dosi gradualmente più elevate di droga). Gli stupefacenti si dividono in stimolanti, narcotici, allucinogeni (psicodislettici). Alcuni narcotici e stimolanti sono prescrivibili, dietro speciale ricettazione, a scopo terapeutico.
Stimolanti
Sono sostanze in grado di stimolare il sistema nervoso centrale, alcune adoperate a scopi terapeutici (amfetamina, metilfenidato) ed altre attualmente prive di qualsiasi uso in medicina (cocaina,). Producono in genere rapida assuefazione psichica ed inducono, a lungo termine, alterazioni psicotiche del comportamento.
Narcotici
Sono generalmente gli oppiacei, sostanze dotate di proprietà analgesiche e sedative. Rientrano in questa categoria la morfina ed i suoi derivati (eroina) e gli oppiacei di sintesi (fentanyl, buprenorfina). Inducono dipendenza fisica e psichica con compulsività , assuefazione psicofisica, con reazioni di sospensione anche gravi (sindrome di astinenza). La dipendenza fisica è abbastanza facilmente superabile; la dipendenza psichica richiede lenti e complessi interventi terapeutici.
Allucinogeni
Inducono profonde alterazioni dello stato di coscienza, con delirio, allucinazioni, dispercezioni, depersonalizzazione. Appartengono a questa categoria la dietilamide dell'acido lisergico (LSD), l'MDMA, il DMT, la psilocibina, la mescalina. Non danno assuefazione né dipendenza.
Voci correlate
• Droga
• D.P.R. n. 309/1990, Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza
Secondo quando riportato nella Relazione annuale del Parlamento, nel 2009 i consumatori di sostanze stupefacenti sono diminuiti del 25,7% rispetto all'anno precedente. Nel 2008 erano 3.934.450, nel 2009 2.924.500. L'inversione di tendenza è avvenuta grazie alle politiche sul territorio, ai drug test e anche alla ridotta la disponibilità di denaro. In aumento invece il consumo di alcol.
Su circa 67.000 detenuti nelle carceri italiane, il 25% sono tossicodipendenti, eppure l’accesso alle misure alternative o sostitutive interessa solo 1 condannato su 6; 24.371 tossicodipendenti in carcere contro 16.433 tossicodipendenti in comunità nel 2007, 24.646 tossicodipendenti in carcere contro 17.042 tossicodipendenti in comunità nel 2006. Questi dati confermano che in realtà in Italia ci sono molti più drogati in carcere che non nelle comunità terapeutiche.

Capitolo 62 – criminalità e commercio di stupefacenti
Il commercio di stupefacenti in Italia è rimasto fermo fino alla fine degli anni ‘60 del XX secolo. A quell’epoca, cominciò il commercio clandestino della marihuana, seguito entro pochi anni da quello della eroina, e poi da quello della cocaina, mentre quello dell’eroina calava. Attualmente, il più diffuso stupefacente è la cocaina.
A grandi linee, la zona di produzione della cocaina è rappresentata dall’America centrale e meridionale. La cocaina purificata prende quindi la strada dell’America del Nord e dell’Europa. La diffusione della cocaina, rispetto all’eroina, è favorita da una minore pericolosità e da una minore dipendenza.
La zona di produzione dell’eroina è rappresentata da territori alquanto impervi dell’Asia meridionale, dove è coltivato il papavero. Può essere esportata come morfina, e quindi lavorata altrove: la trasformazione della morfina in eroina è facile, è sufficiente diacetilarla, e poi viene mescolata con sostanze di taglio. Il prezzo aumenta più la droga si avvicina ai luoghi del consumo. E’ molto pericolosa, e ha causato migliaia di morti (più di mille all’anno solo in Italia). Ora la mortalità da eroina è molto minore, perché è stata in parte sostituita dalla cocaina.
La produzione della marihuana è molto diffusa, anche in Europa. Nel tempo, sono state selezionate varietà che sono ottime produttrici di tetra-idro-cannabinolo (THC), cosicché il prezzo non è sceso, come è accaduto per quello dell’eroina. Di solito, la marihuana viene fumata, ma vi sono diversi modi di assumerla. Da più parti vi sono tentativi di legalizzarla, perché non dà dipendenza e l’uso può essere smesso con una certa facilità. Di certo, non vi è mai stato un morto da marihuana, ma l’azione sul sistema nervoso centrale è ben nota.
Sono diffusi anche altri stupefacenti, di quasi esclusiva origine industriale e di impiego per così dire sociale, specie nelle feste dei giovani. Sono assai più rare le sostanze, un tempo e raramente anche oggi, usate durante riti religiosi e para- religiosi.

Capitolo 63- Adolescenti e rischio di alcolismo e obesità

Un adolescente su tre è sovrappeso, uno su quattro beve alcol ogni giorno. In Italia a livello generale i consumi di alcol sono diminuiti. Ma, nella fascia d'età fra gli 11 e i 18 anni, la tendenza si inverte rispetto agli adulti e l'abitudine all'alcol risulta in crescita. L'abitudine precoce all'alcol infatti non è la sola «malattia» degli adolescenti italiani. I chili di troppo sono l'altro grande pro-blema. In alcune Regioni italiane gli adolescenti sovrappeso sono addirittura uno su due e gli obesi uno su quattro.

Capitolo 64- disturbi di personalità
Per personalità si intendono i tratti preminenti, tipici e stabili, della persona, che si evidenziano, soprattutto a livello sociale, nelle modalità di comportamento (R. Corsa, in M. Correra e P. Martucci, Elementi di criminologia, 2006).
>Disturbi caratterizzati dal comportamento bizzarro:
Disturbo paranoide di personalità: chi ne soffre tende ad interpretare il comportamento degli altri come malevolo, comportandosi così sempre in modo sospettoso.
Disturbo schizoide di personalità: chi ne soffre non è interessato al contatto con gli altri, preferendo uno stile di vita riservato e distaccato dagli altri.
Disturbo schizotipico di personalità: solitamente è presentato da persone eccentriche nel comportamento, che hanno scarso contatto con la realtà e tendono a dare un'assoluta rilevanza e certezza ad alcune intuizioni magiche.
>Disturbi caratterizzati da un'alta emotività:
Disturbo borderline di personalità: solitamente chi ne soffre presenta una marcata impulsività ed una forte instabilità sia nelle relazioni interpersonali sia nell'idea che ha di sé stesso, oscillando tra posizioni estreme in molti campi della propria vita.
Disturbo istrionico di personalità: chi ne soffre tende a ricercare l'attenzione degli altri, ad essere sempre seduttivo e a manifestare in modo marcato e teatrale le proprie emozioni.
Disturbo narcisistico di personalità: chi ne soffre tende a sentirsi il migliore di tutti, a ricercare l'ammirazione degli altri e a pensare che tutto gli sia dovuto, data l'importanza che si attribuisce.
Disturbo antisociale di personalità: chi ne soffre è una persona che non rispetta in alcun modo le leggi, tende a violare i diritti degli altri, non prova senso di colpa per i crimini commessi.
>Disturbi caratterizzati da una forte ansietà:
Disturbo evitante di personalità: chi ne soffre tende a evitare in modo assoluto le situazioni sociali per la paura dei giudizi negativi degli altri, presentando quindi una marcata timidezza.
Disturbo dipendente di personalità: chi ne soffre presenta un marcato bisogno di essere accudito e seguito da parte degli altri, delegando quindi tutte le proprie decisioni.
Disturbo ossessivo compulsivo di personalità: chi ne soffre presenta una marcata tendenza al perfezionismo ed alla precisione, una forte preoccupazione per l'ordine e per il controllo di ciò che accade.
Tra questi disturbi, molti sono rilevanti per i danni che la persona può apportare a se stessa. Il disturbo antisociale è pericoloso soprattutto per gli altri. Anche il disturbo border line può essere pericoloso per gli altri, perché il soggetto è portato ad agire d’impulso.

Capitolo 65- Violenza sessuale
Le reazioni ad uno stupro sono specifiche a seconda del tipo di violenza. Vi sono studi sugli effetti di un'aggressione sessuale sui bambini; sulle donne; sulle donne durante una guerra; su militari donne; talora su maschi. Un caso a parte è quello della violenza domestica.
Dopo un'aggressione sessuale, la donna può vivere reazioni di diverso genere. Non c'è una risposta univoca al trauma. Alcune donne reagiscono immediatamente, altre dopo molto tempo. Alcune donne rimangono traumatizzate a lungo, altre recuperano prima. Nelle prime fasi, molte donne riferiscono stati di shock, confusione, ansia, ipersensibilità; altre negano l’accaduto.
Nei primi giorni e settimane che seguono l'aggressione, è molto normale per una donna sperimentare emozioni molto intense e talvolta imprevedibili. Il ricordo dell'accaduto può ripresentarsi alla mente a più riprese, e gli incubi non sono rari. Alcune donne riferiscono di avere difficoltà a concentrarsi e a dormire. Altre donne presentano dei sintomi estremamente gravi, che impediscono di chiedere aiuto oppure di parlare dell'accaduto con amici e familiari. (Sindrome acuta da stress)
Altre reazioni ad un'aggressione sessuale possono essere:
depressione grave ; rabbia; senso di vergogna e colpa; problemi sessuali; al-cool e droga (sindrome post-traumatica da stress).
In Italia circa 20 anni fa sono nati numerosi Centri antiviolenza e Case delle donne, istituti finalizzati ad accogliere le donne e aiutarle a superare il trauma subito.

CAPITOLO 66- vittimologia
La Vittimologia è quella branca della Criminologia che ha per oggetto lo studio delle vittima di un crimine, della sua personalità, delle sue caratteristiche biologiche, psicologiche, morali, sociali e culturali, e delle sue relazioni con l’autore del reato, in un ottica di criminogenesi e criminodinamica dell’episodio lesivo. Inoltre, lo studio scientifico delle cause, della natura e degli effetti della vittimizzazione determinata da un comportamento, da un atto o da un’attività criminale, inclusa l’interazione tra la vittima e l’autore e tra le vittime ed il sistema giudiziario penale e la reazione e la risposta sociale, formale ed informale, in termini di supporto, assistenza ed aiuto alle vittime. http://www.crimelist.it/index2.php?option=com_content&do_pdf=1&id=573
Esistono meccanismi d’incontro che rendono possibile l’atto criminoso e quindi il rapporto duale tra vittima e agente. Gullotta individua 2 tipologie di vittime:
• Vittime infungibili che possiedono una relazione intersoggettiva con l’agente, gli incontri tra la coppia sono dati da situazioni come “i vincoli di gruppo” (comunità familiare, religiosa ecc..), “rapporti individuali” (d’amicizia, d’amore ecc..). Rilevanti sono le relazioni di tipo nevrotico (frequenti nelle relazioni familiari), di tipo psico- biologico (attrazione d’individui di genotipo identico o analogo che può favorire incontri apparentemente casuali es. donne legate a delinquenti). Tra le vittime di questo gruppo vi sono quelle per “imprudenza”(es. circolazione stradale), le “volontarie”così dette per via del loro stesso consenso a procacciare il delitto ( es. eutanasia, operazioni di chirurgia plastica), le “vittime alternative” ( sono o vittime o agenti es. duelli, risse), le “provocatrici”vittimizzate in seguito ad una loro precedente condotta (aggressiva, seduttrice).
• Vittime fungibili che non possiedono una relazione con l’agente il quale non ha scelto intenzionalmente quella data vittima. Queste vittime sono “accidentali”perché non solo non hanno nessun rapporto con l’agente, ma non ne hanno neanche favorito la condotta criminale. All’interno di questo gruppo di vittime vi sono le “sbagliate” cioè quelle che subiscono al posto di un altro bersaglio, coinvolte per errore oppure quando sono vittime del risentimento altrui che, non potendo colpire il reale obiettivo, indirizzano l’aggressività sul primo malcapitato. http://www.opsonline.it/printable-758-758.html
Il contributo di Hans von Hentig, considerato a pieno merito come“padre” della disciplina, stimolò il dibattito negli Stati Uniti intorno alla figura della vittima, dando l’avvio al nuovo settore d’indagine ed allo sviluppo di ricerche tese ad approfondire quali fattori, individuali e sociali, espongano la vittima alla vittimizzazione e la possibile prevenzione
http://www.ristretti.it/commenti/2008/novembre/pdf4/arcai_vittime.pdf.

CAPITOLO 67- incidenti del traffico automobilistico
Gli incidenti causati dal traffico automobilistico sono tra le principali cause di morte e di disabilità nel mondo, con una netta diseguaglianza di cifre fra paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo. Più dell' 85% dei morti e oltre il 90% dei casi di disabilità occorsi per incidenti stradali si sono verificati nei paesi in via di sviluppo, e fra le fasce di popolazione più vulnerabili ci sono i bambini.
La tipologia di incidente su strada differisce in modo significativo fra i paesi ad alto e basso reddito e questo deve essere ben chiaro a chi deve sviluppare politiche volte alla prevenzione e al controllo. Mentre nei paesi sviluppati è di molto maggiore il numero di guidatori coinvolti, nei paesi in via di sviluppo sono i pedoni che nelle aree urbane costituiscono sino al 70% dei morti o dei feriti.
Tra luglio e agosto 2009 si è registrato un incremento dell'1% del traffico sulla rete autostradale e un calo di circa l'11% degli incidenti stradali rispetto al 2008. L'esodo estivo 2009, secondo il ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli, l'Anas, la Polizia stradale, Aspi, Aiscat e l'Aci ha avuto un "bilancio positivo". Nel periodo tra luglio e agosto gli incidenti stradali sono calati dell'11% circa rispetto al 2008 e gli incidenti con esodo mortale sono diminuiti del 6,2% e le vittime del'8,9% (55 morti in meno) migliorando un trend positivo che aveva fatto registrare una diminuzione delle vittime del 6,3% rispetto al 2007. Sulla viabilità autostradale si è registrata una diminuzione del 30% delle persone decedute rispetto al 2008.
Miglioramenti rispetto al passato si registrano per gli incidenti stradali. Sono quasi 800 le vite di bambini e adolescenti fino a 19 anni perse in incidenti stradali. In Italia oltre l’80% delle morti per infortunio di bambini e adolescenti è dovuta a incidenti stradali. Nel nostro paese i giovanissimi muoiono spesso come passeggeri di automobili e conducenti di motocicli.
Nonostante tutto, secondo i dati forniti dall’Aci-Istat, c’è stata una diminuzione al novembre 2008 del 27,3% del numero totale di morti per incidenti stradali rispetto al periodo 2000-2007. Questo risultato però raggiunge soltanto poco più della metà dell’obiettivo prefissato dall’Unione Europea che prevede una riduzione del 50% delle vittime nel periodo 2000 fino al 2010.
Gli incidenti stradali in Italia sono la prima causa di morte tra i giovani. Nel 2008, su 4.731 morti per incidente stradale, si sono registrate 449 vittime di età compresa tra 15 e 20 anni, pari al 9,4% del totale dei morti. Impressionanti anche i dati sulle vittime di età compresa tra i 15 e i 20 anni: ben 52 morti giovani.
Nel 2007 (ultimi dati Istat disponibili) si sono verificati in Italia 15.713 incidenti, nei quali hanno perso la vita 352 ciclisti (249 conducenti e 3 trasportati), mentre 14.535 sono rimasti feriti. Fra le vittime 289 sono maschi (82%) e 63 le femmine (18%).
Rispetto al 2005 la mortalità è aumentata dell'11%, i feriti del 16,5%: la percentuale dei ciclisti fra le vittime della strada è passata dal 5,3% del 2004 al 6,9% nel 2007, quella dei feriti è passata dal 3,7 al 4,5%.
I bambini da 0-14 anni che hanno perso la vita con la bici nel 2007 sono stati 12 (11 maschi e 1 femmina), due nella fascia fino a 5 anni (di cui uno trasportato), uno in quella che va da 6 a 9. Nell'età da 10 a 14 anni si conta il numero più alto in assoluto fra i bambini: 9 vittime. Le vittime fra gli over 65 sono state 170 (141 maschi e 29 femmine), pari al 48%.
Le regioni che contano più vittime sono Lombardia, Emilia Romagna e Veneto, quelle di tradizione ciclistica e con più pianura.
Bilancio positivo sulle strade italiane nel 2009: gli incidenti (110.476) sono diminuiti del 9,4 per cento, i morti (2.521) del 15 per cento e i feriti (80.095) del 9 per cento. I dati dal 1° gennaio al 27 dicembre 2009 (.pdf 41 Kb) sono quelli raccolti da Polizia stradale e Arma dei carabinieri che, nel corso dell'anno, hanno effettuato più di 4 milioni e mezzo di pattuglie di vigilanza, contestando quasi 3 milioni di infrazioni.
L'intensificazione dei controlli ha portato al ritiro di ben 98.136 patenti, di 118.057 carte di circolazione e al sequestro di 6.130 veicoli di cui 5.523 per guida in stato di ebbrezza con tasso alcolemico superiore a 1.5 grammi per litro e le restanti 607 per guida sotto effetto di droga. Consentitemi un commento mio: il numero dei controlli è troppo scarso, soprattutto riguardo all’alcool e alla droga.

CAPITOLO 68- distrazione alla guida
Un morto per infortuni ogni 2 minuti. Ue, incidenti in casa e tempo libero
Cala invece la mortalità in seguito ad infortuni stradali. 15 mld all'anno spesi per i ricoveri.
La distrazione alla guida e' il primo fattore di incidentalità stradale. E' quanto emerso da un'indagine IPSOS secondo cui il 51% degli italiani intervistati ha ammesso di aver avuto un incidente stradale dovuto alla distrazione.
La ricerca chiamata 'Gli italiani al volante. La distrazione alla guida tra realtà e percezione', e' stata presentata dalla Fondazione Ania per la Sicurezza Strada-le, la Onlus delle Compagnie di assicurazione, in occasione del lancio della campagna di comunicazione 'Pensa a guidare'.
Nel 2008 sulle strade italiane si sono verificati oltre 3 milioni e mezzo di inci-denti e i 2/3 sono stati causati da errate condotte di guida. Fra le principali cause ci sono la distrazione (54%) e il mancato rispetto del codice della strada (19%). L'utilizzo del PC (90%), mangiare o bere (82%), fumare (60%), ma anche parlare al cellulare (50%), digitare un SMS (76%) o comporre un numero telefonico (45%) sono le attività più pericolose alla guida indicate dagli italiani. Queste azioni, unite a quella di cambiare la stazione della radio, di interagire con il navigatore o di inserire un cd nel lettore portano ad un netto calo (50%) dei tempi di reazione e ad un livello di attenzione simile a quello di chi guida con 0,8 g/l di alcol nel sangue
03 gennaio 2010, ansa.it/web/notizie/rubriche/mondo/2010/01/02/...
ROMA - Ogni anno nell'Unione europea circa sette milioni di persone sono ricoverate in ospedale e 35 milioni giungono in pronto soccorso a causa di traumi o avvelenamenti conseguenti a incidente (soprattutto incidenti domestici o legati al tempo libero) o violenza: il che corrisponde ad una vittima per infortuni ogni due minuti. Il dato, pubblicato sul sito dell'Istituto superiore di sanità (Iss), è contenuto nel Rapporto europeo 'Injury Database 2009 Eurosafe'. L'associazione europea per la prevenzione degli infortuni e la promozione della sicurezza e la rete del sistema europeo di sorveglianza degli incidenti 'Injury DataBase' (IDB), supportati dalla Commissione Europea, presentano infatti il rapporto 2009 'Infortuni nell'Unione Europea, contenente i dati rilevati dal sistema nel periodo 2005-07. L'Iss, coordinatore per l'Italia dell'IDB, ha reso disponibile sul proprio sito il rapporto, da cui emergono alcuni importanti risultati.
Dai dati, rileva l'Iss, emerge che i gruppi di popolazione a maggior rischio di incidente sono i bambini, gli adolescenti, gli anziani e gli utenti deboli della strada quali pedoni e ciclisti.
- un morto ogni due minuti in Europa per infortuni: Dal rapporto emerge che nell'Ue ogni due minuti una persona muore per infortunio, per un totale di circa 250.000 morti per infortunio ogni anno.
- 15 mld l'anno per ospedalizzazione: Ogni anno un ammontare di almeno 15 miliardi di euro viene speso nell'Unione per il solo trattamento ospedaliero dei ricoverati per infortunio. Tre quarti degli infortuni avvengono per incidente domestico e del tempo libero.
- diminuiscono incidenti stradali: L'andamento della mortalità per infortuni stradali risulta particolarmente in diminuzione negli ultimi anni, e questo soprattutto grazie allo specifico programma comunitario del contrasto di questi eventi in corso di attuazione in tutti i paesi dell'Unione. Analoga riduzione si osserva nelle morti per incidente sul lavoro. Per gli infortuni domestici e del tempo libero il trend presenta invece una modesta riduzione, indice di una "tuttora difficile capacità di controllo del fenomeno". Ad oggi circa 350.000 accessi all'anno in pronto soccorso ospedaliero vengono registrati.


CAPITOLO 69 - il ritardo mentale

La classificazione dell’OMS si basava su 5 categorie di ritardo mentale:
• Soggetti borderline: con QI compreso fra 70 e 80 e con capacità intellettive ai limiti della normalità
• Ritardati mentali lievi: con QI compreso fra 50 e 70, e ritenuti educabili oltre che inseribili in contesti lavorativi
• Ritardati mentali di medio grado: con QI compreso fra 30 e 50 definiti “ad-destrabili” ed in grado di raggiungere un certo grado di autonomia
• Ritardati mentali gravi: con QI compreso fra 20 e 30 che vanno sempre aiutati e risultano costantemente dipendenti dall’ambiente umano
• Ritardati mentali gravissimi o profondi: con QI inferiore a 20 che necessitano di sorveglianza continua
Il ritardo mentale, così come attualmente inteso, risulta dall'insieme dei deficit dello sviluppo cognitivo e socio-relazionale. Viene definito dalla compresenza di un quoziente intellettivo inferiore a 70, e due o più problemi adattativi insorti entro i 18 anni di età.
La quarta edizione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali ha sostituito con il termine ritardo mentale i precedenti lemmi, in uso per indicare questa malattia, ossia quelli di oligofrenia, frenastenia, ipofrenia, insufficienza mentale ed imbecillità.
Questi i diversi gradi di ritardo intellettivo:
 lieve (85% dei casi), QI da 50-55 a 70
 moderato (10%), QI da 35-40 a 50-55
 grave (3-4%), QI da 20-25 a 35-40
 gravissimo (1-2%), QI inferiore 20-25.
Solitamente sono distinguibili in:
 Cause prenatali: anomalie genetiche, malformazioni cerebrali, disordini metabolici.
 Cause perinatali: insufficienza placentare, prematurità, complicanze in itinere nella gravidanza o nel parto.
 Cause postnatali: traumi, infezioni o disordini neurodegenerativi
Non risulta che il ritardato mentale compia molti reati, ma, ed eventualmente, che ne sia vittima.

Capitolo 70 – Stranieri 2007
Nel 1988 la percentuale di stranieri sul totale dei denunciati per omicidio con-sumato al Nord è stata poco meno che doppia di quella che si registrava al Sud. All’inizio del nuovo secolo la forbice si è ulteriormente allargata e nel tri-ennio 2004/2006 la quota di stranieri sul totale dei denunciati al Nord supera di quasi 4 volte quella al Sud sia nel caso degli omicidi consumati che di quelli tentati.
La crescita assai più elevata al Nord rispetto al Sud fa sì che nelle regioni set-tentrionali oltre un denunciato per omicidio su tre sia straniero, contro poco più di uno su dieci al Sud. In parte questa differenza può essere ricondotta a fattori demografici. La quota di stranieri sul totale della popolazione nelle regioni Centrosettentrionali è molto più elevata che in quelle meridionali.
Nel 1992 l’incidenza della popolazione straniera era poco più che doppia al Nord che al Sud, mentre nel 2005 è quadrupla. Infatti la crescita assai mode-sta di popolazione straniera nelle regioni meridionali ed insulari è associata a una crescita piuttosto marcata dell’incidenza di stranieri sul totale degli autori di omicidio tentato e consumato nel resto del territorio.
Un detenuto su tre nelle carceri italiane è straniero (APCOM, Diario del Web 18 ottobre 2009): su 65 mila persone ospitate nei penitenziari della penisola, 24 mila sono cittadini stranieri (il 37%). Oggi abbiamo in Italia 65.000 detenuti: ben 24mila (il 37% del totale) sono stranieri: 4.333 sono i comunitari detenuti (3.953 gli uomini e 380 donne) mentre quelli extracomunitari sono ben 19.666 (18.827 uomini e 839 donne). In alcuni Istituti la percentuale di presenza di detenuti stranieri è davvero altissima: nella Casa Circondariale di Padova sono l'83%, al Don Soria di Alessandria il 72% come a Brescia, mentre nella sarda Is Arenas Arbus sono il 73%. E buona parte dei penitenziari del Nord hanno una presenza varia che oscilla tra il 60 ed il 70%. Numerose sono le dimostrazioni di autolesionismo. Le motivazioni messe in evidenza sono varie: esasperazione, disagio (che si acuisce in condizioni di sovraffollamento), impatto con la natura difficile e spesso violenta del carcere, insofferenza per le lentezze burocratiche, convinzione che i propri diritti non siano rispettati, voglia di uscire anche per pochi giorni, anche solo per ricevere delle cure mediche. Si chiede dunque al Governo di recuperare il tempo perso su questa significativa criticità penitenziaria e di avviare rapidamente le trattative con i Paesi esteri da cui provengono i detenuti - a partire da Romania, Tunisia, Marocco, Algeria, Albania, Nigeria - affinché scontino la pena nei Paesi d'origine. Questo, oltre a mettere un freno ad una grave emergenza, potrebbe rivelarsi un buon affare anche per le casse dello Stato, con risparmi di centinaia di milioni di euro, nonché per la sicurezza dei cittadini. Un detenuto costa infatti in media circa 300 euro al giorno allo Stato italiano.

Capitolo 71 - interpretazione del crimine
Che cosa si debba intendere con “crimine” è nozione abbastanza diffusa, e si ritiene che un crimine sia scritto in un libro dove si ritiene che una certa azione od omissione sia tale, e per questo solo fatto debba essere punita.
Si ritiene anche che il crimine sia descritto nel codice penale e nelle leggi spe-ciali, e che chiunque infranga quelle norme sia un criminale, cioè colui che ha compiuto un crimine.
Naturalmente una definizione di questo tipo è genericamente univoca, ma codici penali e leggi speciali sono differenti nei vari Paesi. Per esempio, un particolare reato può essere presente in un certo Paese, ma non in un altro, e le pene previste dalla legge possono essere differenti da un Paese all’altro. Ci fu, è vero, un tentativo di creare un codice penale eguale nel mondo, ma rimase lettera morta, e si allude all’opera di Enrico Ferri, che non ebbe seguito, se non in Argentina. Nondimeno, la tendenza a costruire un codice penale e leggi speciali esiste, per quanto riguarda almeno i Paesi simili al nostro, e ciò è tanto più vero dopo la costruzione, peraltro ancora incompleta, della Comunità europea. Dovremo dunque trascurare l’idea generosa, ma per ora non attuale, di un Codice penale europeo, al quale inevitabilmente si dovrà giungere, e limitarci a quelli che sono comunemente ritenuti reati o ad essi assimilabili.
Tra questi, senza dubbio vi è l’omicidio, cioè l’uccisione di un uomo, distinto a seconda delle circostanze quanto alla classificazione e alla pena. Tra i secondi vi è l’appropriazione di cose appartenenti ad un altro, e cioè il furto, anch’esso distinto ancor più del precedente. Ci sono centinaia di altri reati, variamente descritti nei codici penali e nelle leggi speciali e variamente considerati quanto alla pena, di cui ci limiteremo a considerarne alcuni, all’occorrenza.

Capitolo 72- omicidio
Mi sono sempre stupito della scomparsa della guerra tra questi crimini, perché la guerra significa la distruzione delle forze nemiche attraverso l’uccisione dei suoi soldati. E’ comunque un dato che si riscontra in tutti i testi di criminologia, dove l’omicidio di guerra non è mai incluso. Bisogna tuttavia ricordare che, durante il successivo trattato di pace, più volte si è cercato di eliminare lo sconfitto nel tentativo di evitare una nuova guerra. Basterà ricordare Vercingetorige, fatto uccidere da Cesare al termine degli otto anni di guerra in Gallia, e il processo di Norimberga al termine della IIa Guerra mondiale con i numerosi capi nazisti che furono condannati a morte e giustiziati. Tantomeno furono giustiziati i soldati che furono invece onorati per aver ucciso molti nemici. Vero è tuttavia che furono puniti o uccisi quei soldati che si resero responsabili di atti contro il nemico senza l’ordine superiore.
Le questioni di guerra, dunque, possono considerarsi come delitti solo in alcune particolari circostanze, ma, in generale, questo campo rimane escluso dai testi di criminologia.
Le questioni del dopo- guerra, in particolare in Italia e in Francia, misero in e-videnza le differenze tra un gruppo e l’altro, e ci furono numerosi casi di ucci-sioni tra gli sconfitti, anche ufficialmente. Ci furono anche processi e condanne. Ma anche questo rimase al di fuori dei testi di criminologia.
In numerosi Paesi, come l’Unione Sovietica e l’Indocina, e altri come la Spa-gna, ci furono condanne a morte e guerre civili, per le quali mai si parlò di crimini o di criminologia, e alla fine ci si domanda se si sia trattato di guerre non dichiarate.
Anche questi fatti, dunque, tendono a ridurre l’interesse per la criminologia, che rimane un problema della pace, non della guerra, e un ambito dei rapporti internazionali e non dei rapporti privati.
Si può dunque concludere affermando che la criminologia concerne i rapporti privati e non i rapporti tra popoli o assimilati.

Capitolo 73- omicidio in Italia
L’omicidio in Italia concerne la casistica che ricade sotto i termini di omicidio doloso, preterintenzionale e colposo. In genere, tali qualificazioni derivano da una sentenza del Giudice (Corte d’Assise nei primi due casi, Tribunale nel terzo caso), o della Corte d’Appello. Vi sono inoltre alcune specificazioni, come l’omicidio del consenziente, che comportano una pena minore.
L’omicidio doloso si ha quando l’omicidio sia compiuto con dolo, sia cioè voluto ed eventualmente premeditato. L’omicidio è preterintenzionale quando esso avviene, ma non era voluto, come si deduce dai mezzi impiegati per ledere la persona. L’omicidio colposo si ha quando un atteggiamento improntato ad una condotta colposa ma non dolosa è la causa della morte, l’omicidio cioè non era voluto.
L’omicidio doloso è in diminuzione, ed è pressoché stabile da alcuni anni intor-no a 500 casi all’anno. L’omicidio preterintenzionale è costituito di pochi casi, che sono in gran parte subito evidenti. Anche l’omicidio colposo è in diminuzione, sia che si tratti di incidenti stradali o di errori medici, o di infortuni sul lavoro.
Occorre precisare che buona parte degli omicidi dolosi sono dovuti alla criminalità organizzata, tra cui la Mafia, i cui numeri stanno diminuendo, mentre la Camorra e soprattutto la ‘Ndrangheta sono abbastanza stabili, pur in espansione. Quanto agli infortuni sul lavoro, non sembra che, nonostante gli sforzi compiuti, ci sia una consistente riduzione degli infortuni mortali.

Capitolo 74 - lesioni alla persona
Secondo il codice penale, tre sono essenzialmente gli articoli che contemplano le lesioni personale dolose e le lesioni personali colpose. Le lesioni personali comportano diverse situazioni, che vanno dalla durata della malattia all’esistenza di postumi permanenti, e altro, indipendentemente se esse siano dolose o colpose. Le lesioni dolose sono l’equivalente minore dell’omicidio vo-lontario, mentre le lesioni colpose attengono principalmente agli incidenti stra-dali, agli infortuni sul lavoro, agli errori in medicina.
Quanto al numero, incidenti stradali ed infortuni sul lavoro sono in leggero ca-lo, mentre per gli errori medici è in pratica molto difficile stabilire se vi sia stata una colpa, e dunque se davvero si sia trattato di una lesione colposa.
In tutti e tre i casi che debbono essere considerati, è difficile stabilire se e quanto vi sia di colpa negli avvenimenti, e spesso non è possibile determinare quanto di colpa vi sia dall’una e dall’altra parte.
Ma è proprio su questo punto che dobbiamo cogliere un aspetto molto impor-tante, e cioè di chi sia la colpa degli eventi.

Capitolo 75- omicidi e lesioni
E dunque, sia che si tratti di omicidio sia che si tratti di lesioni, è praticamente d’obbligo che la parte lesa sia considerata vittima dell’azione dell’altro che l’ha colpita. Ma naturalmente non è vero, così come non è vero in assoluto che colui che ha inferto delle lesioni, o la morte, debba essere considerato il responsabile di quella morte. Non è la vittima che determina il grado della colpa dell’autore, ma sono le caratteristiche del comportamento di entrambe le parti. Vero è, tuttavia, che colui che subisce le lesioni maggiori è considerato la vittima dell’evento.
L’uso del computer aiuta molto chi legge e chi scrive di criminologia, e facilita il ragionamento con l’aiuto dei numeri.

Capitolo 76 - i numeri
03/12/2009 - ROMA - In calo gli omicidi volontari in Italia: sono stati 611 nel 2008, 20 in meno rispetto al 2007 (-3,1%). Il maggior numero di casi (171) è avvenuto in famiglia, mentre la criminalità comune (135 morti) ha ucciso più delle mafie (128). Sono i dati del rapporto Eures-Ansa sull´omicidio volontario in Italia. Nel corso dell´anno sono stati 293 i giorni segnati da uno o più omici-di, mentre soltanto 72 quelli che non hanno registrato nuove vittime.
Il calo di omicidi è dovuto alla netta flessione registrata in Campania (da 153 a 111); il fenomeno è invece risultato in forte aumento al Centro (da 80 a 97) e, più lievemente, al Nord (da 187 a 194). Proprio la Campania è ancora la regione col maggior numero di morti, in termini assoluti, seguita dalla Lombardia (80) e dalla Calabria (76). Ma, considerando gli omicidi ogni 100mila abitanti, la Calabria é la regione più a rischio (3,8), seguita dalla Sardegna e dalla Campania (1,9). Nel 2008 è stato di sesso maschile il 75% delle vittime di omicidio (464), mentre le donne uccise sono state 147. Il killer é stato un uomo nel 92% dei casi.
Nel 2008 sono stati 147 gli stranieri uccisi in Italia (pari ad un quarto delle vit-time totali di omicidio). Si tratta del valore più elevato degli ultimi 15 anni.
(Metropolis Web, 31.10.2010)

Capitolo 77 -omicidi e lesioni colposi
La Gazzetta Ufficiale N. 173 del 25 Luglio 2008 pubblica la L. 24 luglio 2008, n. 125 di "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica".
La legge è entrata in vigore dal 26 luglio 2008 (il giorno dopo la pubblicazione sulla G.U.) e modifica gli articoli 589 e 590 c.p., aumentando le pene previste per le aggravanti (anche di inosservanza di norme prevenzionistiche in materia di lavoro) in caso di omicidio colposo ed introducendo nuove aggravanti in caso di lesioni colpose.
Ecco i testi degli Articoli 589 e 590 del codice penale, come risultanti a seguito delle modifiche operate dalla Legge 125/2008:
"Art. 589. Omicidio colposo.
Chiunque cagiona per colpa la morte di una persona è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni. Se il fatto è commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena è della reclusione da due a sette anni.
Si applica la pena della reclusione da tre a dieci anni se il fatto è commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale da:
soggetto in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell'articolo 186, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni;
soggetto sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope."
"Art. 590. Lesioni personali colpose.
Chiunque cagiona ad altri per colpa una lesione personale è punito con la re-clusione fino a tre mesi o con la multa fino a euro 309.
Se la lesione è grave la pena è della reclusione da uno a sei mesi o della multa da euro 123 a euro 619, se è gravissima, della reclusione da tre mesi a due anni o della multa da euro 309 a euro 1.239.
Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena per le lesioni gravi è della reclusione da tre mesi a un anno o della multa da euro 500 a euro 2.000 e la pena per le lesioni gravissime è della reclusione da uno a tre anni.
Nei casi di violazione delle norme sulla circolazione stradale, se il fatto è com-messo da soggetto in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell'articolo 186, com-ma 2, lettera c), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, ovvero da soggetto sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psi-cotrope, la pena per le lesioni gravi è della reclusione da sei mesi a due anni e la pena per le lesioni gravissime è della reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni.
Nel caso di lesioni di più persone si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse, aumentata fino al triplo; ma la pena della reclusione non può superare gli anni cinque. Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo nei casi previsti nel primo e secondo capoverso, limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale."
È stato poi aggiunto l'art. 590-bis (Computo delle circostanze): "Quando ricor-re la circostanza di cui all'articolo 589, terzo comma, ovvero quella di cui all'articolo 590, terzo comma, ultimo periodo, le concorrenti circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 114, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni si operano sulla quantità di pena determinata ai sensi delle predette circostanze aggravanti".

CAPITOLO 78- OMICIDI IN CASA
www.apcom.net/.../20100511_142310_3bb701a_88151.html
Italia prima in Ue per omicidi in casa
Roma, 11 mag. (Apcom) - Spetta all'Italia il triste record di essere prima nazione in Europa per omicidi in famiglia. In Italia si consuma un omicidio in famiglia in media ogni 2 giorni, 2 ore, 20 minuti e 41 secondi: e troppo spesso sono le donne a pagare la violenza dei mariti, soprattutto in caso di divorzi o separazioni, o i bambini quella di madri cadute in depressione. Il movente è passionale nel 25,9% degli omicidi, seguono contrasti personali nel 21,8% dei casi, i disturbi psichici nel 16,15% dei casi, le liti per l'assegnazione della casa coniugale nel 15% dei casi, le ragioni economiche (assegni di mantenimento o restituzioni di somme) nell'8% dei casi. L'Ami, associazione matrimonialisti italiani, spiega che nel nostro paese l'omicidio 'tra le mura domestiche' ha sempre più spesso un movente legato a fattori economici e soprattutto all'assegnazione della casa coniugale, che oggi sta diventando il vero 'pomo della discordia', ancor di più di quello dell'affidamento e della gestione dei figli. Le nuove povertà prodotte dalla separazione e la lunghezza insopportabile dei processi sono altre ragioni che contribuiscono a determinare le stragi familiari. Una spaventosa escalation destinata ad aumentare in proporzione all'aumento di separazioni e divorzi. I dati parlano chiaro: nel 30% dei casi le separazioni sono accompagnate da reati intrafamiliari, molti dei quali sfociano successivamente in gesti estremi. I maschi italiani, a differenza della stragrande maggioranza dei cittadini stranieri, vedono nella separazione una vergogna o un affronto, molte volte da lavare con il sangue. I reati intrafamiliari (maltrattamenti e abusi) nel 60% dei casi sono prescritti o, quando vi è condanna, viene inflitta al colpevole una pena del tutto simbolica. Tragedie che spesso avrebbero potuto essere evitate: nel 65% dei casi di omicidio o strage in famiglia, infatti, vi erano stati già pericolosi segnali di violenza o minacce, negligentemente sottovalutate da chi di dovere.

CAPITOLO 79- TENDENZE DELLA CRIMINALITA’
www.corriere.it/.../rapporto_viminale_sicurezza.shtml
I dati del Rapporto sulla sicurezza 2006 del Viminale
Omicidi, uno su tre commesso da irregolari
ROMA - Meno omicidi e più rapine. Quasi sette milioni di donne che hanno su-bito violenza fisica e sessuale almeno una volta nella vita (un milione e 150 mila solo nel 2006). Oltre 200 minacce terroristiche esaminate in un anno. E un italiano su 4 che non si sente sicuro quando cammina da solo per strada. È il "Romanzo Criminale" di 40 anni di reati in Italia quello presentato dal ministero dell'Interno. Uno studio che indica, con un taglio sociologico più che statistico, le tendenze della criminalità dal 1968 a oggi. E che parla di un paese in cui gli omicidi in ambito familiare o "passionali" sono più numerosi di quelli di mafia o per rapina; dove più di un terzo delle donne hanno subito maltrattamenti o violenze - in genere dal partner - e dove gli immigrati irregolari sono spesso responsabili di borseggi e rapine. Dal 1968 - anno emblematico, quello della rivolta, 482 mila donne vittime di stupro giovanile in mezzo mondo - gli omicidi sono cresciuti anni dopo anno, per arrivare al picco del 1991 e poi tornare a diminuire, indicano le tabelle del Rapporto voluto dal ministro dell'Interno Giuliano Amato e realizzato dal Viminale con un gruppo di ricercatori guidati dal sociologo Marzio Barbagli. Sedici anni fa, su 1.901 omicidi censiti, oltre 700 furono attribuiti alla criminalità organizzata. Nel 1992, anno in cui scoppiò Tangentopoli, i morti ammazzati erano 1.441, 340 dei quali morti per mano di gruppi criminali. L'anno scorso, i morti erano 621, 192 dei quali, quasi un terzo, all'interno delle famiglie o per motivi di «passioni amorose», indica il rapporto. Non è una cifra da record: nel 2002 erano 211, dicono le statistiche. Ma quel che conta è la tendenza. Per quanto riguarda questo tipo di omicidi, commessi dal 2001 al 2006, «nella maggioranza dei casi è il coniuge, il convivente o il fidanzato maschio ad uccidere la propria compagna». Oppure quando è il maschio a essere vittima, l'autore dell'omicidio è più spesso il padre. E gli omicidi commessi da mafia, camorra, 'ndragheta e altri gruppi? Sono diminuiti ma non spariti, se nel 2006 se ne contavano 126.
VIOLENZA IN FAMIGLIA Se la famiglia sembra essere oggi uno degli ambiti in cui si esercita maggiormente la violenza, sono soprattutto le donne a essere vittime, come dimostrano abbondantemente, e impietosamente, i dati del Vi-minale. Sono 6 milioni 743mila, pari al 31,9% della classe d'età considerata, le donne tra i 16 e i 70 anni che hanno subito almeno una violenza fisica o sessuale nel corso della loro vita», dice il rapporto. Quasi 4 milioni quelle che hanno subito violenze fisiche, un milione in più quelle che hanno denunciato violenze sessuali, e tra loro un milione di donne stuprate. Nel 62,4% dei casi a commettere violenze fisiche è il partner. E la percentuale sale se si tratta di stupri o violenze sessuali.
IMMIGRATI IRREGOLARI COMMETTONO PIU' REATI. Il comportamento criminale di una percentuale significativa di immigrati irregolari e clandestini è uno degli altri punti forti del rapporto. Su tre persone denunciate per omicidio in Italia, una è straniera. E, quasi sempre, è irregolare. Se gli stranieri regolari - 3 milioni a fine 2006 - registrano un "tasso di criminalità" parallelo o più basso di quello dei cittadini italiani, l'incidenza degli irregolari tra denunciati e condannati è invece più forte, soprattutto per certi reati che suscitano maggiore allarme sociale, come i borseggi (70% dei denunciati), rapina o furto in abitazione (51%), rapina in strada (45%), estorsioni (19%). Tra gli irregolari che commettono reati, spiccano soprattutto gli immigrati da Romania, Marocco e Albania. Nella speciale classifica stilata dal ministero, i romeni spiccano per gli omicidi volontari, le violenze sessuali, i furti d'auto, le rapine nei negozi. I marocchini nelle lesioni dolose, nei furti con strappo e nelle estorsioni. Gli albanesi nei furti in casa. Per contrastare la criminalità "made in Romania", una prima soluzione il Viminale sembra averla trovata, con lo scambio di investigatori italiani e romeni per potenziare le indagini. Decisione che ha fruttato, ha detto Amato, centinaia di arresti negli ultimi mesi.
LA PERCEZIONE DEI REATI C'è la criminalità, e poi c'è la percezione della cri-minalità, due dati che non sempre corrispondono e che soprattutto per i politici sono feedback molto importanti. A leggere il rapporto del Viminale si scopre dunque che nonostante diminuzioni o aumenti di certi tipi di reati la percezione degli italiani nei confronti dei "rischio criminalità" in realtà è rimasto piuttosto stabile. Circa il 30% delle famiglie considerano la zona dove abitano a rischio, anche se c'è stato un calo del 2% tra il 1993 (31,2%) e il 2006 (29,2). In compenso, nel Nord-est il timore è cresciuto di più di 10 punti percentuali, soprattutto, ha detto Amato, per la criminalità transfrontaliera.
21 giugno 2007

CAPITOLO 80- OMICIDI IN ITALIA
www.denaro.it/VisArticolo.aspx?IdArt=582650
04-12-2009
Omicidi, Campania in testa
Rapporto Eures: in Italia le uccisioni nel 2008 sono in calo

In calo gli omicidi volontari in Italia: sono stati 611 nel 2008, 20 in meno rispetto al 2007 (-3,1 per cento ). Il maggior numero di casi (171) è avvenuto in famiglia, mentre la criminalità comune (135 morti) ha ucciso più delle mafie (128). Sono i dati del rapporto Eures-Ansa sull'omicidio volontario in Italia. Nel corso dell'anno sono stati 293 i giorni segnati da uno o più omicidi, mentre soltanto 72 quelli che non hanno registrato nuove vittime. Il calo di omicidi è dovuto alla netta flessione registrata in Campania (da 153 a 111); il fenomeno è invece risultato in forte aumento al Centro (da 80 a 97) e, più lievemente, al Nord (da 187 a 194). Ma nonostante la flessione la Campania è ancora la regione col maggior numero di morti, in termini assoluti, seguita dalla Lombardia (80) e dalla Calabria (76).
Considerando invece gli omicidi ogni 100mila abitanti, la Calabria è la regione più a rischio (3,8), seguita dalla Sardegna e dalla Campania (1,9). Nel 2008 è stato di sesso maschile il 75 per cento delle vittime di omicidio (464), mentre le donne uccise sono state 147. Il killer è stato un uomo nel 92 per cento dei casi.
La flessione degli omicidi nel 2008 si deve soltanto alla Campania (dai 153 del 2007 ai 111 dello scorso anno), mentre il fenomeno risulta in forte aumento nelle regioni del Centro (da 80 a 97 casi) e del Nord (da 187 a 194). Il Meridione resta tuttavia l'area a più alto rischio uccisioni, con un indice pari a 1,5 omicidi ogni 100mila abitanti.
In termini relativi la Calabria risulta nettamente la regione a più alto rischio, con 3,8 omicidi ogni 100 mila abitanti, seguita dalla Sardegna e dalla Campania (1,9). In termini assoluti è invece in testa la Campania con 111 omicidi, seguita dalla Lombardia (80).
Con 128 vittime (155 nel 2007) il 2008 è l'anno in cui la criminalità organizzata ha fatto meno vittime negli ultimi 30. Ma è allarme criminalità comune, che ha ucciso 135 volte. Dal 2000 al 2008 l'aumento è stato del 25,7 per cento. Un terzo delle vittime della criminalità comune (45 casi) è stato ucciso nel corso di una rapina o di un furto. I pensionati sono le principali vittime (17 omicidi), seguiti da operai e braccianti (14).
FAMIGLIA KILLER. La famiglia si conferma anche nel 2008 il principale luogo in cui avvengono omicidi (171 casi, il 28 per cento del totale). Dal 2000 (226 omicidi, il record del decennio) ad oggi i numeri sono tuttavia in calo. Quasi la metà di questi delitti avviene nel Nord (78 casi), ma in termini relativi i valori più elevati si registrano in Calabria (14 vittime, pari a 7 per milione di abitanti). In circa un terzo di questi omicidi (56 casi) la vittima è il coniuge-convivente. Nella relazione genitori-figli si consuma un omicidio familiare su quattro (22 genitori uccisi dai figli e 21 figli uccisi dai genitori). Il movente passionale risulta prevalente (in 45 omicidi), seguono litigi e dissapori (40 vittime).
Sono sempre meno i killer che riescono a farla franca. Il 63,8 per cento è stato subito assicurato alla giustizia; era il 55,7 per cento nel 2000. L'autore è scoperto nella quasi totalità dei casi per gli omicidi di prossimità, mentre quelli compiuti dalla criminalità organizzata restano prevalentemente ignoti (81,3 per cento dei casi).

CAPITOLO 81- DISTRIBUZIONE DEGLI OMICIDI
www.napolisport.net/news/?id_news=7045
RAPPORTO SUGLI OMICIDI: CALANO AL SUD, MA AUMENTANO AL CENTRO-NORD.
03.12.2009 autore: Emanuele Germoglio
Secondo il rapporto "L'omicidio volontario in Italia", presentato dall'Eures-Ansa, nell'anno 2008, gli omicidi volontari in Italia sono calati del 3,1%. Que-sto netto miglioramento della percentuale di persone uccise volontariamente lo si deve soprattutto alle regioni meridionali che, rispetto all'anno 2007, sono migliorate del 12,1%. Nel 2007 furono 364 le persone ammazzate nel Sud d'I-talia, mentre nel 2008 la quota è scesa a 320 vittime. Allarme invece per le regioni centrali e settentrionali del Belpaese, che hanno registrato un significativo aumento di morti ammazzati. Al centro c' è stato un peggioramento del 21,3%, con 80 morti nel 2007 e 97 nel 2008. Al Nord, invece, il peggioramento è stato del 3,7% con 187 morti nel 2007 e 194 nel 2008. In totale, le vittime di omicidio in Italia nel 2008 sono state 611, contro le 631 del 2007. Un ulteriore dato significativo che emerge dal rapporto, è che la criminalità comune uccide più della criminalità organizzata. La quota più alta e preoccupante(33,3% pari a 45 omicidi nel 2008), riguarda le persone uccise nel corso di una rapina o di un furto. La regione con il tasso più alto è la Calabria, con 3,8 omicidi ogni 100mila abitanti.
Molte perplessità suscita il fatto che l'abitazione familiare continui ad essere il luogo più ad alto rischio, con 219 vittime, pari al 37,2% del totale negli ultimi 5 anni. In 9 casi su 10 il killer è un uomo, mentre si riduce la percentuale dei killer stranieri. Dal Rapporto emergono altre curiosità. Per esempio, il giorno della settimana più cruento, in percentuale, è il lunedì, mentre quello con me-no omicidi è il mercoledì. Il mese che registra più omicidi è gennaio, con 294 vittime negli ultimi 5 anni. Gli "orari preferiti" dalla criminalità organizzata van-no dalle 18 a mezzanotte, mentre la criminalità comune agisce prevalentemente in orario notturno. La mattina, invece, risulta maggiormente critica per gli omicidi in ambito familiare. ( Fonte: Il Sole 24 Ore)

Capitolo 82- violenza carnale
E’ probabile che questo sia il reato che più di altri si manifesta, anche se vi è un numero oscuro che ha una rilevante consistenza, oltre ad avere situazioni che lo favoriscono. Il delitto di violenza carnale è sempre stato presente nelle nostre cronache giudiziarie, in particolare nel Sud, e solo con l’arrivo di gruppi numerosi di stranieri, prevalentemente maschi giovani senza femmine, ha trovato espressioni numeriche significative. Di contro, l’attuale abitudine delle giovani italiane di avere uno, o più, accompagnatori del luogo facilita da un lato i rapporti con l’emigrazione, ma dall’altro suscita reazioni anche violente. Può apparire significativo che rapporti quasi adolescenziali, fra i 18 e i 20 anni, diventino importanti e portino a lotte fra giovanissimi, talvolta mortali.

Capitolo 83- Società Italiana di Criminologia
La Società Italiana di Criminologia (SIC) è un'associazione scientifica costituita in Roma il 18 febbraio 1957.
Obiettivi della Società sono promozione e coordinamento degli studi sulle cause e sulla prevenzione del crimine, sul trattamento del delinquente, sul sostegno alle vittime, sulla reazione sociale ai comportamenti devianti, nonché all'acquisizione e al perfezionamento dei mezzi scientifici per l'attuazione di una adeguata politica criminale, efficace e rispettosa dei diritti dell'uomo.
La Società si propone anche l'obiettivo di facilitare la collaborazione e il con-fronto tra diversi gruppi di ricerca organizzando congressi, seminari di studio, corsi e conferenze su tematiche relative alla criminalità e al controllo sociale, mantenendo rapporti con associazioni nazionali ed internazionali del settore al fine di diffondere gli studi criminologici e i risultati conseguiti.
Lo statuto della SIC è del 1985, e si trova qui:
http://www.criminologiaitaliana.it/index.php?page=statuto
La Società si propone le seguenti finalità:
promuovere e coordinare gli studi sulle cause e sulla prevenzione del delitto, nonché sul trattamento del delinquente; acquisire, perfezionare ed apprestare i mezzi scientifici per l'attuazione di una idonea politica criminale; mantenere rapporti con le Associazioni nazionali ed estere, aventi con essa finalità comuni, provvedendo, altresì, alla diffusione degli studi criminologici e dei risultati, in quest'ambito, conseguiti;
La Società svolge la propria attività scientifica e pratica mediante: organizza-zione e partecipazione a congressi internazionali e nazionali, a corsi e a confe-renze; organizzazione di studi ed inchieste su temi proposti dal Consiglio Diret-tivo; pubblicazione di contributi scientifici di particolare interesse sull'organo ufficiale della Società.
La Società possiede il Giornale Italiano di Criminologia, dell’Editore Giuffrè. Allo stesso indirizzo si trova anche la raccolta bibliografica degli ultimi anni.

Capitolo 84 - la criminologia

La criminologia è la scienza che studia i reati, gli autori, le vittime, i tipi di condotta criminale (e la conseguente reazione sociale) e le forme possibili di controllo e prevenzione. È una disciplina sia teorica che empirica, sia descrittiva che esplicativa, sia normativa che fattuale.
Attualmente la criminologia si configura come una scienza multidisciplinare ed interdisciplinare che ricorre preferenzialmente ad un approccio multifattoriale. Non c'è infatti un'unica causa universale dell'agire criminoso, bensì una costel-lazione mutevole di possibili variabili causali. Queste andrebbero valutate caso per caso nello specifico contesto sociale sotto il profilo della criminogenesi e della criminodinamica. L'idea dominante è quella della Nuova Difesa Sociale: è giusto che la società si difenda dalle condotte criminali ma è imperativo il massimo rispetto dei principi dello stato di diritto, puntando al pieno reintegro nella società per chi ha commesso dei reati. Ciò è possibile attraverso opportuni trattamenti durante il periodo detentivo e soprattutto favorendo il ricorso a misure alternative alla detenzione (ad es. semilibertà, liberazione anticipata, detenzione domiciliare, affidamento in prova al servizio sociale) e programmi di recupero.
Dal punto di vista descrittivo, la criminologia si occupa sia della fenomenologia dei principali delitti, sia delle possibili classificazioni dei reati, degli autori dei reati (tipologie di autori: imputabili e non imputabili, primari e recidivi, eccete-ra), dei moventi sottostanti ai reati medesimi (stati emotivi e passionali, mo-venti di lucro, moventi di vendetta, eccetera).
L'analisi fenomenologica della criminalità ha evidenziato, ad esempio, che la tendenza all'agire criminale è molto più frequente (circa dieci volte di più) nei maschi che nelle femmine, e si concentra nelle fasce giovanili di età, dai 20 ai 35 anni soprattutto.
Sono state proposte molte teorie per spiegare i fenomeni criminali. Esse si possono dividere in teorie biologiche, teorie psicologiche, teorie sociologiche.
La tendenza della criminologia contemporanea procede verso l'integrazione di più teorie particolari (biologiche, psicologiche o sociali) in teorie multifattoriali che cercano di interpretare il comportamento criminoso secondo più parametri esplicativi e a livelli diversi di lettura.
Ma, come si vedrà, questo non basta.

Capitolo 85 - la criminalistica
La criminalistica altro non è se non l’applicazione pratica di tecniche impiegate per risolvere problemi. Di solito, un buon manuale di medicina legale è suffi-ciente, almeno per lo studio. Tuttavia, può accadere la necessità di avere sot-tomano un testo di criminalistica, e allora mi permetto di citare la tesi della dott.ssa Guerzoni, che puoi scaricare da qui. Il testo è ampio (circa 250 pagi-ne) e corretto, ci sono fotografie originali ottenute dalla Polizia Scientifica, e, per quanto risulta, è il primo testo completo di criminalistica. Studia questo te-sto. www.istituto-meme.it/pdf/tesi/guerzoni-2008.pdf
La criminalistica consiste nell’ottenere informazioni su un fatto di criminalità attraverso alcune prove adatte a chiarire alcuni fatti. Ce ne sono molte, e anch’io ne ho inventate alcune, che funzionano. Non puoi mai pensare di conoscerle tutte. Per usarle, devi avere a disposizione un laboratorio molto attrezzato. Il che rappresenta un altro discorso. Ci sono a disposizione i Carabinieri (RIS) e la Polizia, e poi alcuni istituti universitari.

Capitolo 86 -le scienze forensi
Le scienze forensi non sono altro che l'applicazione di un ampio spettro di di-scipline scientifiche al campo della legge. Una definizione semplice e per lo più condivisa dalla comunità internazionale, pur con qualche storica eccezio-ne,come quella di Edmond Locard (1877-1966 ) e Paul Kirk (1902- 1970), i quali ritenevano piuttosto che le scienze forensi fossero le "scienze della com-parazione". In ogni caso, sono moltissime le discipline che fanno parte della grande famiglia delle scienze forensi, sinteticamente tratteggiate da James e Nordbye (2006).
• Antropologia forense: l'applicazione dei metodi e delle teorie antropologiche,in prima istanza l'autonomia,la tafonomia, l'archeologia, per la risoluzione di pro-blemi medico legali.
• Archeologia forense: l'applicazione dei metodi dell'archeologia per il recupero dei resti umani e l'interpretazione delle loro associazioni spaziali.
• Entomologia forense: lo studio degli insetti in rapporto ai fenomeni trasforma-tivi di un cadavere.
• Odontologia forense: l'applicazione delle competenze odontologiche in campo legale, generalmente ai fini della identificazione.
• Patologia forense: specializzazione della medicina che si occupa di investigare le cause delle lesioni, e ancora dei tempi,dei mezzi e della maniera della morte.
• Psicologia e psichiatria forense: le scienze della mente in rapporto alla legge: dalla testimonianza alle cause psichiche del comportamento criminale,alla pre-senza di disturbi che possono incidere sulla responsabilità personale.
• Tafonomia forense: lo studio dei fenomeni post-mortali e il loro rapporto con il contesto ambientale.
• Tossicologia forense: lo studio delle droghe e dei veleni,il cui utilizzo può com-portare una responsabilità personale.
A queste discipline vanno aggiunte molte altre,come la biologia e la genetica forense , con l'analisi del dna, oppure il recente settore del digital forensic , dove le tracce, le prove di un crimine sono virtuali. E ancora abbiamo la bota-nica, la palinologia ,la zoologia e la geologia forensi.
Il termine " scienze forensi" e' cosi vasto da ricomprendere, per molti, anche la stessa criminologia , scienza multidisciplinare e interdisciplinare che indaga << i fatti criminosi e i loro aspetti fenomenologici,le variazioni nel tempo e nei luoghi,le condizioni sociali ed economiche che ne favoriscono la diffusione e le modificazioni; come pure studia gli autori dei delitti,con le loro caratteristiche psicologiche o psicopatologiche e con i fattori ambientali e situazionali che sono in gioco nel loro agire;e ancora,il campo di indagine della criminologia comprende i diversi tipi di reazione sociale che il delitto suscita, l'analisi delle conseguenze esercitate dal crimine sulle vittime e degli interventi in loro favore, i ruoli eventualmente da questi giocati nella genesi del delitto; infine, più estensivamente ,la criminologia si occupa del fenomeno della devianza anche nelle sue manifestazioni non delittuose >>
Un'altra disciplina che afferisce alle scienze forensi, di cui talvolta e' considerata erroneamente un sinonimo, è la criminalistica, l'applicazione delle scienze fisiche alle investigazioni criminali, il cui regno e' rappresentato dalle stanze del laboratorio forense.
Nel 1963 la California Association of Criminalistic ne ha formulato una defini-zione più ampia, successivamente accolta dalla American Academy of Forensic Science: la criminalistica e' quella professione e disciplina scientifica che mira al riconoscimento, all'identificazione, all'individuazione e alla valutazione delle prove fisiche attraverso l'applicazione delle scienze naturali al campo delle materie legali.
(Ho preso questo testo da tibetano 1264, e desidero ringraziarlo per la preci-sione descrittiva. Trovi l’opera di tibetano 1264 in lescienzecriminologicheinvestigativeforensi.myblog.it/introduzioni-di-criminologia )

Capitolo 87- SCIENZE FORENSI (segue)
Le scienze forensi comprendono quelle scienze che trovano applicazione forense, per la soluzione di casi pratici giudiziari. In questo ambito rientrano anche la medicina,la patologia, ecc., ma il termine è di fatto riservato ad alcune scienze, che trovi elencate più sotto. Non trovi gli aspetti tecnici, perché ciascuna scienza forense è in realtà una professione differente, né trovi la tossicologia forense (benché scienza forense a tutti gli effetti). La genetica forense ha assunto negli ultimi anni, nel mondo ed anche in Italia, un grande sviluppo, mentre le altre scienze hanno, in Italia, uno sviluppo molto minore.
http://web.utk.edu/~anthrop/ questo è il sito di antropologia dell’Università del Tennessee a Knoxville. Vai a Forensic Anthropology.
http://www.research.missouri.edu/entomology/ questo è il sito di entomologia forense dell’Università del Missouri.
http://www.firearmsid.com/new_index.htm questo sito per la balistica.
http://www.fbi.gov/hq/lab/fsc/backissu/oct1999/trace.htm questa è la guida dell’ FBI per le fibre tessili.
http://myweb.dal.ca/jvandomm/forensicbotany/ questo sito per la botanica e la palinologia forensi.
http://faculty.ncwc.edu/toconnor/425/425lect05.htm per documenti contestati.
http://www.fbi.gov/hq/lab/handbook/intro8.htm#topglass in questo sito l’FBI ti dà istruzioni circa il modo di raccogliere e spedire campioni da esaminare.
http://www.tufts.edu/vet/forensics/ sapevi che esiste anche la medicina veterinaria forense? Nella mia carriera, molti anni fa, probabilmente compiendo un esercizio abusivo della professione di veterinario, ho effettuato autopsie e analisi tossicologiche su un cavallo, alcuni maiali, parecchi cani da caccia, qualche gatto, qualche scimmia, e perfino su alcuni canarini. Attualmente la veterinaria legale è in espansione (bracconaggio, crudeltà su animali, identificazione, ecc.).
Infine, permettimi di inviarti al sito di Zeno Geradts http://forensic.to/forensic.html, che contiene moltissimi fatti relativi alle Scienze forensi. Grazie, Zeno, per il Tuo impegno e la Tua professionalità.
Capitolo 88 - Il DNA
La identificazione del DNA, sia nell’ambito della ricerca della paternità sia in quello della identificazione di tracce biologiche, ha assunto, fin dalla scoperta di Jeffries nel 1986, un ruolo essenziale in sede forense.
L’importanza dell’identificazione del DNA sta in questo, che ogni uomo ha circa il 99.9% del proprio DNA eguale a quello di ogni altro uomo, ma il restante 0.1%, che non è codificante e cioè non ha alcuna funzione apparente, è differente da persona a persona, cosicché è ammesso che ogni persona, eccetto i gemelli identici, abbia un proprio DNA diverso da qualsiasi altra.
Il Presidente degli Stati Uniti ha approvato un corso on line, dedicato ai professionisti della Giustizia http://forensic.dna.gov/, nella consapevolezza che la conoscenza, anche sommaria, dei principi e delle finalità delle ricerche sul DNA è indispensabile in sede forense.
Questa scienza forense ha già acquisito una propria autonomia, sia dalla medicina legale sia dalla genetica clinica, cosicché buoni genetisti forensi dovrebbero considerarsi solo coloro che praticano questa attività in via esclusiva. Nel nostro Paese i genetisti forensi sono pochi, per lo più appartenenti ai RIS dei Carabinieri e ai Laboratori centrali della Polizia di Stato. Nelle sezioni universitarie di Medicina legale vi possono essere biologi, e forse anche qualche medico, che praticano esclusivamente la genetica forense, mentre tutti, o quasi, i genetisti si ritengono idonei a praticarla.
Le tracce biologiche sono rappresentate da quantità residue di materiale biologico, rinvenute sulla scena di un delitto, su indumenti o sull’arma.
L’analisi delle tracce biologiche si effettua quando occorre stabilire l’identità genetica della traccia stessa con un eventuale indagato o con la vittima del delitto (omicidio, lesioni, violenza sessuale), ma anche per l’identificazione di resti umani (mediante il confronto dell’assetto genotipico dei tessuti biologici rinvenuti con quello dei parenti in linea diretta della vittima), l’identificazione di tessuti fissati in formalina o inclusi in paraffina, ad esempio in casi di “scambio di vetrino”, e attualmente si applica anche nell’identificazione di animali (per esempio, cavalli da corsa), di piante, di pollini.
L’iter diagnostico consta di tre fasi: la diagnosi generica ( natura della traccia) ; la diagnosi specifica, per individuare la specie di appartenenza; ed infine la diagnosi individuale, comune a tutti i substrati biologici. Può tuttavia accadere che venga deposto del DNA senza che sia possibile fare la diagnosi generica e specifica.
Sono lieto di ospitare qui l’autorevole parere del dr Aldo Spinella, della Polizia di Stato, ben noto genetista forense http://www.privacy.it/spinella20020321.html.

Capitolo 89 -ASSICURAZIONI E GENETICA
Ogni rapporto assicurativo si basa sulla probabilità che il rischio, contro il quale ci si voglia assicurare, si realizzi in futuro. Quanto più alta è questa probabilità, tanto maggiore è il premio che la persona, che vuole assicurarsi contro quel rischio, deve pagare.
I progressi della Genetica, realizzatisi negli ultimi anni specialmente sul piano diagnostico, hanno portato a conclusioni che verificano l’aumento del rischio (di malattia, di invalidità, di morte) in un numero di persone che siano portatrici di geni che condizionano l’insorgenza di malattie potenzialmente invalidanti o mortali.
La conseguenza è che le compagnie di assicurazione potrebbero chiedere un accertamento genetico prima di accettare una polizza sulla vita o contro le malattie o contro l’invalidità da malattia, poiché è loro diritto conoscere le condizioni di salute del richiedente per poter stabilire se accettare il rischio ed a quali condizioni economiche.
Per alcune malattie, ed in particolare le distrofie muscolari, e per alcuni tipi di polizze (quelle sopra indicate), la conflittualità è già in corso.
Appare tuttavia completamente trascurato un aspetto, che necessariamente segue l’aspetto diagnostico, e che è rappresentato dalla terapia genica, appena agli inizi.
Come detto, quel che interessa è la prognosi di malattia, ma se la malattia può essere curata, allora il rischio può ridursi notevolmente e anche annullarsi.
Questo è anche il parere del Senato e della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti (febbraio 2006, atto S. 306 Genetic Information Nondiscrimination Act del 2005).

Capitolo 90 -CRIMINALITA’ E GENETICA
Poco più di un secolo fa, fu avanzata la tesi che il reato si situava entro la struttura genetica della persona, e quindi ai doveva considerare la tesi del criminale nato. La conseguenza logica fu la nascita del concetto di pericolosità della persona, prima ancora che essa compiesse un delitto.
Molti criminologi moderni hanno esaminato questa teoria ed hanno avanzato dubbi sulla spiegazione biologica e genetica del delitto.
Se si accetta che la genetica sia in rapporto con il delitto, occorre esaminare la risposta sociale a fronte di questo problema. Questa teoria potrebbe essere pericolosa per il sistema penale. La riabilitazione sarebbe vista come inutile, come di fatto sarebbe inutile la pena, mentre si dovrebbero controllare i soggetti pericolosi, anche se non hanno compiuto reati.
I criminologi moderni credono che i geni possano influenzare le funzioni del cervello e di conseguenza interessare la condotta.
Poiché tutti gli esseri umani, con l'eccezione dei gemelli identici, possiedono strutture genetiche differenti, questo può spiegare le differenze nel comportamento di individui che sono stati sottoposti ad influenze ambientali e sociali simili.
Tuttavia, deve anche essere notato che la maggior parte dei criminologi credono che la genetica provochi la formazione di caratteri differenti, che possono essere più ricettivi al comportamento anti-sociale, se l'ambiente lo permette.
Questo lavoro ha anticipato quello di Lombroso. La differenza fra Lombroso ed i suoi predecessori sta nel fatto che il suo lavoro fu considerato scientifico in opposizione al lavoro filosofico o giuridico. Purtroppo il suo lavoro è basato anche sui risultati di studi discutibili nel tentativo di provare le sue teorie.
Lombroso nei suoi studi ha anche considerato altri fattori che possono influenzare il comportamento dei delinquenti. Egli ha evidenziato i tre filoni principali della criminologia moderna, e cioè la biologia, la psicologia e l'ambiente.
Già prima della morte del Lombroso, la sua teoria è stata considerata troppo semplicistica : la psichiatria e la psicologia avevano dimostrato che il rapporto fra la malattia mentale e la criminalità era molto più complicato di quanto Lombroso pensasse.
Dopo Lombroso, altri studiosi cercarono di confutare o confermare le sue teorie.
Charles Buchman nel 1913 ha provato a confutare i suoi risultati: in uno studio su 3.000 delinquenti e altrettanti non-delinquenti non trovò anomalie fisiche.
E. A. Hooten nel 1939 ha provato a dimostrare che Lombroso aveva ragione. Egli ha studiato 14 000 criminali e 3 000 non-criminali negli Stati Uniti e ritenne valida la tesi del Lombroso sulla base delle caratteristiche fisiche dei delinquenti.
Il lavoro del Lombroso è stato spesso interpretato come l'inizio degli studi sul rapporto tra costituzione somatica e comportamento.
Lo studio della costituzione ha una storia lunga in criminologia, ma il lavoro più significativo viene da William Sheldon nel 1949. Egli ha collegato determinate costituzioni somatiche (endomorfo, mesomorfo ed ectomorfo) con la delinquenza.
Sheldon ha esaminato la sua teoria studiando un gruppo di 200 uomini di una casa di riabilitazione a Boston. Ha trovato che la maggior parte dei delinquenti erano di un somatotipo mesomorfo. I gruppi criminali includevano anche gli endomorfi, ma vi era una significativa mancanza di ectomorfi.
Questa prova è stata cercata anche dai Gluecks nel 1950. Essi hanno studiato 500 delinquenti e 500 non-delinquenti, e hanno trovato tra i delinquenti un numero molto più alto di mesomorfi rispetto a tutti gli altri somatotipi. Tuttavia essi sono andati più avanti di Sheldon, e hanno concluso che la delinquenza probabilmente aumentava per una combinazione di fattori biologici, ambientali e psicologici, ed i mesomorfi erano soltanto i meglio adattati per la delinquenza. Questa ricerca è stata confermata da Cortes e Gatti nel 1972.

Capitolo 91 - Fattori Genetici
Anomalie genetiche non ereditarie.
Le anomalie genetiche non ereditarie sono normalmente il risultato delle mutazioni cromosomiche al momento del concepimento.
Negli esseri umani, le informazioni genetiche sono contenute in 23 coppie di cromosomi e determinano il colore dei capelli, la lunghezza delle braccia, la forma dei piedi ecc. Una coppia di cromosomi determina il sesso. Nelle femmine questi sono i cromosomi XX, nel maschio i cromosomi XY.
Al momento del concepimento, lo spermatozoo e l’ovulo si uniscono per formare la cellula Il maschio prenderà normalmente il cromosoma X dalla madre e Y dal padre. Talvolta, alcuni di questi spermatozoi e l’ ovulo possono contenere più di un cromosoma del sesso. Questo può condurre ad anomalie nelle caratteristiche del sesso dell'individuo, in modo che alcuni maschi possono essere XXY se c’è un X supplementare e altri possono essere XYY se c’è un Y supplementare.
Il primo di questi, XXY, è conosciuto come sindrome di Klinefelter e generalmente comporta degenerazione dei testicoli, sterilità e tendenza verso l'omosessualità o mancanza generale di interesse verso l'attività sessuale.
La seconda anomalia è XYY. Il maschio è stato associato sempre con il crimine, e la doppia Y darebbe luogo, sotto questo profilo, ad un supermaschio, cioè ad una personalità più aggressiva.
La ricerca di Jacobs, Brunton e Melville nel 1965 ha mostrato che questa sindrome era più frequente tra i ricoverati negli ospedali psichiatrici che nella popolazione generale. Jacobs ha anche descritto questi uomini come ' pericolosi, violenti o criminali '.
Fattori genetici ereditati.
I primi tentativi di collegare la genetica con la criminologia sono remoti nel tempo. Richard Dugdale nel 1877 ha studiato una famiglia criminale di New York, nella quale erano presenti molti criminali. Dugdale concluse affermando che l’ereditarietà non era certa, perché l’ambiente famigliare poteva condizionare la condotta dei suoi membri.
I Gluecks e Sheldon in effetti hanno mostrato che un comportamento criminale dei padri era il determinante migliore della criminalità dei figli. Tuttavia, i fattori ambientali possono esserne la causa principale.
Studi sui gemelli
Ricordiamo che esistono gemelli monozigoti (MZ), con patrimonio ereditario identico, e gemelli dizigoti (DZ), che hanno patrimonio ereditario diverso. L’ipotesi è che, se i gemelli MZ si comportano in modo identico, allora il comportamento può essere il risultato dell’ereditarietà, ma se il comportamento è differente allora questo potrebbe derivare da un fattore ambientale.
Nel 1974 Christiansen ha raccolto informazioni su circa 6 000 coppie di gemelli nati in Danimarca fra il 1881 e il 1910, suddividendole fra coppie MZ e DZ. Dal registro delle condanne penali ha potuto verificare che nei gemelli MZ vi era un tasso di concordanza del 36%, mentre nei gemelli DZ era circa del 12%.
Nel 1990, Rowe giunse alla conclusione che i geni hanno una determinata quantità di influenza nello stesso sesso e nei gemelli MZ e che la genetica può essere vista come un vaso di Pandora non aperto. Quando l'ambiente la permette, si aprirà. L’interazione fra genetica e ambiente può verificarsi all’interno della famiglia, o quando la società reagisca in maniera negativa alla condotta della persona, o ancora quando persone di una disposizione genetica particolare scelgono di vivere in un ambiente che intensifica quel problema.
In conclusione, non è ancora provato il nesso esclusivo tra caratteristiche genetiche e criminalità, né è ancora chiarito quale sia il livello dell’influenza ambientale. Gli studi sulla genetica del comportamento stanno dando rapidamente risultati, e quando, e se, risulterà con certezza che la condotta umana avrà una base genetica, si porranno gravissimi problemi etici, sia sul versante terapeutico sia sul versante giudiziario. In sostanza, il problema che l’argomento solleva è quello del libero arbitrio. E’ comunque accertato oltre ogni dubbio che circa il 90% dei detenuti possiede il cromosoma Y, che cioè sono maschi.

Capitolo 92 -IMPRONTE DIGITALI
Le impronte papillari possono suddividersi in palmari, plantari e digitali. Le impronte digitali sono individuali e il loro disegno deriva dalle creste papillari, e cioè in definitiva dalle papille dermiche. Le tracce sono dovute ai prodotti delle secrezioni che escono dai pori delle creste.
Le impronte digitali possono essere plastiche, visibili o latenti.
Le impronte plastiche sono prodotte dal contatto del polpastrello con una superficie improntabile: si ottiene un’immagine negativa dell’impronta. Per rilevarle è necessario illuminare a luce radente e fotografare.
Le impronte visibili sono quelle dovute alla contaminazione delle dita con materiali che possano produrre immagini positive (inchiostro, vernice,sangue,ecc.) o negative (polvere, gesso,farina, se prodotte su fondo scuro).
Le impronte latenti richiedono particolari trattamenti.
Deposizione di polveri. Questo è il metodo più comune ed è noto da più di un secolo. Viene usato su superfici non porose (vetro, metallo, superfici pitturate, plastica) facendo in modo che le polveri restino meccanicamente adese ai componenti oleosi, depositati dalle creste papillari. Si possono usare la polvere nera, la polvere al piombo carbonato, la polvere bianca, polvere al diossido di manganese.
Reazione con ninidrina. E’ il metodo più utilizzato per evidenziare impronte su superfici cartacee o porose.
Fumigazione con cianoacrilato. Per le superfici lisce non porose si usa la supercolla (loctite), che, evaporando il solvente, si deposita sull’impronta.
Impronte insanguinate. Si possono usare reattivi che formano composti colorati con l’emoglobina, come per esempio la benzidina.
Impronte su pelle umana Si possono talora rilevare, se le impronte sono state rilasciate di recente (qualche ora), con i vapori di iodio.

Studi eseguiti dal Galton dal 1885 al 1890 circa hanno permesso di stabilire i tre principi su cui si fonda la moderna dattiloscopia:
1° Le figure dei polpastrelli delle dita delle mani sono differenti per ogni individuo.
2° Le figure sono immutabili nel tempo.
3° Le figure dei polpastrelli sono oggettivamente classificabili, essendo costituite da tre fasci di linee il cui andamento dà luogo a quattro tipi di figure ( adelta, monodelta, bidelta e composta), che permettono sottoclassificazioni tali da consentire la formazione di uno schedario.
In Italia abbiamo la Classifica Gasti, in uso presso il Casellario Centrale di Identità.
Tale classifica si basa:
a) sul numero di sistemi di linee che compongono la figura;
b) sulla direzione e numero delle linee del sistema centrale;
c) sul numero dei delta e sul modo di comportarsi dell'uno rispetto all'altro.
Il Gasti sviluppò gli studi del Galton, elaborando nove tipi di figure rappresentate da nove simboli numerici (dall'1 al 9), a cui aggiunse il simbolo 0 quale decima possibilità.


Nota. Il rilievo e l’esame delle impronte digitali non è lavoro dei medici legali, bensì dei tecnici della Polizia Giudiziaria, che siano esperti in questo settore.
Dopo la rilevazione, le impronte debbono essere fotografate e confrontate con quelle di persone che potrebbero averle rilasciate e/o con quelle contenute nel database della Polizia.
Per saperne di più, vai al sito dell’FBI http://www.fbi.gov/lawenforce.htm
Le impronte digitali stanno avendo, in questi ultimi anni, anche altri usi, come per esempio l’identificazione di soggetti che hanno diritto d’accesso in luoghi o funzioni ad altri vietati, o più semplicemente per sostituire le password nell’accesso al computer.
In Italia, ed in Europa, il Garante per la Privacy è molto rigoroso circa l’utilizzo dei dati biometrici sui luoghi di lavoro. L’ultima notizia che posso darti è questa: http://www.garanteprivacy.it/garante/doc.jsp?ID=1204891
L’impiego delle impronte dei padiglioni auricolari non sembra invece aver avuto fortuna.

Capitolo 93 -ALTRI MEZZI IDENTIFICATIVI
www.labanof.unimi.it/Ricerca%20scientifica.htm
http://digilander.libero.it/fadange/medicina%20legale/identif.htm
L’identificazione di specie umana non presenta in genere difficoltà. In caso di resti di dubbia origine, ci si può basare sul profilo del DNA, che fornisce anche la determinazione del sesso, oppure sulla immunoprecipitazione (estratto proteico del residuo contro antisiero anti- uomo).
L’identificazione di razza non pone usualmente problemi nel vivente, anche se è praticamente impossibile distinguere i vari sottogruppi etnici. In caso di resti umani, possono essere utili l’esame istologico della cute e la valutazione della melanina presente in essa, e l’esame delle formazioni pilifere. Il cranio mostra differenze significative fra le varie razze umane e fra i sessi.
L’esame delle formazioni pilifere non è un problema semplice come potrebbe apparire. Soltanto la radice del pelo consente il profilo del DNA nucleare. Se hai solo il tronco della formazione pilifera, devi cercare il mtDNA (DNA mitocondriale).
L’identificazione della statura nel vivente e nel cadavere non pone problemi.
In caso di resti umani o di cadavere depezzato, è necessario poter misurare almeno un osso lungo (il femore è l’osso più adatto) e dedurre la statura da apposite tavole antropometriche, come queste, ma gli errori non sono trascurabili:
ALTEZZA MASCHIO cm ALTEZZA FEMMINA cm
79,43 + 2,82 x omero
38,59 + 4,90 x ulna
62,04 + 4,50 x radio
44,57 + 2,85 x femore
96,17 + 1,98 x tibia
96,08 + 1,96 x perone 82,16 + 2,49 x omero
47,70 + 4,59 x ulna
14,92 + 6,45 x radio
50,35 + 2,59 x femore
49,02 + 3,19 x tibia
70,04 + 2,57 x perone
Identificazione di età.
Stanno sorgendo seri problemi sull’identificazione di età degli immigranti, in particolare circa il discrimine dei 18 anni, che rappresentano l’età adulta, e quello dei 14 anni. http://unimondo.oneworld.net/article/view/129982/1/4191
L'età della persona vivente o del cadavere si stabilisce innanzitutto con approssimazione per classi evolutive in base ai caratteri somatici più appariscenti, quali lo sviluppo somatico generale, il peso, la statura, l'aspetto della cute e degli annessi, i caratteri sessuali primari e secondari, quindi si potrà circoscrivere ulteriormente l'età del soggetto in base allo stato della dentizione ed alle modificazioni scheletriche quali appaiono alle radiografie. Molto usata è la radiografia del polso e della mano.


Capitolo 94 - BOTANICA FORENSE
Gli argomenti, cui accennerò in questa sezione, sembrano in questo momento del tutto remoti da una possibile applicazione della genetica nel settore forense. Senza dubbio non ci sono per ora problemi forensi, ma se ne intravedono tutti i presupposti.
Gli Organismi Geneticamente Modificati (OGM), e cioè piante e animali cui è stato modificato il genoma, stanno suscitando un aspro dibattito politico, nel timore che il loro uso, non soltanto alimentare, possa alterare negativamente la flora e la fauna mondiali e rivelarsi irrimediabilmente nocivi per l’uomo. La tesi contraria è che gli OGM rappresentano un grande vantaggio per la produzione di piante, per uso sia alimentare sia industriale. Intanto il DNA modificato ha raggiunto una sia pur modesta percentuale tra i semi di piante teoricamente non modificati. La disputa vera tra le nazioni è appena agli inizi.
Fra le prospettive concrete, vi è quella che alcuni OGM (patate) possano essere usati come vettori di vaccini (dell’epatite B).
La botanica forense è una nicchia riservata ad alcuni specialisti- botanici, appunto- i quali sono in grado di distinguere piante o parte di essa (fiori, foglie, pollini, ecc.) a fini forensi.
Nel contesto medico legale, il problema dell’identificazione di parti di una pianta non si pone frequentemente, ma certamente ogni medico legale che si occupi di cadaveri ha desiderato, almeno una volta nella sua vita professionale, di avere l’aiuto di un esperto botanico, che avesse voglia di dedicare la propria attenzione ad una strana foglia marcia trovata sotto un corpo.
Anche l’identificazione di pollini richiede l’opera di esperti botanici. La palinologia è stata introdotta in Medicina legale dalla Scuola barese, e qualche volta taluno si è avventurato a proporre diagnosi di specie vegetale sulla base della morfologia.
E’ palese che in talune circostanze l’identificazione del polline e di parti di piante può aiutare a risolvere problemi medico- legali, ma è altrettanto palese che questo compito non può essere affidato al medico- legale, il quale non ha la competenza tecnica necessaria.
Gli specialisti ed i laboratori di genetica delle piante e di genetica agraria possono dare il loro contributo in questo settore, identificando il DNA delle piante e dei pollini, un tema sul quale né i laboratori di genetica in medicina legale né i laboratori di genetica clinica hanno esperienza.
Qualche volta si pone il problema dell’identificazione dei cibi nel contenuto gastrico. Usualmente ci si basa sulla morfologia per proporre una identificazione, e chiunque abbia una certa esperienza di cadaveri umani è di solito in grado di identificare i cibi più comuni. Qualche volta no.
I fattori che ostacolano l’identificazione degli alimenti sono rappresentati dalla masticazione, dalla cottura, dalla permanenza degli alimenti in un ambiente molto acido, come quello dello stomaco. Quest’ ultimo fattore è capace di distruggere la molecola del DNA, mentre la masticazione e la cottura permettono la conservazione della molecola e la sua identificazione. Non ho notizia che sia stata impiegata la tecnica del DNA per la identificazione del contenuto gastrico. Essa dovrebbe comunque limitarsi alla diagnosi di specie, per la quale è di uso comune l’immunoprecipitazione in agar, anche se si possono immaginare situazioni in cui l’identificazione precisa dell’animale o della pianta è necessaria.

Capitolo 94 -Prigione
Immagino che qualche volta siate stati in una sessione del Tribunale penale, e abbiate visto come si cerchi di fondare il diritto/dovere di rispondere al fatto compiuto mediante il soggiorno in cella. Se così è, cercate di far fronte all’immagine del quasi condannato, e osservate come si possa andare dall’umiliazione alla felicità, a seconda dell’esito del processo e della corrispondenza della pena con ciò che si era atteso.
Attenzione, però: il condannato attende il giudizio con le proprie aspettative e con quelle che gli ha trasmesso il Difensore, e non con quelle previste dal codice penale, né con quelle che il Giudice prevede. Né immagina quali mezzi vi siano per trascorrere meno infelicemente un periodo detentivo in carcere o in altro luogo. Invece, può immaginare quali siano le riduzioni di pena previste per la violazione di quell’articolo. In ogni caso, salvo eccezioni, la pena prevista in primo grado è la pena massima, e quel che segue può solo ridurla.
A questo punto, il condannato e il suo Difensore potranno studiare quali mezzi siano utili per ridurre l’entità della pena, e affrontare l’appello e la Cassazione con minore angoscia.
E’ anche da aggiungere, per rimanere nel tema, che assai spesso, in particolare nei casi in cui non conviene rivelare – per qualsiasi ragione, anche l’ignoranza della legge penale- uno stato di minorazione del condannato, talune situazioni possono rimanere nascoste. Per esempio, un disturbo antisociale di personalità può essere celato, vuoi perché non è chiesta né opportunamente valutata una eventuale perizia, vuoi perché non conviene rivelarla.
Il Giudice può anche decidere che il posto migliore per quell’imputato sia il manicomio giudiziario (O. P. G.), oppure affidarlo ad una struttura della ASL di competenza.

Capitolo 95 - carcere per minorenni
I Centri di prima accoglienza sono strutture adibite ad ospitare minorenni in stato di arresto, fermo o accompagnamento, fino all'udienza di convalida che deve concretizzarsi entro 96 ore dal fermo. In base all'art.9 del DPR del 22 settembre 1988, tali centri devono garantire la custodia dei minorenni senza configurarsi come strutture penitenziarie.
Il CPA è una struttura che dipende dal Centro di Giustizia Minorile dove i corpi di polizia, su disposizione della Procura della Repubblica Minorile, accompagnano i minori che verranno ospitati fino all'udienza davanti al Gip .
Scopi principali dei Centri di Prima Accoglienza sono:
 fornire i primi elementi di conoscenza dei minori all'autorità giudiziaria proce-dente;
 svolgere attività di sostegno e chiarificazione nel confronto dei minori;
 collaborare con gli altri servizi minorili;
 instaurare contatti immediati con le famiglie.
Scopi principali dei Centri di Prima Accoglienza nei confronti dei minori sono:
 indurre il minore alla riflessione sul reato commesso;
 spingere il minore a relazionarsi in maniera adeguata con gli altri;
 sollecitare il minore ad assumersi le proprie responsabilità rispetto alle proprie azioni;
 assistenza in sede di convalida e giudizio.
Nel caso in cui ci si trovi davanti a casi in cui siano coinvolti minori stranieri, dei quali spesso è difficile l'identificazione, in base all'art. 349 del CPP, la polizia giudiziaria provvede all'identificazione attraverso rilievi antropometrici (ad esempio, una radiografia del polso per accertare l'età) e rilievi segnaletici di carattere descrittivo, fotografico e dattiloscopico. Tutti questi dati contribuiscono all'elaborazione di un modulo denominato "cartellino segnaletico", unico documento relativo alla personalità del minore straniero.
Oggi l'art.20 D. Lgs. 272/1989 prevede che l'operatore di polizia deve:
 evitare l'uso di strumenti di coercizione fisica salvo in caso di necessità per ragioni di sicurezza;
 trattenere i minorenni in locali separati da quelli che ospitano i maggiorenni già arrestati o fermati;
 adottare cautele al fine di proteggere il minore dalla curiosità del pubblico limitandone disagi, sofferenze materiali e psicologiche.
Attualmente, in Italia, possono essere detenuti presso carceri minorili esclusivamente giovani di età compresa tra i 14 ed i 18 anni, sottoposti al medesimo ordinamento penale e penitenziario dei maggiori ma con pene ridotte (oggetto di ultima revisione nel 1975). Se la condanna si protrae oltre il compimento del diciottesimo anno di età, il detenuto rimane presso il penitenziario minorile sino al ventunesimo anno, dopodiché viene trasferito d'ufficio presso una casa circondariale (se rimangono meno di tre anni di pena da scontare) o penitenziario ordinario. Se la pena diviene esecutiva, in seguito a emissione di sentenza di condanna passata in giudicato, dopo che il minore ha compiuto i 18 anni, egli viene traslato presso il carcere minorile se di età inferiore agli anni 21, altrimenti direttamente presso un carcere ordinario.
Possono essere rinchiusi in un carcere minorile anche i minori degli anni 14, non imputabili ai sensi della legge penale, nel caso in cui vengano ritenuti socialmente pericolosi dopo aver commesso un crimine di particolare gravità. (Wikipedia).


Capitolo 96 - ospedali psichiatrici giudiziari
Gli OPG hanno ormai più di un secolo di vita, e nel loro insieme tendono a coprire tutto il territorio italiano, tranne le Sardegna. Sono attualmente sei, e ospitano circa 200 ricoverati ciascuno, Montelupo Fiorentino qualche decina in più. Si tratta degli OPG di Castiglione delle Stiviere, Reggio Emilia, Montelupo Fiorentino, Aversa, Napoli, Barcellona Pozzo di Gotto. Sono stati fatti numerosi tentativi per chiuderli, ma hanno tutti resistito, segno che ci sono valide ragioni per tenerli in vita.
Essi ospitano sia soggetti per i quali deve essere valutata la pericolosità, sia soggetti che debbono essere curati per un tempo minimo stabilito.
Le norme prevedono che il tempo d’internamento sia più lungo per i reati più gravi. Per l’omicidio, per esempio, è previsto un periodo minimo di dieci anni; successivamente, il detenuto può essere dimesso, se è guarito.
L’osservazione, invece, ha una durata assai più limitata (90 giorni), e successivamente il paziente è restituito al suo giudice.
Gli OPG hanno attraversato, nel passato, periodi molto burrascosi, e questa è stata, in sostanza, la ragione che ha suggerito la loro chiusura. Da parte mia, continuo a pensare che la loro permanenza sia necessaria, ed anzi debba essere aumentata, in particolare lungo la costiera adriatica e in Sardegna.
Se guardiamo ai numeri, e poniamo il confronto fra i carcerati (più di 60.000) e i ricoverati in OPG (circa 1000, escludendo il ricovero per diagnosi), non si può non concludere che i ricoverati sono molto poco numerosi, e che nelle celle delle carceri vi sono molti malati di mente per i quali una diagnosi ed una cura non sono state fatte.


Capitolo 97 - case di cura private ed altre soluzioni

I 76 manicomi attivi nel 1978 sono stati sostituiti da:
• 320 SPDC (Servizio psichiatrico ospedaliero);
• 1.341 Strutture residenziali (C.T.R. Comunità terapeutica Riabilitativa - G.A. Gruppo Appartamento - C.A. Comunità Alloggio);
• 257 Strutture semiresidenziali (D.H. Day hospital);
• 433 Imprese Sociali (Residenziali e semiresidenziali);
• 481 Strutture semiresidenziali (C.D. Centri diurni);
• 695 Centri di Salute Mentale.
Si è giunti a questa soluzione perché all’epoca i manicomi furono chiusi, e per i pazienti si dovette rapidamente cercare un altro luogo adatto. Non è stato facile. Se poi guardiamo ai posti disponibili, dobbiamo convenire che la maggior parte dell’assistenza psichiatrica è lasciata alle famiglie. In sostanza, i malati di mente sono in gran parte lasciati a se stessi o alle famiglie, mentre solo in modestissima parte sono “ricoverati “ in centri o strutture, che fino a questo momento sembrano aver dato buona prova. Spesso sono utilizzati anche centri privati, che vanno ad integrare la struttura pubblica.

Capitolo 98 - ipodotati
Gli ipodotati (cioè a livelli immediatamente sottostanti al 90% del QI) non sono portati a delinquere, né lo sono a livelli sottostanti. Può accadere che qualcuno compia un delitto senza rendersi conto, ma si tratta di fatti rari o molto rari, a meno che al basso QI non si associ qualche altra patologia. Sono piuttosto delle possibili vittime. Ho usato il termine “ipodotati”, ancorché privo di connotazioni particolari salvo il livello del QI, perché posso raggruppare tutti coloro che hanno, per qualsiasi ragione, un basso QI. Rientrano fra questi coloro che sono stati affetti da scarsa ossigenazione cerebrale durante la gravidanza della madre o durante il parto, coloro che hanno avuto processi infettivi dell’encefalo e talora anche delle meningi, e così via, costituendo un gruppo piuttosto numeroso. Non vi si trova una inclinazione particolare ad atti criminosi, anche perché questi sono soggetti bisognosi di assistenza e non auto- sufficienti.

Capitolo 98 - schizofrenia e altre infermità
Si ritiene che il disturbo psichico non comporti una maggiore inclinazione a compiere delitti.
Il metodo psicopatologico normativo consiste nell’accertare prima la presenza di un’infermità psichica e di valutare poi l’incidenza sulla capacità di intendere e volere al momento del delitto consumato. Ai fini della valutazione della re-sponsabilità, il nostro codice va oltre prevedendo le due ipotesi del vizio parziale e totale di mente, a seconda che l’infermità escluda o limiti la capacità di intendere e di volere.
Statisticamente i malati di mente non sembrano commettere più delitti di quanti ne commettano i sani e, per quanto concerne la pericolosità, molti studi criminologici hanno accertato la scarsa correlazione tra malattia mentale e pericolosità.
Per quanto concerne il rapporto tra intelligenza e criminalità, nel caso di insuf-ficienze gravissime il rapporto è nullo perché questi malati non partecipano alla vita sociale e non hanno opportunità di commettere reati. Dal ritardo mentale deve tenersi distinta la demenza. Sotto l’aspetto criminologico, la demenza può dar luogo a comportamenti disturbanti, a condotte impulsive, a reati sessuali di minore gravità.
La schizofrenia è una malattia mentale grave, di solito a decorso cronico o re-cidivante, caratterizzata da una metamorfosi globale di tutta la personalità che modifica radicalmente l’opinione che l’individuo ha di se e del mondo.
Ai fini criminologici è importante distinguere due fasi della schizofrenia: 1) la fase attiva; 2) la fase residuale o cronica.
La fase attiva è caratterizzata da deliri e allucinazioni; in questa fase è probabile che si verifichino azioni violente su persone o cose.
Nella fase residuale il comportamento è più lineare anche se persistono episodi di ritiro sociale; in questa fase vengono commessi reati di poco conto, esibizionismo, ingiurie, disturbi della quiete pubblica.
La paranoia è una sindrome delirante cronica caratterizzata da un delirio sor-prendentemente coerente, schematizzato, rigido e immodificabile che però non si accompagna mai ad allucinazioni.
Le varietà cliniche di paranoia si distinguono a seconda dei diversi contenuti dei deliri:il delirio di persecuzione; il delirio di querela; il delirio mistico-religioso e di riforma; delirio di gelosia e deliri di grandezza.
Sotto il profilo criminologico, il paranoico appare agli altri come persona nor-male anche perché spesso il delirio appare convincente per l’apparente aderenza alla realtà. Tuttavia i comportamenti del paranoico possono sfociare in reati di vario tipo: dalla querulomania (calunnia, diffamazione, ingiurie) all’omicidio o ferimento del suo presunto persecutore o coniuge ritenuto infedele.
Metodi di detenzione che impongono all’individuo l’isolamento dalla società e dagli affetti possono provocare lo sviluppo di una sintomatologia psichica caratterizzata da ansia e deliri, quasi sempre di tipo persecutorio e talvolta associati a fenomeni allucinatori, come ad es. la sindrome di Ganser, frequente in detenuti in attesa di giudizio.
A differenza di quanto detto all’inizio di questo capitolo, sembra che in altre sedi, diverse da quella italiana, le cose procedano diversamente.
Anche se si ritiene che il compimento di crimini violenti non sia un atto fre-quente fra i pazienti schizofrenici, questa malattia è più comune tra gli omicidi che non nella popolazione generale.
A Oxford, sono stati esaminati i dati riguardanti 13.806 pazienti dal 1 ° genna-io 1973, fino al 31 dicembre 2004, con due o più ricoveri per schizofrenia. Nel medio periodo di follow-up di 12 anni, il 17,1% (N = 1519) degli uomini ed il 5,6% (N = 273) delle donne con schizofrenia hanno subito una condanna per violenza dopo la loro dimissione dall'ospedale. I fattori di rischio familiare cioè hanno portato ad un aumentato rischio di condanne per criminalità violenta dal 50% al 150%.
Questi risultati suggeriscono che i fattori di rischio familiare (genetici e am-bientali) svolgono un ruolo importante nella eziologia del comportamento vio-lento tra gli individui con schizofrenia e che tali fattori dovrebbero essere con-siderati nella valutazione del rischio violenza (seena.fazel@psych.ox.ac.uk.
J Clin Psychiatry. 2009 Mar 10. pii: ej08m04274).
Del resto, il rischio di aumentato pericolo di omicidio per i soggetti schizofrenici è stato rilevato anche altrove, in Australia (Nielssen O, Large M.,
Schizophr Bull. 2010 Jul;36(4):702-12. Epub 2008 Nov 5).

Capitolo 99 - psicosi maniaco- depressiva
Tra le psicosi, è significativa la presenza del disturbo bipolare, e cioè la presenza della psicosi maniaco- depressiva.
Si definisce disturbo bipolare I (o psicosi maniaco-depressiva) un disturbo dell’umore caratterizzato dal susseguirsi di episodi depressivi maggiori, di epi-sodi maniacali o misti, e di periodi di relativo benessere. Tra le complicanze si hanno suicidio, comportamenti violenti, abuso di alcol, compromissione lavorativa e sociale, cronicizzazione del disturbo bipolare con aumento della frequenza degli episodi (disturbo bipolare a rapida ciclicità) e scomparsa degli intervalli liberi da sintomi (disturbo bipolare a ciclo continuo), entrambi favoriti dall'utilizzo di trattamenti antidepressivi (farmaci triciclici e distiroidei). L’ esordio: tra i 15 e i 40 anni, si ha esordio più precoce in pazienti con disturbo di personalità, che presentano numerosi episodi maniaci. Decorso: si ha una variabilità individuale, anche se si ripete il ciclo “maniaco-depressivo” o ciclo bipolare, con il quale si intende il periodo di tempo trascorso tra due episodi con stessa polarità.
Si definisce disturbo bipolare II un disturbo dell’umore caratterizzato dal sus-seguirsi di episodi depressivi maggiori, episodi ipomaniacali, e periodi di relati-vo benessere. Rispetto al disturbo bipolare I si hanno episodi depressivi di mi-nore intensità, ed episodi esclusivamente ipomaniacali (in caso di anche solo un episodio maniacale si parla di disturbo bipolare I). Complicanze: anche nel disturbo bipolare II si hanno suicidio, comportamenti violenti, abuso di alcol, compromissione lavorativa e sociale, e cronicizzazione del disturbo bipolare con aumento della frequenza degli episodi (disturbo bipolare a rapida ciclicità), anche se di frequenza minore rispetto al disturbo bipolare I. Esordio: più tardivo rispetto al disturbo bipolare I, tra i 30 e i 50 anni. Decorso: si ha una variabilità individuale, anche se solitamente è caratterizzato da una lunga latenza, con intervalli liberi da sintomi che possono durare anche anni. La frequenza dei cicli aumenta con il passare del tempo.
Si definisce disturbo ciclotimico un disturbo bipolare caratterizzato dal susseguirsi di episodi depressivi maggiori e episodi ipomaniacali, senza periodi liberi da sintomi. Entrambi gli episodi depressivi e ipomaniacali hanno un quadro clinico attenuato rispetto al disturbo bipolare II, ma la caratteristica è data dall’assenza di intervalli liberi dalla malattia, che possono portare ad un impatto psicosociale e lavorativo molto più grave del disturbo bipolare. Il paziente è altamente instabile e non sono mai presenti periodi di remissione completa della sintomatologia.
Si definisce disturbo unipolare depressivo maggiore un disturbo dell’umore caratterizzato dal susseguirsi di episodi depressivi maggiori intervallati da periodi di relativo benessere, con assenza di episodi maniacali. Epidemiologia: prevalenza del 10-25% nella popolazione femminile e del 5-12% in quella maschile; è presente familiarità che aumenta di 2-3 volte il rischio di disturbo depressivo maggiore. Clinica: il disturbo può presentarsi come singolo episodio oppure forma ricorrente, in cui la gravità dipende dalla frequenza degli episodi, dalla durata degli episodi e dalla gravità di ogni singolo episodio (depressione maggiore o minore). Complicanze: si ha suicidio nel 15% dei pazienti, oppure cronicizzazione del disturbo (se singolo episodio dura oltre 2 anni senza remissione completa). Esordio: principalmente tra i 20 e i 30 anni, ma può comparire a qualsiasi età. Nelle donne è aumentato nel postpartum e nella menopausa; i quotidiani pubblicano frequentemente simili casi di suicidio, eventualmente associati ad omicidio del neonato. Decorso: dopo il primo episodio si ha 50% di possibilità che si presenti nuovamente (50% che resti un episodio isolato) + dopo il secondo episodio si ha 70% + dopo 3 episodi si ha 90%.
Si definisce disturbo distimico un disturbo dell’umore caratterizzato dal susseguirsi di episodi depressivi minori in modo cronico, senza periodi di relativo benessere. (Wikipedia)

Capitolo 100 -perversioni
Si definiscono perversioni sessuali o parafilie tutti quei comportamenti sessuali che differiscono in modo rilevante da quelli normali, quello medico, quello sociologico, quello giuridico.
L’aspetto medico-psichiatrico si riferisce alla morbosità delle varie perversioni e dalla loro descrizione; l’aspetto sociologico qualifica come devianti le condotte contrarie al costume di un certo contesto culturale; l’aspetto giuridico identifica le condotte che costituiscono reato.
Dal punto di vista descrittivo si possono proporre due grandi categorie di perversioni sessuali.
Nella prima vi è fondamentalmente la scelta di un oggetto anormale per il rapporto sessuale (pedofilia, feticismo, necrofilia); nel secondo gruppo non è tanto l’oggetto di scelta che appare anomalo quanto la finalità e la modalità del rapporto stesso (voyeurismo, esibizionismo, sadismo, masochismo). Da un punto di vista sociologico alcuni comportamenti sessuali vengono qualificati come devianti perché contrari alle norme del costume e della morale del tempo (omosessualità, pedofilia, incesto, poligamia, la maternità di una nubile). Dal punto di visto giuridico, certi tipi di perversione hanno un interesse criminologico diretto perché implicano inevitabilmente la commissione di delitti, come nel reato di atti osceni, corruzione di minorenni nell’esibizionismo. In caso di concomitante infermità mentale, la condotta sessuale anomala non è che un sintomo della malattia.

Capitolo 101 - disturbo antisociale di personalità
Si tratta di una forma pervasiva di inosservanza e di violazione dei diritti degli altri, che si manifesta nella fanciullezza o nella prima adolescenza, e permane nell’età adulta. Questi soggetti tendono a non conformarsi alle norme sociali, hanno comportamenti illegali, compiono atti delinquenziali , come distruggere proprietà, molestare gli altri, rubare o svolgere attività illegali, mentire, usare false identità, truffare o simulare.
La capacità di rispettare i desideri, i diritti o i sentimenti degli altri è assente, così come sono assenti l’empatia e la tendenza a comprendere i bisogni altrui; di solito sono incapaci di scusarsi o di riparare al loro comportamento e mostrano scarso rimorso per le conseguenze delle proprie azioni.
Generalmente sono impulsivi e incapaci di progettare il futuro, ma prendono decisioni sotto l’impulso del momento, senza previdenza, e senza riflettere sulle conseguenze per sé e per gli altri.
Questa incapacità a darsi dei limiti produce una incuria della sicurezza propria o altrui, che li porta ad esempio a guidare con velocità eccessiva, in stato di ebbrezza, a coinvolgersi in comportamenti sessuali a rischio, a usare sostanze, a non curarsi di un figlio, in modo tale da mettere il bambino in pericolo.
La diagnosi può essere effettuata, a partire dai 18 anni di età, su soggetti diagnosticati con un Disturbo della Condotta prima dell’età di 15 anni .
Il comportamento antisociale non può essere diagnosticato se la persona soffre di schizofrenia o ha un disturbo maniacale.
Gli individui con Disturbo Antisociale di Personalità hanno maggiori probabilità di non riuscire ad essere indipendenti, di impoverirsi , di diventare dei “senza-tetto”, trascorrere molti anni in istituzioni penali, morire prematuramente per causa violenta (per es., suicidio, incidenti, e omicidi).
Gli studi compiuti nel settore mostrano come le persone che diventano da adulti antisociali o sociopatici hanno sofferto nell’infanzia, prima dei 10 anni, di un Disturbo della Condotta accompagnato da un Disturbo da Deficit dell’Attenzione/Iperattività.
Questo disturbo della condotta espone il soggetto al compimento di un gran numero di reati, di cui il soggetto non è in grado di capire il significato. Queste persone non hanno alcun disturbo che li renda incapaci di intendere e di volere, e quindi sono del tutto imputabili.

Capitolo 102 - disturbo borderline di personalità

I pazienti con Disturbo Borderline spesso vivono nel timore dell'abbandono e compiono sforzi disperati per evitarlo.
Le relazioni con gli altri nel Disturbo Borderline sono instabili ed intense, caratterizzate da iniziale idealizzazione.
I soggetti Borderline attuano frequenti cambiamenti d’obiettivo e manifestano impulsività in differenti aree potenzialmente dannose.
Frequenti sono anche i comportamenti autolesivi. L'umore è spesso incontrollabile. Queste reazioni violente vengono scatenate in particolar modo dalla sensazione di essere abbandonati e vengono seguite da sentimenti di vergogna e di colpa.
Durante periodi di intenso stress possono comparire aspetti bizzarri.
Questo disturbo può rappresentare la causa di autolesionismo. Il Disturbo si colloca al limite tra normalità e schizofrenia.

Capitolo 103 -disturbi di personalità

Tre sono i raggruppamenti o Cluster all’interno dei quali il DSM li colloca:
CLUSTER A
Disturbo di Personalità Paranoide: chi ne soffre tende ad interpretare il comportamento degli altri come malevolo e a comportarsi quindi in modo sospettoso.
Disturbo di Personalità Schizoide: di solito il soggetto non nutre alcun interesse per il contatto e le relazioni con gli altri preferendo uno stile di vita riservato e distaccato.
Disturbo di Personalità Schizotipico: di solito sono persone eccentriche che hanno scarso contatto con la realtà e tendono a dare un'assoluta rilevanza e certezza ad alcune intuizioni magiche.

CLUSTER B
Disturbo di Personalità Borderline: questi pazienti mostrano spesso una marcata impulsività ed una forte instabilità sia nelle relazioni interpersonali che nell’immagine di sé oscillando tra posizioni estreme in molti campi della propria vita.
Disturbo di Personalità Istrionico: questi soggetti tendono a ricercare l'atten-zione degli altri, ad essere sempre seduttivo e a manifestare in modo marcato e teatrale le proprie emozioni.
Disturbo di Personalità Narcisistico: sono persone che tendono a sentirsi supe-riori, migliori degli altri in ogni circostanza e a pensare che tutto gli sia dovuto.
Disturbo di Personalità Antisociale: è una persona che non rispetta in alcun modo le leggi, tende a violare i diritti degli altri e non prova senso di colpa per i crimini commessi essendo incapace di alcuna forma di empatia.
CLUSTER C
Disturbo di Personalità Evitante: queste persone tendono ad evitare le situazioni sociali per paura dei giudizi negativi degli altri, presentando quindi una marcata timidezza.
Disturbo di Personalità Dipendente: il soggetto presenta un marcato bisogno di essere accudito e seguito da parte degli altri, delegando quindi ad essi tutte le proprie decisioni.
Disturbo di Personalità Ossessivo- Compulsivo: chi ne soffre presenta una marcata tendenza al perfezionismo ed alla precisione, una forte preoccupazione per l'ordine e per il controllo di ciò che accade.

Capitolo 104 -una visione d’insieme
I rapporti sulla criminalità, che dovrebbero essere annuali, sono in realtà mo-desti, non annuali, ma ve ne sono alcuni che rispondono alle mie esigenze nel modo migliore, come questo (di circa 450 pagine) www.interno.it/mininterno/export/.../0900_rapporto_criminalita.pdf Naturalmente questi dati sono piuttosto statici, cioè riflettono la situazione di quell’anno, non ne mostrano la variabilità nel tempo: ad ogni buon conto è possibile dire che la criminalità da qualche anno sta diminuendo, a causa so-prattutto dell’invecchiamento della popolazione italiana, e dello spostamento di rilevanti masse di immigrati, eventualmente con il ritorno in patria, a causa di una situazione economica sfavorevole e presente in tutta Europa e non ancora risolta. In calo gli omicidi volontari in Italia (2009): sono stati 611 nel 2008, 20 in meno rispetto al 2007 (-3,1%). Il maggior numero di casi (171) è avvenuto in famiglia, mentre la criminalità comune (135 morti) ha ucciso più delle mafie (128). Sono i dati del rapporto Eures-Ansa sull´omicidio volontario in Italia. Nel corso dell´anno sono stati 293 i giorni segnati da uno o più omicidi, mentre soltanto 72 quelli che non hanno registrato nuove vittime.

Capitolo 105 -reati colposi e alcool
Anche i reati colposi sono in diminuzione, ma il fatto che siano colposi non diminuisce il numero di morti.
Nel rapporto della Commissione Europea pubblicato a giugno 2006 "Alcohol in Europe. A public health perspective", si legge che nell’Unione Europea circa un ragazzo su 8 tra i 15 e i 16 anni si è ubriacato più di 20 volte nel corso della sua vita e che all’incirca il 18% (uno su 6) è stato protagonista di episodi di binge drinking (bere per sballo) 3 o più volte nell’ultimo mese.
Sono 23 milioni gli alcol -dipendenti in Europa; 195.000 individui muoiono in Europa ogni anno a causa dell’alcol. 59 miliardi di euro all’anno riguardano la perdita di produttività dovuta ad assenteismo, disoccupazione e perdita di giorni di lavoro per morte prematura.
L’alcol è responsabile del 7,4% di tutte le disabilità e delle morti premature, del 10% della mortalità tra le giovani donne e del 25% tra i giovani maschi.
Poco meno di 15 litri di alcool a testa sono consumati ogni anno. Al primo posto, tra le bevande preferite, vi è la birra (44%), diffusa soprattutto nei Paesi dell'Europa centrale e settentrionale, seguita dal vino (34%), preferito nell'Europa meridionale, e dai superalcolici (23%).
Informazione, educazione e sorveglianza sono gli obiettivi della strategia europea per la riduzione dei danni correlati all’alcol.
L’alcol è uno dei principali fattori di rischio per la salute dell’uomo e la terza causa di mortalità prematura e malattia nell’Unione Europea, nonché la prima causa di morte per i giovani maschi di età compresa tra i 15 e i 29 anni.
Ridurre i danni legati all’abuso di alcol e informare sui rischi sono gli obiettivi primari. Cinque sono le aree prioritarie: proteggere i giovani, i bambini e il nascituro; ridurre gli infortuni e le morti da incidenti stradali alcol correlati; prevenire il danno e l’impatto nella vita sociale; sviluppare una base comune europea.
Nella regione europea del WHO l’assunzione di alcolici è uno dei fattori principali cui sono dovute le morti premature ed è un grande impatto sulla salute pubblica, mentre è la causa principale di morte e disabilità nei paesi in via di sviluppo, ma con scarsa mortalità.
http://www.epicentro.iss.it/focus/piano2006-08/piano2006-08.asp
La grande maggioranza degli incidenti gravi e di quelli mortali sono dovuti a una serie di comportamenti scorretti, principalmente eccesso di velocità, guida distratta e pericolosa, mancato rispetto della precedenza o della distanza di sicurezza, assunzione di alcol e sostanze stupefacenti. E’ doveroso aggiungere che lo stato delle strade e del traffico e le condizioni climatiche hanno un grandissimo peso.
Fattori di rischio legati allo stato del conducente possono essere:Alcol: è il fattore più rilevante nel caso di incidenti stradali gravi o mortali; Stupefacenti: è vero che gli stupefacenti sono considerati dalla legge come fattori di rischio, ma le azioni degli stupefacenti sono molto diverse a seconda del farmaco e della dose; Farmaci: i medicinali che possono interferire con la guida sono numerosi ed è comunque utile che il paziente sia messo in guardia dal medico sui possibili effetti dei farmaci che assume. Malattie:epilessia, diabete, malattie cardiovascolari, problemi di vista, disturbi del sonno, problemi cognitivi possono aumentare il rischio di incidenti mortali. Ma nessuno potrà dirti se quel particolare incidente è dovuto a quella malattia, salvo che il paziente sopravviva (e abbia voglia di dire la verità).
In Europa, la Commissione europea ha promosso un programma per la sicurezza stradale per incoraggiare gli utenti della strada ad assumere un comportamento più responsabile, anche se, ma questa è solo la mia opinione, sarà difficile diminuire ulteriormente i numerosi incidenti che si verificano senza provvedimenti che siano davvero drastici.
http://www.iss.it/pres/prim/cont.php?id=687&lang=1&tipo=6

Capitolo 106 - cibi scaduti
Cibi Scaduti. http://piemonte.indymedia.org/article/1816?include_comments=true&print_page=true
I cibi in scatola sono spesso scaduti e rietichettati. Se non ci sono evidenti variazioni di cambio dell’etichetta, non vi possono essere altri mutamenti nel materiale inscatolato. Si ponga attenzione ai due casi di cibi scatolati.

3 Maggio 2008. Torino, sequestrate 18 tonnellate di surgelati scaduti. Pesce datato 1998: è caccia a merce venduta.
Blitz alla Guardia di finanza di Torino in un magazzino a Collegno: pesci e funghi venivano sconfezionati, riconfezionati e ri-etichettati con una diversa data di scadenza, capace di 'rinfrescare' il prodotto. La ditta rifornisce tutto il Nord-Ovest: una grande azienda, leader del settore.
Gli uomini della Gdf hanno sequestrato 40 pancali di merce, 17.850 kg in totale per un valore di mercato di 157mila euro, un quarto di una cella frigorifero, ma nell'enorme magazzino di pancali ce ne sono 2-3mila: otto celle frigorifero. Gli agenti sono entrati nel magazzino sorprendendo sul fatto gli operai che stavano ri-etichettando alcune confezioni di funghi congelati: 2.700 kg di funghi da 15 kg ciascuna, scadute nel 2005, trasformate in confezioni da dieci chili con la nuova scadenza 30 agosto 2009.
Questa è la lista dei surgelati scaduti, non ancora ri-etichettati: 5.400 chili di funghi variamente datati 2002, 2004 o 2005 (tra cui quelli 'ringiovaniti'), 800 kg di piovre scadute nel 2004 pronte per essere 'rinfrescate', 7 tonnellate di calamari scadute tra il 2000 e il 2002 , 3,2 tonnellate di seppie scadute tra il 1999 e il 2001, 860 chili di gamberi scaduti dieci anni fa, nel 1998. Ma i controlli oltre che in Piemonte, si estendono in Valle d'Aosta, Lombardia, Liguria e Trentino Alto Adige.
A fronte di un sequestro importante, vi sono anche piccoli sequestri, come questo da 54 chilogrammi, rinvenuto in un ristorante cinese.
Alimenti in cattive condizioni di conservazione sono stati trovati e sequestrati in un ristorante. Il titolare, un cinese di 31 anni, è stato denunciato per frode alimentare e cattiva conservazione di alimenti. A fine controllo la Polizia Municipale, in collaborazione con il servizio veterinario dell’Asl, ha sequestrato 33 chili di pesce conservato in sacchetti di plastica senza alcuna differenziazione, tre di salmone scaduto, tre di manzo senza etichetta di provenienza e distrutti, 15 chili di frutti di mare in cattivo stato di conservazione (il Giornale, 28 febbraio 2009).


Capitolo 107 - malattie legate all’alimentazione
http://archiviostorico.corriere.it/2008/ottobre/03/Cibo_per_ristoranti_morso_topi_co_7_081003031.shtml
Le malattie legate all’alimentazione diventano più frequenti, e talvolta anche più gravi. Una breve rassegna delle malattie legate all’alimentazione si trova in http://agraria.unipr.it/brighenti/lezione_malattie.pdf. Questo trattatello dell’Università di Parma divide gli alimenti, da questo punto di vista, in sette categorie: intossicazioni alimentari, malattie da carenza di nutrienti essenziali, malattie da eccessi alimentari, malattie cronico- degenerative, malattie su base genetica, allergie, malattie su base psichiatrica.
Nell’insieme, peraltro, alimenti e bevande che possono causare una malattia potrebbero essere anche alquanto più numerosi sul mercato, tuttavia l’atteggiamento della popolazione è attualmente tale da scartare dal consumo gli alimenti che non siano, a prima vista, perfetti. Si possono verificare, nondimeno, e certamente con frequenza minore che qualche anno fa, e nonostante l’immigrazione più o meno clandestina, fenomeni di insorgenza o aggravamento di alcune malattie.
Botulismo http://www.epicentro.iss.it/problemi/botulismo/botulismo.asp. Tra queste, vi è certamente il botulismo, una malattia paralizzante causata da una tossina prodotta dal batterio Clostridium botulinum. Questo microrganismo vive nel suolo, in assenza di ossigeno, e produce spore che possono resistere all'ambiente esterno anche per un lungo periodo finché non incontrano condizioni adatte alla crescita del batterio stesso. Il C. botulinum si trova ben più frequentemente in preparati di origine vegetale che non in prodotti derivati da animali, e spesso è mortale.
Più frequentemente, e ciò si è cominciato a vedere negli ultimi anni, ci si trova di fronte a patologie da eccesso di alimentazione, specialmente negli Stati Uniti e nell’Europa occidentale. http://www.ministerosalute.it/dettaglio/pdPrimoPiano.jsp?id=92&sub=0&lang=it
http://www.eurosalus.com/notizie/ultime/obesit-porzioni-pi-leggere-o-meno-merendine.html . Secondo l’Organizzazione Mondiale della Salute l’obesità è una malattia sociale dipendente da una serie di fattori: una non corretta alimentazione, vita sedentaria, fattori genetici (diversi studi hanno messo in evidenza diversi geni che causano l’obesità), età, sesso condizioni fisiologiche e psicologiche. Nell’adulto per evidenziarla viene di norma utilizzato l’indice di massa corporea o body mass index (BMI) espresso dal rapporto tra il peso in kg e il quadrato della statura in metri definendo soprappeso un BMI compreso tra 25 e 30 ed obesità valori uguali o superiori a 30. Da un punto di vista morfologico l’obesità si classifica come androide quando la maggior parte del grasso si accumula nell’addome ed è molto frequente negli uomini, ed obesità ginoide, comune nelle donne, dove l’accumulo del grasso si localizza sulle gambe, sui fianchi, e sui glutei. Le principali complicanze sono malattie del cuore, ipertensione, problemi articolari, diabete, cancro, malattie respiratorie, ipercolesterolemia, fegato grasso, problemi di inserimento lavorativo e sociale, ernia iatale, depressione ecc..
Debbono essere qui inseriti gli stili di vita da un lato, e il fatto che la doppia porzione di solito non costa quanto il doppio di una porzione normale, anzi alquanto di meno. E’ una pura questione di mercato.


Capitolo 108 - Dati sulle violenze domestiche non diffusi dai media
di Sam & Bunny Sewell (10 dicembre 2008)
13:33 15 LUG 2009 http://www.agi.it/ispesl/news/notizie/200907151333-cro-rt11109-violenza_domestica_categorie_a_rischio

(AGI) - Roma, 15 lug. - L'immaginario e la coscienza collettiva colgono la tradizionale "debolezza" attribuita al sesso femminile ed emerge dalle indagini effettuate l'esistenza e maggior consistenza numerica di atti di violenza in ambito familiare su donne. Le fasce di età nelle quali si concentra la massima vittimizzazione sono (per entrambi i sessi) quelle che vanno dai 26 ai 45 anni, ma per le femmine si rileva un "picco" specifico tra i 36 ed i 40 anni, mentre per i maschi l'area più critica si colloca subito dopo, dai 41 ai 45 anni.
Insomma, il principio e' costituzionalmente sancito ed eticamente riaffermato in ogni momento, ma la tutela, i bisogni e le problematiche restano confinate nella "privacy" della famiglia.
Una ricerca scientifica avente solide basi rivela che in realtà le violenze domestiche sono qualcosa che le donne infliggono agli uomini più frequentemente di quanto gli uomini non facciano alle donne. Mentre è vero che gli uomini sono responsabili della maggior parte delle violenze fuori dalle pareti domestiche, le donne risultano essere quelle che istigano la maggioranza delle violenze domestiche e che feriscono gli uomini più frequentemente e gravemente.
I risultati nella categoria "lesioni gravi" vengono riportati di seguito:
22 mogli su 1000 affermano di aver subito lesioni gravi da parte del marito
59 mogli su 1000 affermano di aver inflitto lesioni gravi al marito
32 mariti su 1000 affermano di aver subito lesioni gravi da parte delle mogli
18 mariti su 1000 affermano di aver inflitto lesioni gravi alla moglie
20 coppie di mariti e mogli su 1000 affermano che la moglie ha subito lesioni gravi
44 coppie di mariti e mogli su 1000 affermano che il marito ha subito lesioni gravi
Esistono dozzine di altri studi che rivelano scoperte simili. Per esempio: le donne sono tre volte più portate a fare uso di armi nelle violenze domestiche. Le donne provocano la maggior parte degli incidenti di violenza domestica. Le donne commettono la maggior parte degli abusi su bambini e su anziani. Le madri picchiano i figli maschi più frequentemente e gravemente di quanto non picchino le femmine. L'82% della gente ha avuto la sua prima esperienza di violenza per opera della madre. Le donne commettono la maggior parte degli infanticidi. Le donne commettono il 40% degli omicidi e la maggior parte delle vittime adulte sono uomini. Le donne commettono il 50% degli uxoricidi.
La tipica reazione delle femministe delle associazioni per la tutela contro gli abusi rispetto ai risultati degli studi scientifici è di avere un gravissimo atteggiamento di chiusura mentale.

La violenza domestica in altri paesi
Riteniamo sia importante notare che in molti paesi sono stati condotti lo stesso tipo di studi. La verifica transculturale dimostra che le donne sono più violente degli uomini in ambito domestico. Quando un comportamento riceve una verifica transculturale, significa che esso è parte della natura umana piuttosto che il risultato di condizionanti culturali. Le donne sono più spesso autrici di violenze domestiche in tutte le culture studiate. Ciò porta molti esperti alla conclusione che ci sia qualcosa di biologico sulle donne violente in ambienti familiari. I ricercatori stanno ora esaminando il ruolo del "dominio territoriale" come fattore della mancanza di considerazione delle donne per la differenza di taglia: le donne vedono la casa come il proprio territorio.

In tutto il mondo, le donne sono più violente degli uomini in ambiente domestico.
Questo studio è stato realizzato dalla dott.ssa Reena Sommer, Ph.D., un ricercatore associato con il Manitoba Centre for Health Policy and Evaluation. Violenze perpetrate da donne e da uomini in percentuale del campione:
% donne % uomini
Violenze minori
lancio di un oggetto 23.6 15.8
tentativo di lanciare un oggetto 14.9 7.3
lancio di un oggetto contro il partner 16.2 4.6
spinte o prese violente 19.8 17.2
Violenze gravi
schiaffi, pugni, calci 15.8 7.3
uso di armi 3.1 0.9
Un servizio sulle coppie di Calgary in Canada ha riscontrato che la percentuale delle violenze gravi dei mariti sulle mogli era del 4.8%, mentre la percentuale delle violenze gravi delle mogli sui mariti era del 10% (Brinkerhoff & Lupri, Canadian Journal of Sociology, 13:4 ,1989).
Di solito sono le donne che avviano gli episodi di violenza domestica (picchiano per prime), e picchiano più frequentemente, così come usano le armi tre volte più spesso degli uomini. Questa combinazione di atti violenti significa che gli sforzi per trovare una soluzione al problema delle violenze domestiche devono essere necessariamente focalizzati sugli attori femminili. Dobbiamo riconoscere che le donne sono violente, e abbiamo bisogno di programmi educativi nazionali che enfatizzino il ruolo delle donne come aggressori. Altri studi mostrano che gli uomini stanno diventando meno violenti mentre le donne diventano più violente.
Donne e uomini "sono quasi identici" in termini di frequenza di attacchi quali schiaffi, spinte e calci, ha dichiarato Mr. Straus.
Usando informazioni su coppie sposate ottenute da 2994 donne nel National Family Violence Survey, Mr. Straus ha rilevato una percentuale di aggressioni da parte di mogli del 124 per 1000 coppie, rispetto a 122 per 1000 aggressioni da parte dei mariti.
La percentuale di lesioni su minori da parte di mogli era 78 per 1000 coppie, e la percentuale di lesioni su minori da parte dei mariti era 72 per 1000. Riguardo alla categoria delle lesioni gravi, ha affermato Mr. Straus, la percentuale delle lesioni da parte delle mogli era 46 per 1000 coppie, e da parte dei mariti 50 per 1000.
Il commento del dott. Straus non rispecchia il National Family Violence Survey del 1995. Comunque, parte dei compiti del movimento femminista è far apparire gli uomini quanto più cattivi possibile. Il modo di considerare le violenze domestiche delle femministe è parte del problema. Il boicottaggio da parte dei media di notizie su studi scientifici è parte del problema. Il contributo della scienza ci dà speranza per una soluzione.
Sam & Bunny Sewell
e-mail 72752.76@compuserve.com (fonte: www.dirittoefamiglia.it Disponibile testo originale in inglese Traduzione Sorrentino -ABBREVIATO)

La mia ricerca di dati che confermino quelli dei Sewell non è stata precisa come quella usuale. Ciononostante, una diretta conferma deriva da questo articolo.

L’uomo picchiato, vittima dimenticata della violenza coniugale
28 gennaio, 2010 by Dott.ssa Bernabeo Maria
Categoria: Separazione coniugale, Ultimi articoli
Il pregiudizio sociale porta spesso ad ignorare la figura maschile nel ruolo di vittima, gli spot televisivi sottolineano la violenza subita dalle donne, in cui il messaggio diretto o indiretto è sempre quello di identificare l’uomo in genere come cattivo e aggressivo. Ma, la violenza che subiscono gli uomini all’interno o fuori delle mura domestiche non è mai menzionata.
Dagli studi canadesi si evince che sempre più uomini non sono carnefici ma sono vittime.
“I casi di uomini vittime della violenza delle loro compagne sono più diffusi di quanto non si creda”, spiega Yvon Dollaire, psicologo canadese autore “La violenza esercitata sugli uomini. Una complessa realtà tabù 2002”
L’uomo maltrattato generalmente prova enormi sensi di colpa e il più delle volte perde il suo status di uomo, finendo per restare isolato.
Sophie Torrent mostra come la violenza psicologica sia l’arma favorita dalle donne, questo tipo di violenza si esprime attraverso varie forme di rifiuto,di insulti o di accuse infondate , mentre la violenza fisica viene espressa con colpi inferti sul viso, colpi inferti sull’addome con forbici o con altri tipi di lame oppure con morsi.
Tra la violenza fisica e quella psicologica la più favorita è quella psicologica, poiché quest’ultima è meno perseguibile sotto il profilo legale; la donna producendo violenza psicologica tende attraverso questa ad apportare una denigrazione del proprio partner nel ruolo di amante e di padre, esprimendo queste diffamazioni sia nella sfera privata che pubblica, scopo di ciò è ledere la mascolinità.
Frequentemente la donna attacca l’uomo sul posto di lavoro,scopo di tutto ciò è il produrre isolamento sociale, la donna che produce violenza fa credere a tutti di essere lei la vittima delle violenze che giornalmente fa subire al proprio coniuge.
La violenza femminile è spesso giustificata, generalmente viene allegata a delle patologie (depressione post – partum , autodifesa, provocazione, menopausa).
La donna violenta non viene considerata una cattiva madre, ma un padre violento o accusato di pseudo violenza viene allontanato dai figli e viene definito un cattivo genitore.
Bisogna rilevare che continuando a negare il fenomeno degli uomini maltrattati, le femministe stanno ostracizzando una categorie di donne che soffrono dei loro comportamenti violenti, continuando a non vedere viene esclusa ogni possibilità di costruttivo aiuto.
Una ricerca condotta in Spagna: “ La violenza domestica: quello che non si racconta.”
Il ministro spagnolo del lavoro degli affari sociali, Jesùs Coldera, afferma “ La violenza delle donne sugli uomini è minima”, mentre il ministro della Giustizia, Juan Fernando Lopez Aguilar, afferma “ Non esiste, negli ospedali e nei commissariati, una casistica degli uomini maltrattati”.
Anche se i media non parlano, la violenza delle donne sui mariti, conviventi o amanti è un fenomeno che dilaga in tutto il mondo. Negli Stati Uniti, nel 2004, la percentuale di grave violenza fisica tra partner è stata attribuita al 35% ai maschi e il 30% alle donne.
Gli uomini che vengono picchiati spesso sono poco creduti o vengono messi alla berlina. Una donna maltrattata guadagna uno status e può trovare sostegno presso tanti gruppi per uscire dall’inferno delle violenze coniugali, mentre un uomo malmenato prova vergogna e perde il proprio status di uomo
“Gli uomini non denunciano i maltrattamenti subiti, perché non esistono luoghi, commissariati a parte, dove possono farlo; né esistono istituti pubblici come quelli della difesa della donna.
Puntualizza lo spagnolo Eloy Rodriguez, psicologo e sessuologo. “ Il 92% dei machos non denuncia i maltrattamenti perché pensa che così metterebbe in dubbio la propria mascolinità. E’ una questione culturale difficile da sradicare”.
I vari studi dimostrano che tra le statistiche reali e quelli ufficiali esiste una profonda diversità poiché il femminismo ha percorso un cammino errato, alzando una muraglia tra i due sessi, sostenendo che la violenza è intrinseca al maschio; una barriera montata per nascondere la violenza delle donne. (Psicologia giuridica, 2010)
[Questo sottocapitolo è stato riprodotto per intero senza chiedere il permesso. I dati rilevanti, però, almeno quelli disponibili, sono stati citati completamente].


Capitolo 108 - la punizione
L’ Italia ha circa 42.000 posti per la prigione, e circa 67.000 detenuti. Sono troppi. La mia opinione è che il tempo da trascorrere in prigione dovrebbe es-sere sostituito con denaro, nei casi che lo consentono. So bene che questo non sarà possibile. Tuttavia, proviamo a vedere se davvero non si può.
Circa un terzo dei detenuti sono stranieri, e sono detenuti per violazione delle norme sull’immigrazione e spaccio di droga, in attesa di processo. Per questi è semplice: caricateli su un aereo, e spediteli a casa. Saranno i loro compatrioti a istruire e fare il processo, ed eventualmente a irrogare la condanna.
Una buona parte sono detenuti per delitti connessi allo spaccio di droga. Se sono grandi trafficanti, lasciateli in prigione. Se sono piccoli spacciatori, italiani o stranieri, rimandateli a casa. E poi processateli, se sono italiani.
Una discreta parte, per lo più italiani, sono in attesa di processo, sulla base di chiamate di correo o di fatti così interpretati. Valutate, Giudici, se è il caso di mandarli a casa o di tenerli dentro.
Quanto ai condannati: sostituite la pena della detenzione con la corresponsione di una pena proporzionata in denaro. Almeno a partire dai reati minori.
A questo punto, una buona metà dei detenuti dovrebbe essere fuori, le spese molto ridotte, e dovrebbero essere valide solo per rispedire i condannati in patria. Ci pensino loro.
Non so cosa potremmo risparmiare, non ho i numeri precisi. E’ certo che gli espulsi verrebbero sostituiti al più presto, ma almeno con gente che non abbia procedimenti penali in corso.
Insomma, vero è che abbiamo bisogno di manodopera, ma non possiamo decidere di soddisfare a questo bisogno con persone che ci danno problemi.
Se i numeri sulla carcerazione sono precisi, allora il conto che ho cercato di fare ha tutte le possibilità di far continuare l’istituzione penitenziaria. Altrimenti, no.
I soldi risparmiati possono servire, per esempio, ad aumentare la paga degli agenti di custodia. Un altro impiego può servire per insegnare un lavoro a quelli che devono rimanere dentro, sulla base di quanto già conoscono. Un altro impiego ancora può servire per trovare lavoro dopo il carcere.
Infine, non devono essere trascurate le possibilità di lavoro, o di insegnamento di un lavoro, a coloro che sono nei carceri minorili.

CAPITOLO 109 - Come muore un bambino
Strage sulle strade / Ventinove bambini morti e ottantadue feriti in sei mesi sulle strade italiane (2009)

Sono stati 85 gli incidenti che hanno coinvolto bambini in Italia nei primi sei mesi del 2009, con 29 vittime (da zero a 13 anni) e 82 feriti. Il maggior numero di incidenti, 56, è avvenuto nell’area urbana (66%). All’Emilia-Romagna il primato negativo, con otto bimbi che hanno perso la vita (il 27,6% del totale) in 19 incidenti (22,3%); 17 i feriti(20,7%).
I dati sono stati elaborati dall’Asaps, l’ Associazione sostenitori della Polstrada, sulla base delle notizie di stampa e di quelle raccolte dai propri 600 referenti sul territorio nazionale. Degli 85 incidenti, oltre a quelli nell’area urbana,13 so-no avvenuti su statali e provinciali (15%), undici sulla rete autostradale (13%); per cinque episodi non è stato possibile risalire alla tipologia della stra-da teatro del sinistro. Delle 29 vittime mortali, 19 erano trasportate (39 feriti), in diversi casi senza che fossero rispettate le norme sull’uso del seggiolino o le cinture di sicurezza; due i bimbi che hanno perso la vita travolti mentre erano in bicicletta (sette i feriti); otto i bimbi investiti mentre erano a piedi (36 i feri-ti).
La fascia d’età che paga il prezzo più alto è quella che va da 0 a 5 anni, con 16 morti e 29 feriti; segue la fascia 6-10 anni, con sette morti e 29 feriti; infine la fascia 11-13 anni, con sei morti e 14 feriti. In alcuni casi non è stato possibile accertare l’esatta età delle piccole vittime. In otto episodi il conducente investitore è risultato in stato di ebbrezza per alcol o droga; dieci gli eventi in cui i bimbi sono stati vittime di pirati della strada.
In Emilia-Romagna ben sette degli otto bambini deceduti nei 19 incidenti sono rimasti vittime di incidenti in autostrada, mentre erano trasportati. Segue la Lombardia con 11 incidenti, il Lazio con nove, la Sicilia con otto, la Liguria e la Toscana con sette. (da blitz quotidiano, 22.9.09)

CAPITOLO 110– bambini sepolti vivi
Un seppellimento accidentale. Era uno dei grandi successi della nuova Haiti: la possibilità di allungare l’orario scolastico fino al pomeriggio, per tenere i bambini lontani dalle strade, e dalla violenza. Era uno dei passi per ridare a questo Paese la speranza di un futuro. E invece proprio quella conquista si sta rivelando una delle più grosse tragedie del terremoto: nel pomeriggio di una settimana fa centinaia di bambini sono morti perché erano ancora a scuola. Nella cittadina di Leogane, a ovest di Port au Prince, il 90 per cento delle costruzioni è andata distrutta, e tra queste anche la scuola, dove potrebbero essere morti cento bambini. (19 gennaio 2010). ultimenotizie.tv/notizie-dal-mondo/terremoto-haiti-scuola-crollata-cento-bambini-sepolti...
Due dipendenti dell’ospedale della facoltà di Medicina dell’Università di Jining (Shandong, in Cina) sono stati arrestati e i dirigenti sospesi, dopo il ritrovamento di 21 corpi di bambini e feti sepolti sulla sponda del fiume Guangfu. Le autorità cercano di placare l’opinione pubblica imputando ogni responsabilità agli ospedalieri e ai genitori dei bambini.
Otto dei corpi avevano un bracciale di identificazione dell’Ospedale universitario e almeno uno era in una sacca gialla ospedaliera con scritto “rifiuti medici”. L’opinione pubblica è furente e le autorità hanno subito sospeso il direttore e il vicedirettore dell’ospedale e un alto dirigente mentre sono in corso indagini.
Esperti intervengono per osservare che in Cina gli aborti sono frequenti e il costo della cremazione elevato, per cui molte famiglie povere seppelliscono da loro i corpi. Altri ricordano l’antica tradizione contadina di abbandonare i corpi dei neonati morti, perché considerati segno di sventura.
Ma qualcuno ricorda come nel Paese siano diffusi i rapimenti e il traffico di bambini, venduti come schiavi o ceduti a famiglie ricche senza figli, e che in altri casi bambini scomparsi sono stati utilizzati in esperimenti scientifici. Come i resti di bambini “bolliti” trovati nell’aprile 2006 a Lanzhou (Gansu), ritenuti usati in un laboratorio per esperimenti.
NDR: Ricordiamo che in Cina la pratica degli aborti è legata alla politica del figlio unico.
Fonte: AsiaNews, 1 aprile 2010

CAPITOLO 111-terremoti e bambini
UNICEF: 4700 bambini sepolti o feriti dal terremoto in Cina unicef.ch/it/informazione_stampa/stampa/archivio_2008/?325/...
Pechino/Zurigo, 23 maggio 2008 - Dopo il violento terremoto che ha colpito la provincia cinese del Sichuan, 14 000 persone sono state sepolte dalle macerie. Almeno 4700 bambini sono stati feriti o intrappolati in seguito al crollo degli edifici scolastici. L’UNICEF calcola che nella sola città di Juyuan 900 alunni abbiano perso la vita, mentre a Xiang su 420 ne sono sopravvissuti meno di cento. Il 23 maggio, la cifra ufficiale delle vittime è salita a 55 239 e si contavano 281 066 feriti. 3,3 milioni di case sono rase al suolo e 15,6 milioni hanno subìto danneggiamenti. La centrale operativa di soccorso del Sichuan segnala che 33 434 persone sono state estratte vive dalle macerie. Dato che si tratta di una delle province cinesi più povere e densamente abitate, si teme che il numero di vittime sia destinato a salire. Molte delle zone colpite dal sisma sono montagnose e di difficile accesso.
L’UNICEF rifornisce la popolazione scampata al disastro con beni di prima necessità. Finora, oltre a medicinali e materiale per garantire l’approvvigionamento idrico e i servizi igienico-sanitari, sono state distribuite mille tende, 15 000 coperte e 60 000 «Scuole in scatola». Per lenire le conseguenze psicologiche dell’immane catastrofe, l’UNICEF si prende cura dei bambini traumatizzati e distribuisce giocattoli e materiale scolastico.
Praticamente tutta l’infrastruttura della regione è andata distrutta.
L’UNICEF è presente in Cina da 25 anni e sostiene da diverso tempo programmi di sviluppo nella provincia del Sichuan per i bambini in tenera età, la prevenzione dell’AIDS e la difesa dell’infanzia dalla violenza e dallo sfruttamento.
Per gli aiuti d’emergenza, l’UNICEF ricorre a beni già presenti nel territorio cinese. Il governo cinese ribadisce che per i lavori di ricostruzione sarà indispensabile l’appoggio da parte della comunità internazionale.

CAPITOLO 112– bambini
(AGI/AFP) - Pechino, 15 giugno 2010 - I bambini costretti a lavorare da schiavi in Cina sono almeno mille. Secondo l'agenzia di stampa Nuova Cina, la polizia, dopo aver ispezionato 7.500 fornaci in cui si producono laterizi, ne ha salvati 470 nelle regione centrale del Paese, nelle province dello Shanxi e dello Henan. Sarebbe stato scoperto anche un caso di omicidio: un bambino ucciso con un badile e poi seppellito.
Nei giorni scorsi i media cinesi avevano diffuso la notizia di una serie di rapimenti di bambini, nelle stazioni di autobus e treni dell'Henan, venduti come schiavi per i cantieri della regione nord-occidentale dello Shanxi.

cooperazione.agi.it/in-primo-piano/notizie/...
swissinfo.ch/ita/rubriche/notizie_d_agenzia/mondo_brevi/...
Omicidi di bambini
ZURIGO - La stragrande maggioranza degli omicidi di bambini viene commessa in famiglia, soprattutto dalla madre: le donne sono infatti responsabili del 63% delle uccisioni. È quanto risulta da un'analisi preliminare effettuata su dati raccolti da criminologi dell'università di Zurigo, di cui dà notizia la "Neue Zürcher Zeitung".
Gli specialisti dell'ateneo guidati dal professor Martin Killias hanno registrato tutti gli omicidi commessi in Svizzera fra il 1980 e il 2004. È emerso che un caso su undici concerne un bambino fino a 15 anni: ancora più interessante risulta però il fatto che di questi il 28% (in cifre assolute 36 su 129) aveva meno di un anno. Il rischio di morte violenta è quindi a questa età molto più alta che nel resto dell'infanzia. Solo a partire dai 18 anni il rischio aumenta ulteriormente, per poi tornare a scendere dopo i 45 anni.
Nove omicidi di bambini su dieci vengono inoltre commessi in famiglia, il 94% dai genitori: ad uccidere è molto spesso una donna (63%, contro il 10% per l'insieme degli omicidi). Anche sul fronte della nazionalità dell'autore le statistiche mostrano un volto molto diverso rispetto agli omicidi di adulti: l'87% dei bimbi uccisi sono infatti svizzeri e fra gli autori dei delitti il 71% è svizzero.

CAPITOLO 113 -bambini sfruttati
Agghiaccianti le cifre diffuse dall'Onu e dall'Oms sulla violenza sui minori: oltre a 53mila uccisi, 223 milioni le vittime degli abusi. I soprusi sono «accettati» negli ambienti che dovrebbero tutelare l'infanzia. In 106 Paesi le punizioni corporali non sono vietate nelle scuole. Almeno 53 mila bambini assassinati nel 2002 in tutto il mondo. 150 milioni di bambine e 73 milioni di maschi sottoposti nel 2002 ad abusi sessuali. 100/140 milioni di femmine nel mondo hanno subito mutilazioni genitali, 3 milioni ogni anno in Africa. 218 milioni i bambini sottoposti nel 2004 a lavoro minorile, di cui 126 milioni in attività rischiose. Nel 2000 erano 5,7 milioni sottoposti a lavoro forzato per l'estinzione di un debito. 1,8 nel giro della prostituzione e pornografia. Ogni anno tra i 133 e 275 milioni di minori assistono a violenze in famiglia. Ottobre 2006 http://www.donboscoland.it/articoli/articolo.php?id=2705
unimondo.org/index.php/Guide/Diritti-umani/Bambini-e-minori/...5 maggio 2009
Sono ancora 56, tra governi e gruppi armati di 14 paesi, le formazioni militari che impiegano "bambini soldato". Lo segnala il Rapporto annuale del Segretario Generale dell'Onu, Ban Ki-moon su"Bambini e conflitti armati" (in inglese .pdf) presentato nei giorni scorsi presso il Consiglio di Sicurezza. Il Segretario Generale dell'Onu ha chiesto al Consiglio di Sicurezza "un'azione ferma contro gli Stati che reclutano bambini soldato" e ha fatto appello a tutte i governi per assicurare che la protezione dei minori nei conflitti armati sia superiore ad ogni altra considerazione".
L'organizzazione Human Rights Watch ha chiesto al Consiglio di Sicurezza dell'Onu di imporre sanzioni a governi e gruppi armati che reclutano bambini soldato, abusano sessualmente dei minori e compiono attacchi sulle scuole e di promuovere un efficace perseguimento penale dei comandanti responsabili di queste violenze e abusi. Tra le misure richieste da HRW vi è l'embargo di armi, il divieto di viaggi e il congelamento dei depositi finanziari.

Il Rapporto Onu sui bambini soldato
Unimondo.org www.carta.org/campagne/pace+e+guerra/17340
[5 Maggio 2009]
Sono utilizzati in 14 paesi, sia dagli eserciti governativi che da gruppi armati. Il segretario generale Ban Ki-moon chiede al Consiglio di sicurezza «azioni decise» contro «questi violatori». Progressi nella liberazione dei bambini, sestuplicate in un solo anno le scuole che hanno subito attacchi militari
Sono ancora 56, tra governi e gruppi armati di 14 paesi, le formazioni militari che impiegano bambini soldato. Lo segnala il Rapporto annuale del segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, su «Bambini e conflitti armati» presentato nei giorni scorsi presso il Consiglio di Sicurezza.
Il segretario generale dell’Onu ha chiesto al Consiglio di sicurezza «un’azione ferma contro gli Stati che reclutano bambini soldato» e ha fatto appello a tutte i governi per assicurare che la protezione dei minori nei conflitti armati «sia superiore ad ogni altra considerazione».

CAPITOLO 114 - donne uccise
Turchia: 2009, uccise 953 donne Incremento del 1.400% rispetto a numero donne uccise nel 2002 09 novembre 2009, 15:24 (ANSA) - ANKARA, 9 NOV - In Turchia, nei primi sette mesi di quest'anno, sono state assassinate 953 donne (pari a una media di 4,5 donne al giorno, 31 a settimana).
Rispetto al numero delle donne uccise nel 2002 che furono 66, l'incremento e' del 1.400%. Il dato e' stato fornito dal ministro della Giustizia in risposta ad una interrogazione presentata in Parlamento nell'ambito di una più ampia discussione sulle recenti iniziative del governo nel tentativo di porre fine alla piaga della violenza contro le donne.

Donne uccise, Italia prima in Ue per omicidi in casa
18/05/2010 - da www.apcom.it www.divorziobreve.it/?q=node/14390 Spetta all'Italia il triste record di essere prima nazione in Europa per omicidi in famiglia. In Italia si consuma un omicidio in famiglia in media ogni 2 giorni, 2 ore, 20 minuti e 41 secondi: e troppo spesso sono le donne a pagare la violenza dei mariti, soprattutto in caso di divorzi o separazioni, o i bambini quella di madri cadute in depressione. Il movente è passionale nel 25,9% degli omicidi, seguono contrasti personali nel 21,8% dei casi, i disturbi psichici nel 16,15% dei casi, le liti per l'assegnazione della casa coniugale nel 15% dei casi, le ragioni economiche (assegni di mantenimento o restituzioni di somme) nell'8% dei casi. L'Ami, associazione matrimonialisti italiani, spiega che nel nostro paese l'omicidio 'tra le mura domestiche' ha sempre più spesso un movente legato a fattori economici e soprattutto all'assegnazione della casa coniugale, che oggi sta diventando il vero 'pomo della discordia', ancor di più di quello dell'affidamento e della gestione dei figli. Le nuove povertà prodotte dalla separazione e la lunghezza insopportabile dei processi sono altre ragioni che contribuiscono a determinare le stragi familiari.
quasap.it/sicurezza/nel-pernambuco-brasile-dal-2002-piu-di-2000-le-donne-uccise...
L’Onu ha dichiarato che la regione di Recife è la più pericolosa al mondo per una donna a causa della violenza sistematica che subiscono. Vi propongo le statistiche delle donne uccise nello Stato di Pernambuco: Dal 2002 al 2004 sono state uccise 901 donne. Nel 2005 sono state uccise 274 donne e 319 nel 2006. Nel 2007, 279. Nel 2008, 274 . Dal primo giorno di gennaio alla fine di febbraio del 2009 hanno ucciso 49 donne e la violenza non si fermerà fino a quando i media internazionali, di un paese civile cominceranno a divulgare i numeri della barbarie, di questo femminicidio.
uaar.it/news/2007/08/12/caccia-alle-streghe-india-ancora-vittime-oltre-700-donne-uccise.
In India sono numerosi i casi di caccia alle streghe nelle aree rurali di circa dodici stati, principalmente nel nord e nel centro del paese. Oltre 700 donne sono state uccise lo scorso anno perché sospettate di essere streghe, secondo quanto riportano i media nazionali. Ci sono anche casi documentati in cui una donna viene presa di mira perché ha un carattere forte ed è perciò vista come una minaccia. Nella maggioranza dei casi è difficile per le donne accusate ottenere aiuto dall’esterno, ed esse sono forzate a lasciare la casa e la famiglia o a suicidarsi, oppure vengono brutalmente assassinate.
“Molte vicende non sono documentate perché è difficile per le donne viaggiare da regioni isolate sino ai luoghi in cui possono fare denunce”, spiega ancora Ahluwalia. “E poiché la violenza è diretta largamente contro le donne, la polizia spesso omette di prenderla sul serio. Nel migliore dei casi, la rubricano come un disagio sociale che deve essere risolto all’interno della comunità. [...]
www.ipsnotizie.it/print.php?idnews=803
MESSICO-AMERICACENTRALE
Omicidi di genere a Ciudad Juárez, solo una goccia in un oceano di sangue
(Diego Cevallos)
Ciudad Juárez è stata definita dalle organizzazioni per la difesa dei diritti umani “capitale dei crimini contro le donne". Sono state 400 le donne assassinate in questa città messicana negli ultimi 13 anni. Ma gli assassini di donne sono frequenti anche nel resto del Messico, così come in Guatemala e El Salvador, anche se fin'ora il dibattito pubblico su questo tema è stato pressoché inesistente.
Secondo i dati ufficiali, tra il 1995 e il 2005, sarebbero state uccise in media circa 1.000 donne ogni anno in Messico, paese con una popolazione di 103 milioni di abitanti. Nella lista dei paesi che registrano il maggior numero di questi omicidi non compare però Ciudad Juárez, ma Toluca, una città vicina alla capitale, e Guadalajara, nello stato centrale di Jalisco.
Oltreconfine, in Guatemala, 13 milioni di abitanti, sono state uccise 566 donne nei primi 10 mesi del 2006, mentre in El Salvador, 6,9 milioni di abitanti, tra gennaio e agosto ne sono state uccise 286.
A Ciudad Juárez, l’età della maggior parte delle donne uccise risulta compresa tra i 15 e i 30 anni, e molte di esse proverrebbero da famiglie a basso reddito e sarebbero impiegate nelle “maquiladoras”, fabbriche d’assemblaggio di prodotti per l’esportazione, che utilizzano materiali importati.
In Guatemala, nonostante il diverso contesto, gli omicidi presentano caratteri-stiche simili. La deputata Nineth Montenegro, presidente della Commissione legislativa della donna, ha confermato che tra gennaio e ottobre, nel suo paese sarebbero state uccise 566 donne.
Gli omicidi di genere in Guatemala vengono attribuiti prevalentemente al traffico di droga, al crimine organizzato e alle bande giovanili.
In uno studio delle Nazioni Unite su tutte le forme di violenza contro le donne, pubblicato a luglio, il caso di Ciudad Juárez viene citato per l’ennesima volta, ma questa volta compare anche il Guatemala.
“Gli omicidi di genere si verificano ovunque, ma sono state le dimensioni di questi casi in contesti comunitari, come a Ciudad Juárez, Messico, e Guatema-la, ad attrarre l’attenzione su questo aspetto della violenza contro le donne”, si legge nel documento.
In linea con le proteste dei gruppi di difesa dei diritti umani e di organizzazioni delle donne, l’Onu sostiene nel dossier che “l’impunità per questi crimini è uno dei fattori chiave degli episodi di violenza”.
Il rapporto non menziona El Salvador, ma anche qui la situazione è molto gra-ve.
Tra gennaio e agosto, in questo paese sono stati riportati 286 casi di omicidi di donne, il che indica un aumento della media annuale del fenomeno. Dal 2001 alla fine del 2005, secondo uno studio della Commissione per i diritti umani (Procuraduría para la Defensa de los Derechos Humanos, PDDH), sarebbero state uccise 1.320 donne.
Il sessanta per cento di questi omicidi, commessi per la maggior parte in ambito domestico, rimangono impuniti.
cafebabel.it/.../droga-e-violenza-dove-la-democrazia-in-messico.html
Un numero di omicidi dieci volte superiore all’Europa, corruzione a tutti i livelli della società e sfiducia nello stato. E i narcotrafficanti prendono il potere.
Di Thibault Blin (Traduzione: Francesca Arduini)
05/03/08
Sono passati già sette anni. Nel giugno del 2000 il Messico credeva di essersi assicurato il proprio futuro democratico mettendo fine ai 71 anni del regime autoritario e corrotto del Pri, il Partito Rivoluzionario Istituzionale. Ma il paese è in fase di stallo e la sicurezza è il primo problema: solo a Città del Messico vengono sporte 411 denunce per aggressione al giorno. Senza giustizia non c’è ordine. In città, gli automobilisti non rispettano il codice della strada, la truffa è diffusa a tutti i livelli della società, il sindacato degli insegnanti vende i posti di lavoro del Ministero dell’Istruzione e i politici fanno man bassa del denaro pubblico. Restare nella legalità sembra un’illusione. E molti conflitti vengono risolti in maniera brutale. Il Messico ha uno dei tassi di omicidi più alti del mondo: quindici ogni 100 000 abitanti, dieci volte più della media europea. In Messico, tra il 1999 e il 2006 più di 7000 donne sono state assassinate, e tale cifra, ufficiale, tiene conto solo degli omicidi: «Purtroppo questa è solo la punta dell’iceberg di una violenza generalizzata, e tollerata dallo Stato, che non ha fatto nulla per cercare di contenere il fenomeno», sottolinea Marcela Lagarde dell’Unione Internazionale delle Donne. «Nella maggior parte dei casi non è mai stato trovato un colpevole, né effettuato un arresto», ci dice. Questa violenza ha raggiunto il suo apice nel ritrovamento di Ciudad Juarez .


Capitolo 115 - situazione italiana
Attualmente, la situazione italiana, dal punto di vista criminologico, può essere sintetizzata in questo modo.
La crisi economica di due anni fa non è ancora recuperata: siamo indietro di tre- quattro anni, la disoccupazione è cresciuta, nel Sud i giovani hanno molta difficoltà a trovar lavoro, mentre al Nord non si recuperano ancora del tutto i ritmi di prima. Ma questi fenomeni saranno superati, prima o poi, e con la collaborazione degli altri Stati europei.
Oggi- sto scrivendo nei primi giorni del dicembre 2010- la situazione criminologica è costante, sono nettamente diminuiti i reati connessi con l’immigrazione, e molto probabilmente numerosi immigrati clandestini sono rapidamente tornati in patria, ma io non lo so con precisione, perché i dati al riguardo sono pressoché inesistenti.
Molte zone dell’Italia sono interessate da dimostrazioni studentesche contro la riforma Gelmini. Questa riforma della scuola e dell’Università dovrebbe fornire i presupposti per una gestione amministrativa più adeguata e proiettata nel futuro, ma molti ne dubitano.
Il clima fa in anticipo la sua parte, è ancora autunno e non ancora inverno, e quel che appare, leggendo quei quattro o cinque quotidiani al giorno, riguarda un Paese che fa molta fatica a ripartire. Spero che ce la faremo.
E’ difficile dire che cosa ci è d’ostacolo nell’andare avanti. Forse è anche difficile dire se stiamo andando avanti. A me pare che non stiamo andando indietro, benché i quotidiani continuino a dire che dopo Grecia, Portogallo, Irlanda e Spagna toccherà a qualcun altro, che saremmo noi, ma nessuno lo dice, anche se (forse) tutti lo pensano.

Capitolo 116 - immigrazione e droga
Stiamo vivendo tempi difficili, alla fine dell’anno 2010. Per esempio, vero è che la L. 4 novembre 2010 , n. 183 prevede che, all’art. 6, <<1-quinquies. I medici e gli altri professionisti sanitari al seguito di delegazioni sportive, in occasione di manifestazioni agonistiche organizzate dal Comitato olimpico internazionale, dalle Federazioni sportive internazionali, dal Comitato olimpico nazionale italiano o da organismi, società ed associazioni sportive da essi riconosciuti o, nei casi individuati con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con il Ministero degli affari esteri e con il Ministero dell’interno, al seguito di gruppi organizzati, sono autorizzati a svolgere la pertinente attività, in deroga alle norme sul riconoscimento dei titoli esteri, nei confronti dei componenti della rispettiva delegazione o gruppo organizzato e limitatamente al periodo di permanenza della delegazione o del gruppo. I professionisti sanitari cittadini di uno Stato membro dell’Unione europea godono del medesimo trattamento, ove più favorevole>>. [L’uso della lingua italiana è semplicemente deplorevole, non è colpa mia, perdonatemi].
Ma tuttavia vengono espulsi o accompagnati alla frontiera gli stranieri che non hanno un regolare visto di ingresso o un permesso di soggiorno
• Sono clandestini gli stranieri entrati in Italia senza regolare visto di in-gresso
• Sono irregolari gli stranieri che hanno perduto i requisiti necessari per la permanenza sul territorio nazionale (esempio: permesso di soggiorno scaduto e non rinnovato), di cui erano però in possesso all'ingresso in Italia.
I clandestini, secondo la normativa vigente, devono essere respinti alla frontiera o espulsi.
Non possono essere espulsi immediatamente se:
occorre prestare loro soccorso
occorre compiere accertamenti sulla loro identità o nazionalità
occorre preparare i documenti per il viaggio
non è disponibile un mezzo di trasporto idoneo
devono essere trattenuti, previo provvedimento del questore convalidato dal magistrato, presso appositi centri di permanenza temporanea e assistenza (art.14 del Testo Unico n. 286/98) per il tempo strettamente necessario per la loro identificazione ed espulsione
Il Ministro dell'interno adotta i provvedimenti che occorrono per l'esecuzione dell'espulsione (anche mediante convenzioni con altre amministrazioni dello Stato, con gli enti locali, con i proprietari o concessionari di aree, strutture e altre installazioni) e per la realizzazione di interventi assistenziali.
Secondo L’immigrazione nel XIX Rapporto Caritas/Migrantes (Franco Pittau, Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes, Edizioni Idos, ottobre 2009 ) questi sono alcuni aspetti sui quali concentrare l’attenzione:
1) i 4 milioni e 330 mila cittadini stranieri presenti regolarmente, pari al 7,2% della popolazione italiana;
2) i 2 milioni di lavoratori, che concorrono alla creazione della ricchezza del “sistema Italia” e aumentano ogni anno per supplire alle carenze della forza lavoro;
3) gli 862 mila minori figli di genitori stranieri, ormai un decimo della popo-lazione minorile, nella maggior parte dei casi nati in Italia, che giustamente considerano la loro terra;
4) le 629 mila presenze a scuola in rappresentanza di tanti paesi, un vero e proprio mondo in classe;
5) le oltre 100 mila persone che vengono ogni anno per ricongiungimento familiare nell’ottica di un insediamento stabile;
6) i 72 mila nuovi nati in Italia nel corso dell’anno, che costituiscono un supporto indispensabile al nostro sbilanciato andamento demografico;
7) le 40 mila persone che acquisiscono annualmente la cittadinanza italiana, a seguito di matrimonio o di anzianità di residenza, mostrando un forte attaccamento al nostro Paese;
8) i 24 mila matrimoni misti tra italiani e immigrati, che costituiscono una frontiera complessa, suggestiva e promettente della convivenza tra persone di diverse tradizioni culturali e religiose;
9) i circa 6 mila studenti stranieri che si laureano annualmente in Italia, in buona parte destinati a diventare la classe dirigente nel Paese di origine.
Se noi non troveremo un altro modo di parlare dell’immigrazione, diverso dai discorsi sugli sbarchi e sull’irregolarità, resteremo incapaci di gestire responsabilmente l’Italia che si va costruendo, nella quale già adesso 1 ogni 14 abitanti è un cittadino straniero regolarmente soggiornante.
In altre parole, l’autorevolezza dei rapporti della Caritas, così come riportati sopra, fa sì che questa formidabile immigrazione già da anni sia da considerarsi come una salvezza per la nostra popolazione e per il nostro reddito. Certamente i numeri sopra indicati sono in aumento, anche se dobbiamo pensare nuovamente come alloggiarli.

Capitolo 116 - riparazione
calabriareport.it/2009/01/30/frana-caltanissetta-protezione-civile www.diariodelweb.it/Articolo/Opinioni/?d=20091004&id=107034 Carlo Lottieri
Lo ha detto il capo dipartimento siciliano della protezione civile “il crollo dovuto agli immobili, costruiti malissimo”, Salvo Cocina, dopo il sopralluogo in via Mario Gori dove è crollato il muro che ha provocato la morte di due operai. Cocina ha verificato le condizioni della collina S. Anna da dove nelle ultime settimane sono state sgomberate 130 famiglie a causa di alcune frane. Da mesi, infatti, nella zona di Sant’Anna si verificano continui smottamenti in coincidenza con il fenomeno dei vulcanelli affiorati al villaggio Santa Barbara che dista in linea d’aria circa 5 chilometri ma che ha provocato proprio a S. Anna crepe in diversi edifici e adesso del maltempo che ha provocato diverse frane sulla stessa collina. “La protezione civile da mesi segue ciò che sta accadendo a Caltanissetta - dice Cocina - è un fenomeno complesso per il quale assieme al sindaco Salvatore Messana stiamo valutando gli interventi da intraprendere”.
Dietro la tragedia messinese, il declino della proprietà e quindi lo sfascio del territorio.
A destra come a sinistra, la tragedia messinese viene letta sostanzialmente nello stesso modo: come effetto di una carenza di intervento pubblico. L’idea è che ci sia bisogno di «più Stato» per la cura del territorio, «più Stato» per impedire abusivismi, «più Stato» per delineare una politica ambientale che sia poi tradotta in realtà e, alla fine, eviti altri smottamenti tanto disastrosi. L’idea che sia possibile leggere le cose diversamente neppure è presa in considerazione.
Il dissesto dell’Italia e il suo frequente smottamento hanno certo molte origini: talune indipendenti dalle azioni umane (fattori naturali), ma altre invece che obbligano a riflettere sul quadro legale. È però discutibile l’idea che la sola maniera per avere un Paese meglio protetto consista nel ridurre ancor di più la libertà d’azione degli individui e nel moltiplicare il numero dei controllori. Sarebbe da verificare chi ha costruito quelle case, e con quali criteri.

Ho a bella posta ripubblicato questa nota del dissesto strutturale e geologico dell’ Italia, per significare che alla Magistratura dovrebbero competere anche quei reati che ancor tali non sono, purché siano logicamente prevedibili. In fondo, già ci sono reati che sono sanzionati ancora quando la vera realizzazione del fatto non si è compiuta: in fondo, cosa sono i reati di pericolo? Ecco, a fronte dei delitti contro la persona stabiliti con gli articoli 582-583-590, ve ne sono tanti altri che non sono adeguatamente sanzionati, e che dovrebbero esserlo. A dire il vero, anche nella popolazione questo concetto non è diffuso, come non è diffuso il concetto di costruzione abusiva. Ecco perché a me viene in mente che dovremmo prima rendere abitabile il Paese, e poi ospitare le popolazioni straniere che vengono qui, o almeno fare un’opera di miglioramento continuo.
La situazione è analoga a quel che si verifica quando avvengono condizioni ambientali difficilmente accettabili, perché favoriscono l’insorgenza di malattie infettive, o il diffondersi di germi, o la prestazione di cure. Sono situazioni, queste, che limitano il benessere delle popolazioni, e, sul piano sociale, sono molto più dannose di qualche raro episodio criminale. Il problema dell’acqua inquinata sembra non ci debba interessare. Ma se guardiamo l’elenco delle voci che riguardano l’acqua inquinata possiamo facilmente renderci conto come le nostre tubature rappresentano una perdita vera e propria, e cioè una perdita di acqua potabile, e, se e quando la pressione dell’acqua all’interno della tubatura lo permette, anche un acquisto di acqua non potabile, che potrà influenzare il nostro benessere, e anche la nostra vita. L’acqua è un problema mondiale, ed è cosa di cui ci dobbiamo preoccupare con urgenza. Non limitatevi a guardare la casistica sopra presentata, che è cosa per noi banale, pensate solo all’ultima frase.

Capitolo 117 - inquinamento
Il rimedio principale all'inquinamento del suolo consiste nell'attuazione di corrette politiche di gestione dei rifiuti sensibili ai risvolti ambientali, nonché nell'emanazione e rispetto di specifiche normative volte alla sostenibilità ambientale e alla tutela dell'ambiente naturale. Il riciclaggio, recupero e reimpiego di materiali quali carta, vetro, plastica, metalli, svolge un ruolo importante nella prevenzione e riduzione a monte del pericolo di inquinamento. Molti prodotti chimici possono essere anch'essi recuperati e riciclati, ovvero smaltiti opportunamente dopo essere stati sottoposti a trattamenti che ne annullano o riducono la pericolosità.
L'inquinamento del suolo può essere contrastato col rimboschimento dei territori forestali o mediante procedimenti di bonifica. La porzione di terreno inquinata può essere rimossa tramite escavazione e posta in zona di confinamento in modo che non si abbiano rischi per gli esseri umani o ecosistemi sensibili. Importante è l'affermarsi dei cosiddetti biorimedi, metodiche che sfruttano la digestione microbica di particolari sostanze organiche.

Quello che inserisco, e sto inserendo, a livello di inquinamento di aria, suolo, acqua, non è privo di significato. Sto solo cercando di scoprire eventuali cause di morte che derivino da condotte omissive, o comunque deleterie, da parte di pubblici amministratori che preferiscano rinforzare il loro potere piuttosto che badare al benessere dei loro amministrati. E di evitare di qualificare come “naturali” cause di morte che non lo sono affatto, e che derivano invece da condotte che sono assolutamente omissive da parte dell’amministrazione, e commissive da parte di altri. In altri termini, partendo dall’amianto, dal cloruro di metile monomero, dal bifenile, e da altro, possiamo giungere alla dimostrazione che il progresso contiene in sé anche qualcosa che non può, anzi non deve, più essere usato.


Capitolo 118 - rumore
Correrò il rischio che questo libro diventi anche un sito di medicina del lavoro, un argomento che mi ha sempre affascinato.
I fattori che possono condizionare la lesività dell'impatto sonoro nei soggetti esposti sono: il livello di pressione sonora (intensità del rumore), il tempo di esposizione, la frequenza del rumore. Altri fattori, ritenuti accessori, ma che sembrano influenzare gli effetti del rumore sull'uomo sono: la sensibilità e la reattività individuale, la saturazione sensoriale, il timbro del rumore, la possibilità di controllo dell'emissione sonora, l'atteggiamento motivazionale del soggetto esposto, il numero e la distribuzione spaziale delle sorgenti, l'identificabilità della natura del rumore e della localizzazione della sorgente, l'età, l'acuità uditiva. L'impatto può manifestarsi sotto 3 forme: danno, disturbo, fastidio (per gli anglosassoni annoyance). Per danno si deve intendere ogni alterazione anche parzialmente non reversibile dell'apparato uditivo. Il disturbo è definito come un'alterazione reversibile delle condizioni psicofisiche dei soggetti esposti al rumore. L'annoyance è un fastidio causato dal rumore sugli individui, ma anche dalla combinazione di fattori di natura psicologica e sociologica.
Il danno provocato a carico dell'apparato uditivo può essere di tipo acuto se si realizza in un tempo brevissimo, in seguito ad una stimolazione acustica parti-colarmente intensa, oppure di tipo cronico quando evolve lentamente a seguito dell'esposizione a rumore protratta nel tempo come accade ad esempio ad operai che lavorano per giorni con il martello pneumatico. Il danno di tipo acuto è solitamente monolaterale (orecchio direttamente esposto), in quanto la testa agisce come schermo. Il soggetto, immediatamente dopo l'evento accusa dolore lacerante all'orecchio, senso di stordimento, ipoacusia sino alla completa sordità con acufeni (cioè rumori che il soggetto percepisce all'interno del proprio orecchio in forma di fischi o ronzii) fischianti continui, sensazione di orecchio pieno e, spesso, vertigini. All'esame otoscopico la membrana timpanica può essere solo congesta oppure presentare lacerazioni: i disturbi tendono a regredire fino a raggiungere, nei casi più fortunati, il completo recupero. Spesso però permangono postumi, dovuti soprattutto ai danni alle strutture nervose, e persistono pertanto acufeni e deficit uditivi
La perdita uditiva provocata dall'esposizione prolungata al rumore è, in genere, associata alla distruzione delle cellule cigliate dell'orecchio interno: la gravità della perdita uditiva dipende dalla sede e dall'estensione del danno subito dall'organo del Corti.
I sintomi della forma cronica dell'ipoacusia da rumore variano nelle diverse fasi della malattia: nel primo periodo di esposizione al rumore il soggetto accusa acufeni, sensazione di orecchio pieno, lieve cefalea, senso di fatica e intontimento; nella seconda fase, i sintomi sono pressoché assenti, ad esclusione di qualche acufene intermittente e soltanto un esame audiometrico permette di evidenziare i segni della malattia. In seguito il soggetto si accorge di non avere più un udito normale, in quanto incontra alcune difficoltà nella comunicazione con gli altri e nell'ascolto della radio o della televisione; infine la sensazione di insufficienza uditiva diventa palese . Nell'ipoacusia da rumore la perdita non è soltanto quantitativa ma anche qualitativa, poiché i suoni sono percepiti in maniera anomala e distorta e possono risultare persino fastidiosi. La socioacusia, cioè il fenomeno per la rumorosità presente nei consueti ambienti di vita delle società industrializzate induce traumi acustici, causa di un progressivo innalzamento della soglia uditiva, sembra stia assumendo una certa rilevanza.
Capitolo 119 - ossido di carbonio
È un gas che si forma tutte le volte che una fonte di energia brucia in presenza di una quantità di ossigeno non adeguata alla potenza calorica dell'apparecchio (il che può avvenire per le cause più banali).
L'altissima pericolosità dell'ossido di carbonio, purtroppo sottovalutata fino a oggi un po' da tutti, è dovuta al fatto che è un gas:
• che non si sente e non si vede;
• che, essendo più pesante dell'aria, si va a stratificare in basso, intossicando prima le persone sdraiate (ad esempio durante il sonno) o i bambini;
• che si sostituisce facilmente all'ossigeno dell'emoglobina (contenuta nel sangue) e che colpisce prima di tutto i centri cerebrali, provocando uno stato di stordimento che impedisce all'intossicato qualsiasi difesa.
Le intossicazioni da ossido di carbonio possono essere provocate, in ordine di frequenza:
• dalle caldaie autonome, dagli scaldabagni e dagli scalda-acqua a metano (o ancora a gas di città) e perfino dalle caldaie autonome a gasolio;
• dalle stufette a gas in bombole o a cherosene;
• dai caminetti e dai bracieri.
La migliore prevenzione di questo incidente (che il più delle volte è mortale) consiste nel:
• non usare mai i bracieri;
• se proprio non si può fare a meno del caminetto, curare al massimo la manutenzione e l'aerazione;
• se non c'è possibilità di avere il riscaldamento centralizzato e neanche di mettere su di un balcone la caldaia a gas autonoma (o lo scaldabagno) impiantare almeno una delle più moderne caldaie a tenuta stagna;
• non usare stufe a gas o cherosene (oltre all'intossicazione si possono verificare esplosioni, scoppi, incendi) ma semmai stufe a elettricità, con marchio Imq (meglio quelle "a sabbia");
• non andare mai a letto lasciando accesi gli apparecchi di riscaldamento.

Capitolo 120 - mesotelioma pleurico
Amianto ed omicidio colposo. Cass. Pen. Sez. IV, sentenza 11.4.2008, n. 22165 Rocchina Stajano
Nel delitto di omicidio colposo consistito in un mesotelioma associabile ad esposizione lavorativa ad amianto, il datore di lavoro versa in colpa, qualora, in violazione delle norme vigenti all'epoca, non abbia adottato ogni misura destinata ad abbattere l'esposizione lavorativa alle polveri di amianto, potendosi rappresentare un evento di danno alla salute del lavoratore deceduto.
Nel caso di specie, riguardante omicidio colposo consistito in un mesotelioma occorso a lavoratori esposto ad amianto, sussiste il nesso causale tra condotta dei responsabili aziendali succedutisi in tutto il periodo di esposizione del lavoratore e malattia, qualora l'omesso controllo delle polveri di amianto nei periodi ad essi ascrivibili abbia anticipato significativamente quell'esito, quando, cioè, senza la condotta considerata, quello stesso esito si sarebbe verificato in un momento apprezzabilmente successivo o con una intensità lesiva inferiore, sicché occorre valutare se l'inalazione prolungata, benché non necessaria per l'induzione, abbia accelerato il processo di latenza (recte, abbreviato i tempi) conclusosi con la morte del lavoratore.
Tale orientamento è ribadito da altre pronunce della giurisprudenza di merito (Trib. Carrara, 13 gennaio 2004; App. Milano, Sez. IV, 30 agosto 2004) e della giurisprudenza di legittimità (Cass. pen., Sez. IV, 22 maggio 2007, n. 25528).
(Altalex, 6 novembre 2008. Nota di Rocchina Staiano).
Nei punti più pericolosi in Italia sono in corso procedimenti penali per lesioni o morte da amianto (tribunali di Casale Monferrato, Venezia, Palermo).

Capitolo 121 - DISASTRI INDUSTRIALI
Il disastro di Seveso http://www.epicentro.iss.it/focus/seveso/seveso.asp
Il 10 luglio del 1976 si è verificato uno dei più gravi incidenti ambientali della storia italiana: una nube di diossina si è sprigionata dalla fabbrica di cosmetici dell’Icmesa a Seveso, in Brianza. La fabbrica produceva triclorofenolo, che sopra i 156 gradi si trasforma in 2,3,7,8-tetracloro-dibenzodiossina (Tcdd), una varietà di diossina particolarmente tossica. E quel giorno, per un incidente in un reattore, la temperatura era salita fino a 500 gradi. Così l’area circostante è stata contaminata dal Tcdd, che può causare tumori e danni gravi al sistema nervoso, a quello cardiocircolatorio, al fegato e ai reni. Inoltre riduce la fertilità e, nelle donne incinte, può provocare malformazioni al feto e aborti spontanei.
Che la diossina sia una sostanza cancerogena è stato affermato anche dall’International Agency for Research on Cancer. Il Tcdd in particolare è pericoloso anche in piccole dosi, e la quantità totale fuoriuscita dalla fabbrica di Seveso, che secondo le prime informazioni era di soli 300 grammi, oggi è stimata intorno ai 15 o anche 18 chilogrammi.
Gli effetti immediati sulla popolazione sono stati evidenti soprattutto da un punto di vista dermatologico: già dopo due giorni sono comparsi i primi casi di cloracne, una malattia di cui è documentata la correlazione con la diossina. Oggi in totale il numero di casi di cloracne è salito a 193.
I dati epidemiologici sulla mortalità
In base ai dati più recenti, il risultato più significativo riguarda l’incremento nelle zone più inquinate di neoplasie del tessuto linfatico ed emopoietico, in particolare per le donne: nella zona A (quella immediatamente intorno al luogo dell’incidente) il rate ratio è di 3,17, e nella zona B (quella più vasta intorno alla zona A) di 1,94. Il dato più alto riguarda i linfomi non-Hodgkin nella zona A (rate ratio di 4,45), mentre nella zona B il rate ratio per tutti i linfomi è di 2,14 e per i mielomi di 3,07. Fra gli uomini, l’unico dato in eccesso significativo riguarda la mortalità per leucemie, con un rate ratio di 2,07 nella zona B.
Gli effetti dell’incidente di Seveso però non si limitano ai tumori: nelle zone A e B sono stati osservati anche incrementi della mortalità per malattie circolatorie nei primi anni dopo l’incidente, di malattie croniche ostruttive dei polmoni e di diabete mellito fra le donne.
Lo studio quindi conferma il rischio tossico e carcinogenico dell’esposizione a Tcdd nell’uomo.

www.amnesty.it/Bhopal-bus-tour.html
Il 2 dicembre 1984, qualche minuto prima della mezzanotte, decine di tonnellate di isocianato di metile, un agente chimico utilizzato nella produzione di pesticidi, e oltre 12.000 chili di reagenti chimici fuoriuscirono dallo stabilimento di pesticidi della Union Carbide (oggi Dow Chemical Company) di Bhopal, in India. Circa mezzo milione di persone fu esposto a questi gas tossici. Nel giro di pochi giorni ci furono tra le 7000 e le 10.000 vittime e altre 15.000 persone morirono nei 20 anni successivi. La maggior parte viveva in condizioni di povertà negli insediamenti abitativi precari che circondavano la fabbrica. Le vittime erano spesso l'unica o la principale fonte di reddito delle rispettive famiglie e molti hanno perso anche il bestiame, altra fonte di reddito fondamentale. A causa dei problemi di salute, in migliaia hanno perso il lavoro o la capacità di guadagnare denaro. In pratica, tutti quelli che sono stati colpiti dalla fuoriuscita dei gas sono stati trascinati ancora più a fondo nella povertà.
A distanza di quasi 25 anni, l'area di Bhopal non è ancora stata bonificata né sono state condotte inchieste adeguate sull'incidente e sulle sue conseguenze. Centinaia di migliaia di persone continuano a soffrire di malattie associate al disastro, come disturbi respiratori, cancro, ansia e depressione, malformazioni genetiche e i sopravvissuti sono tuttora in attesa di ottenere una riparazione equa e adeguata per le sofferenze che il disastro ha provocato.
Sebbene il disastro sia avvenuto oltre 25 anni fa, il terribile impatto della fuoriuscita di gas tossici sulla popolazione, sui terreni, sulle falde acquifere e nell'aria, è ancora presente. Molti sopravvissuti aspettano ancora di ottenere un risarcimento economico. Il sito della fabbrica non è ancora stato decontaminato. La fuoriuscita delle sostanze chimiche, così come il loro impatto, non sono mai state adeguatamente affrontate. Le misure messe in atto dal governo indiano per avviare una riabilitazione dei sopravvissuti al disastro - sia dal punto di vista delle cure mediche sia della riabilitazione socio economica - sono state insufficienti.
Nel febbraio 2001, inoltre, la Union Carbide è passata sotto il totale controllo della Dow Chemical Company. Anche se la Union Carbide continua a essere un'entità giuridica separata, la sua identità aziendale e tutte le sue attività sono interamente integrate con quelle della Dow che, tuttavia, continua a dichiarare pubblicamente di non avere alcuna responsabilità per la fuoriuscita delle sostanze tossiche o per l'inquinamento provocato dall'impianto di Bhopal.
Nell'agosto 2008, il governo indiano si è impegnato ad affrontare alcune delle richieste della gente di Bhopal. Una delle sue principali promesse era di istituire una Commissione con pieni poteri sul disastro di Bhopal con autorità e risorse adeguate per guidare e coordinare l'azione di governo. Secondo il governo, il processo di costituzione della Commissione è stato ritardato a causa delle elezioni politiche del 2009. Tuttavia, nel luglio 2008 una bozza del mandato della Commissione era già stata approvata da alcuni ministeri e il primo ministro aveva più volte sostenuto l'iniziativa.

http://www.tuttotrading.it/granditemi/inquinamento/060504strageaminamata.php
(www.lanuovaecologia.it)
4 maggio 2006 Giappone, 50 anni fa la strage di Minamata
Furono avvelenate migliaia di persone dal pesce inquinato al mercurio. Le colpe dell'industria chimica. Solo dal 1997 la baia è fuori pericolo.
Giappone del sud, Minamata. Sono trascorsi 50 anni da quando si scoprì che un numero preoccupante di morti nella zona era dovuto a una causa e impensata: avevano mangiato pesce inquinato da rifiuti al mercurio provenienti dagli scarichi dell'industria chimica “Chisso”.
A questo letale accumulo di metallo nel corpo umano fu dato il nome di “sindrome di Minamata” e ancora oggi, 50 anni dopo, c'é chi ne soffre e ne muore. La sindrome è una malattia ancora senza cura (si può solo cercare di alleviarne i sintomi), che attacca il sistema nervoso, origina disturbi alla
vista e all'udito e provoca malformazioni genetiche.
Ma per stabilire un legame fra queste sofferenze e l'inquinamento dovuto alla “Chisso” ci vollero ben 12 anni, durante i quali l'industria negò non solo la sua responsabilità per la sindrome, ma addirittura l'utilizzo del mercurio nei suoi impianti. Le vittime del disastro ecologico ufficialmente riconosciute sono ora poco più di duemila e un migliaio coloro che risultano ancora affetti dalla sindrome. Ma in occasione delle celebrazioni dell'anniversario le associazioni locali hanno detto di ritenere assai inferiori alla realtà anche le successive valutazioni secondo cui le persone colpite in varia misura dalla malattia sarebbero almeno 12.000. Tuttora ci sono ben 3.800 abitanti della zona che attendono un riconoscimento di infermità che ritengono legate alla sindrome, e comunque è solo dal 1997 che tutta la fauna della baia di Minamata è stata dichiarata interamente fuori pericolo.
Se con il trascorrere degli anni le conseguenze della tragedia hanno finito per essere ignorate in gran parte del mondo, lo scalpore che essa fece all'epoca della sua scoperta ha rappresentato per tutti un punto di non ritorno, una presa di coscienza senza precedenti sui temi della salvaguardia dell'ambiente e della salute, della lotta contro l'indifferenza per gli abusi ecologici.

CERNOBYL: DAL DISASTRO AD OGGI (www.greenpeace.it)
Il 26 aprile 1986 un grave incidente colpì il quarto reattore della centrale nucleare di Cernobyl, in Ucraina – allora parte dell’Unione Sovietica. I tecnici della centrale avevano intenzione di testare se le turbine sarebbero state in grado di fornire l’energia necessaria a mantenere operative le pompe dell’impianto di raffreddamento del reattore, nel caso di una perdita di energia e senza ricorrere al generatore diesel di emergenza. Qualcosa andò storto. Appena incominciò il test il reattore andò fuori controllo. I sistemi di sicurezza erano stati disattivati. Si verificò una violenta esplosione che fece saltare la struttura di 1000 tonnellate che sigillava l’edificio del reattore. Le barre di uranio si fusero quando la temperatura incominciò a superare i 2000 °C. Anche la copertura in grafite del reattore prese fuoco. Il rogo andò avanti per nove giorni, rilasciando in atmosfera cento volte tanto la radioattività sprigionata dalle bombe atomiche sganciate su Hiroshima e Nagasaki.
Le conseguenze dell’incidente di Cernobyl
La maggior parte della radiazione venne rilasciata nei primi 10 giorni, contaminando milioni di persone e una vasta area. Nei giorni successivi all’incidente, a causa di perturbazioni meteo, la contaminazione arrivò fino in Europa centrale, Germania, Francia, Italia, Grecia, Scandinavia, e Regno Unito. In Bielorussia, Russia e Ucraina furono contaminati tra i 125mila e 146mila chilometri quadrati di territori a livelli tali da richiedere l’evacuazione della popolazione.
Gli impatti più seri nel lungo periodo si devono al Cesio-137, i cui livelli di contaminazione si riducono significativamente solo dopo 100 anni. Livelli di radioattività significativi da Cesio-137 possono ancora essere riscontrati in Scozia e in Grecia. Oltre a questo, anche gli impatti sulla popolazione locale continuano a persistere per decenni ed oggi, a 24 anni di distanza, si continuano ad avere nuove vittime. Uno studio di scienziati dell’Accademia delle Scienze ucraina e bielorussa, pubblicato da Greenpeace nel 2006 (in coincidenza del 20° anniversario del disastro), stima che nel lungo periodo si potranno raggiungere 100 mila vittime.
La situazione attuale a oltre 20 anni dall’incidente
I segnali di miglioramento sono pochi. La popolazione sta incominciando a tornare ad abitare nei villaggi abbandonati, nonostante si tratti di aree ancora a rischio. Nel 2006 Greenpeace ha raccolto campioni nel villaggio di Bober, fuori dalla zona di esclusione. Le analisi hanno rivelato che i livelli di contaminazione erano 20 volte superiori ai limiti fissati dall’Unione Europea per i rifiuti radioattivi pericolosi. Un altro problema consiste nel fatto che, mano a mano che il tempo passa, molte delle persone che rischiarono la vita per spegnere l’incendio e molte delle vittime colpite ricevono sempre meno cure e assistenza sociale.
Le stime sulla mortalità derivante dall’incidente di Cernobyl variano a seconda dei parametri presi in esame. La più recente ricerca epidemiologica, pubblicata in collaborazione con l’Accademia Russa delle Scienze, mostra che gli studi precedenti erano stati troppo cauti. Per esempio, l’AIEA nel 2005 parla di soli quattromila morti, ma le statistiche più recenti stimano invece in duecentomila le morti dovute all’incidente di Cernobyl, tra il ’90 e il 2004 prendendo in esame solo Ucraina, Bielorussia e Russia.
Quattro gruppi di popolazione sono stati maggiormente colpiti dalle maggiori ripercussioni sanitarie: i lavoratori impiegati nella bonifica, i cosiddetti ‘liquidatori’, inclusi i militari che hanno ostruito il guscio protettivo del reattore; gli evacuati dalle aree fortemente contaminate nel raggio di 30 chilometri dalla centrale, i residenti delle aree meno contaminate e i bambini nati da famiglie appartenenti a questi tre gruppi.

ARAL (da Wikipedia)
L'Aral è un lago salato di origine oceanica, situato alla frontiera tra l'Uzbekistan e il Kazakistan. Possiede due immissari (Amu Darya e Syr Darya) ma non ha emissari che lo colleghino all'oceano; è infatti un bacino endoreico.
In origine il lago faceva parte di un vasto oceano che comprendeva anche il Mediterraneo ed il Mar Nero e che, ritirandosi, ha generato, oltre all'Aral, anche il Mar Caspio. Il lago ha sempre mostrato importanti variazioni nel suo livello in tempi storici e sul fondo prosciugato del lago sono riapparsi i resti, risalenti al XIII-XIV secolo, di un'antica città. Le variazioni di cui si ha certezza sono quelle che lo hanno visto diminuire fino all'anno 1880. Da quel momento fino al 1908 si era osservato un innalzamento della superficie di circa 3 metri, nonostante fossero già stati avviati, seppur in piccola scala, i lavori di deviazione dei due immissari. Accertato invece è che nell'antichità avesse un emissario che portava le sue acque fino al mar Caspio e che fungeva da via navigabile collegata alla "via della seta".
Il lago d'Aral è vittima di uno dei più gravi disastri ambientali provocati dall'uomo. Originariamente infatti, il lago era ampio all'incirca 68.000 km², ma dal 1960 il volume e la sua superficie sono diminuiti di circa il 75%. Nel 2007 il lago era ridotto al 10% della dimensione originaria. Questo è stato principalmente dovuto al piano di coltura intensiva voluto dal regime sovietico dell'immediato dopoguerra. L'acqua dei due fiumi che tributavano nel lago è stata prelevata, tramite l'uso di canali e per gran parte della lunghezza dei fiumi stessi, per irrigare i neonati vasti campi di cotone delle aree circostanti. Sin dal 1950 si poterono osservare i primi vistosi abbassamenti del livello delle acque del lago. Già nel 1952 alcuni rami della grande foce a delta dell'Amu Darya non avevano più abbastanza acqua per poter sfociare nel lago. I pianificatori ritenevano che il lago, una volta ridotto ad una grande palude acquitrinosa sarebbe stato facilmente utilizzabile per la coltivazione del riso. Per far posto alle piantagioni, i consorzi agricoli non hanno lesinato l'uso di diserbanti e pesticidi che hanno inquinato il terreno circostante. Nel corso di quattro decenni la linea della costa è arretrata in alcuni punti anche di 150 km lasciando al posto del lago un deserto di sabbia salata invece del previsto acquitrino. A causa infatti della sua posizione geografica (si trova al centro dell'arido bassopiano turanico) è soggetto a una forte evaporazione che non è più compensata dalle acque degli immissari. L'impatto ambientale sulla fauna lacustre è stato devastante. Il vento che spira costantemente verso est/sud-est trasporta la sabbia, salata e tossica a causa dei pesticidi, ha reso inabitabile gran parte dell'area e le malattie respiratorie e renali hanno un'incidenza altissima sulla popolazione locale. Le polveri sono arrivate fino su alcuni ghiacciai dell'Himalaya.
I numerosi insediamenti di pescatori che vivevano del pesce del lago sono stati via via abbandonati fino al 1982, anno della definitiva cessazione di ogni attività direttamente correlata alla pesca nel lago. Nel corso degli anni sia la città di Moynaq (situata a sud del lago, in Uzbekistan, nel territorio della repubblica del Karakalpakstan) che la città di Aralsk (situata a nord-est del lago, in Kazakistan) sono diventate meta di un lugubre turismo che cerca le carcasse delle navi arrugginite abbandonate in quello che ora è un deserto di sale ed una volta era un florido lago.
A tutt'oggi, i governi delle nazioni che insistono nell'area interessata non hanno intrapreso significative azioni comuni per ripristinare l'afflusso delle acque verso il bacino del lago. Il motivo è che la coltivazione del cotone impiega ormai una quantità di lavoratori cinque volte maggiore di quella che una volta era impiegata nella pesca. Inoltre i terreni che le acque del lago hanno scoperto ritirandosi hanno mostrato di essere ricchissimi giacimenti di gas naturale. Per anni una grave preoccupazione era costituita dall'installazione militare sovietica abbandonata dal 1992, i cui resti si trovano tuttora su quella che una volta era l'isola di Vozroždenie. In quella base infatti venivano condotti esperimenti di armamenti chimico-batteriologici. A causa dell'abbassamento del livello del lago, tale isola ormai era di fatto diventata parte della terraferma e facilmente raggiungibile. La presenza di fusti di antrace e di altri agenti tossici era nota e confermata sia dalle autorità ex-sovietiche, sia dalle autorità uzbeke, sia da quelle statunitensi incaricate di indagare sulla effettiva pericolosità del luogo. Tale installazione è stata bonificata definitivamente nel 2002 con uno sforzo congiunto delle autorità del Kazakistan e dell'Uzbekistan coadiuvate da consulenti statunitensi. Periodici sopralluoghi vengono via via effettuati nella zona per accertare l'eventuale persistenza di agenti tossici.
Il lago, prosciugandosi, si è diviso, dal 1987, in due laghi distinti. Quello a sud, e quello (molto più piccolo) a nord. Il lago a nord ("Piccolo Aral"), dopo alcuni lavori di bonifica, è stato completamente isolato dalla parte sud con la costruzione, finanziata dalla Banca Mondiale, della diga chiamata Kokaral e nuovamente ricongiunto, seppur con un afflusso ridotto, all'antico affluente Syr Darya. La costruzione della diga è stata completata nel 2005. Essa è una parte di un progetto più grande che punta alla riqualificazione della parte kazaka del lago. Il completamento dei lavori, che tra l'altro prevedono una forte riduzione degli sprechi idrici del Syr Darya in modo da far arrivare al lago quanta più acqua possibile, è previsto per la fine del 2008, o più in avanti.
I risultati sono stati sorprendentemente incoraggianti, tanto che in alcuni villaggi è ripresa l'attività di pesca dopo che alcune specie di pesci erano state reintrodotte proprio per tentare di rendere la pesca nuovamente praticabile. Le acque del lago, inoltre, sono risultate abbastanza pulite da essere potabili e la salinità è tornata livelli simili a quelli pre-1960. Notevole è stato l'aumento del livello delle acque. Dal 2003 al 2008 la superficie del Piccolo Aral è passata da 2550 km² a 3300 km². Nello stesso periodo la profondità è passata da 30 a 42 metri.
Una diga costruita nel 2005 ha contribuito a una rapida espansione della parte più settentrionale del Mare d'Aral, provocando una sostanziale diminuzione della salinità. Le popolazioni ittiche e le zone umide si stanno ricostituendo, e si vedono i primi segni di ripresa economica. I due grandi bacini meridionali rischiano però di morire del tutto, a meno che il corso dell'Amu Darya, che li alimentava, non sia sensibilmente modificato, un progetto che richiede decine di miliardi di dollari e difficili accordi politici. Altri laghi nel mondo stanno iniziando a subire un destino analogo, in particolare il lago Ciad in Africa centrale e il Salton Sea nella California meridionale.
C'è da considerare tuttavia il fatto che il "Piccolo Aral" giace completamente sul suolo del Kazakistan e la sua divisione ha, in pratica, condannato a morte il "Grande Aral", che invece giace in gran parte in Uzbekistan. Le autorità dell'Uzbekistan ritengono che ormai la situazione sia talmente compromessa che l'unica soluzione sia quella di investire nel rinverdimento del deserto lasciato dal lago evaporato invece di provvedere ad un suo eventuale nuovo riempimento. Stanno avendo un discreto successo delle opere di rimboschimento di Haloxylon ammodendron, un arbusto noto anche con il nome di "albero del sale", in grado di vivere in ambienti aridi e dalla salinità elevata. Secondo un piano curato da autorità tedesche, uzbeke e kazake, nel giro di 10 anni circa 300.000 ettari saranno rimboschiti con questo tipo di vegetazione. L'obiettivo è quello di ridurre del 60%-70% la velocità del vento al suolo durante le frequenti tempeste di sabbia in modo da ridurre sensibilmente la quantità di polveri che i venti portano nei dintorni.


Capitolo 122 - la morte dei bambini
I bambini non hanno piena consapevolezza di sé, e spesso non sanno tutelarsi. Nell’anno 2008, per alcuni mesi, ho raccolto la casistica di bambini, che sono deceduti in seguito ad eventi che non possono non derivare da responsabilità altrui.
venerdì 5 settembre 2008
MADRID (5 settembre) - Due fratellini di 3 e 5 anni sono morti bruciati in un furgoncino del padre che li aveva lasciati soli sul veicolo per pochi minuti, per andare in un negozio. È accaduto giovedì in Spagna, vicino alla cittadina di Quintanar del Rey. Il sindaco della città Martin Cebrian ha detto alla radio che l'automezzo ha preso fuoco per motivi non ancora accertati ed è poi esploso. «I medici legali hanno recuperato i corpicini dei bambini, completamente calcinati», ha aggiunto Cebrian.

La polizia ha interrogato il padre. La famiglia è originaria dell'Ecuador e vive nella regione da tre anni. A Quintanar del Rey - che ha circa 8.000 abitanti - sono stati proclamati tre giorni di lutto cittadino. (da il messaggero, 5 settem-bre 2008)
martedì 2 settembre 2008
Bimba cade in acqua bollente:morta
Bergamo, la piccola aveva un anno
Una bambina di un anno è morta in quello che sembra essere un drammatico incidente domestico: è finita in una bacinella di acqua bollente. La piccola (figlia di una coppia di immigrati marocchini) stava giocando con il fratellino di 3 anni nella loro casa a Morengo (Bergamo). I genitori l'hanno subito soccorsa portandola all'ospedale ma è stato tutto inutile. Il pm ha disposto l'autopsia.
Il drammatico episodio è avvenuto in un'abitazione alla cascina La Maggiolina di Morengo. La piccola, per cause ancora tutte da accertare, sarebbe finita in una bacinella di acqua bollente con cui stava giocando in compagnia del fratellino, di 3 anni. La bimba ha riportato vaste e gravissime ustioni su tutto il corpo ma non è chiaro se sia morta per le ustioni o per annegamento. A stabilirlo sarà l'autopsia in programma mercoledì, all'ospedale di Romano di Lombardia (da tgcom 2 settembre 2008)
domenica 31 agosto 2008
Bimbo ingerisce cocaina:morto
Brasile, il piccolo aveva 2 anni
Un bimbo brasiliano di 2 anni è morto dopo aver ingerito della cocaina comprata dal padre. Secondo fonti mediche, il bambino era nella sua casa di Sanga Puità quando ha aperto un pacchetto di carta metallizzata contente 5 grammi di cocaina che aveva comprato suo padre. Il bimbo, curioso, ha assaggiato la polvere bianca. E' stato ricoverato in ospedale con gravi convulsioni, ma non c'è stato nulla da fare: è morto per una crisi cardiaca.
La tragedia è avvenuta nel sud del Mato Grosso, davanti agli occhi dei genitori. Al momento non è ancora chiaro come il piccolo sia entrato in possesso della droga, ma con molta probabilità il padre deve averla lasciata incustodita in una zona accessibile. Sul caso stanno indagando le forze dell'ordine, che hanno fermato l'uomo. (tgcom 31 agosto 2008)
venerdì 29 agosto 2008
Annega in piscina: bimbo 2 anni giocava con i fratellini

TORINO - Stava giocando con i fratelli più grandi, il bimbo di 2 anni annegato oggi pomeriggio nella piscina di casa a Rivarossa Canavese, in provincia di Torino. Il piccolo, durante un momento di distrazione dei genitori, sarebbe arrivato all'acqua passando da una porta finestra. (Agr)
giovedì 28 agosto 2008
Trento, bimbo cade della scale di casa e muore infilzato da un coltello
TRENTO (28 agosto) - Cade da una scala e muore infilzato da un coltello. E' successo a un bambino di otto anni sotto gli occhi della madre a Trambileno, in Trentino. Il bimbo stava scendendo dalle scale di casa che portano in guardino con in mano un piccolo coltello da cucina, quando è inciampato rotolando sui gradini. Nella caduta il coltello si è infilato nella gola. Vano il tentativo del 118 arrivato da Trento con l'elicottero di rianimare il piccolo morto in seguito alla grave ferita. (da ilmessaggero.it, 28 agosto 2008)
martedì 26 agosto 2008
ERA IN CASA CON LA MADRE
Ragazzino muore strangolato dalla sciarpa
Giallo ad Asti: un tredicenne trovato morto nella sua abitazione. Forse un tragico gioco
ASTI - Gli inquirenti stanno indagando sulla morte di un ragazzo di 13 anni, trovato senza vita nella sua abitazione di Asti poco prima delle 16. Dalle prime informazioni raccolte pare che la vittima stesse giocando con al collo una sciarpa della sua squadra di pallacanestro quando la fascia di lana è rimasta impigliata tra la maniglia di una porta e la serratura. Il giovane, cadendo, sarebbe rimasto strangolato.
TRAGEDIA - Inutili i soccorsi della madre che ha subito chiamato la polizia. Il comandate della squadra mobile esclude responsabilità di terzi. Tra le ipotesi anche quella del suicidio che, però, la madre tenderebbe ad escludere. La donna disperata ha raccontato agli inquirenti che il figlio era sereno, allegro e poco prima di prendere in mano la sciarpa, stava giovando a carte. È probabile che il corpo senza vita dello studente sarà portato alla camera mortuaria dell'ospedale per l'autopsia. (da corriere.it 26.8.08)
Martedì 26 agosto 2008
Israele, la piccola Rose è stata uccisa dal nonno arrestato insieme alla madre
TEL AVIV (26 agosto) - Ieri l'appello, disperato, sulle prime pagine dei quotidiani israeliani:«Cosa ti hanno fatto Rose?». La bimba di 4 anni è scomparsa a maggio, ma la denuncia era stata fatta solo due settimane fa. Oggi la notizia dell'arresto della madre e del nonno. Roni Ron, 45 anni, israeliano, è il padre di Benyamin Ron, l'ex marito della madre di Rose, Marie Pizam, 23 anni, francese. Ron, secondo la radio militare israeliana, ha confessato di aver ucciso Rose e gettato il cadavere nel fiume Yarkon a Tel Aviv. Ron ha raccontato di aver schiaffeggiato la piccola e averla uccisa incidentalmente. Ha quindi nascosto la piccola in una valigia poi gettata nel fiume. Il corpo non è stato ancora trovato e la polizia spera che Rose sia ancora viva. Roni Ron ha avuto da Marie due figlie, che hanno uno e due anni. Un ufficiale, citato dalla stampa, aveva precisato che si trattava di «una delle vicende più sconvolgenti» mai indagate dalla polizia. Secondo quanto riferito dal Jerusalem Post, Rose è figlia di una coppia di francesi immigrati in Israele. I due hanno divorziato nel 2007 e la mamma di Rose, Marie, si è fatta una nuova famiglia con il padre del suo ex. Dopo il divorzio il papà di Rose ha portato la piccola in Francia. Poi, su richiesta di suo padre e della sua ex, ha riportato la piccola in Israele che però è stata affidata a sua nonna, la madre di Roni Ron, l'assassino. Roni Ron è andato a riprendere la bambina. Da quel giorno nessuno della famiglia ha più avuto sue notizie. Ron continuava a dire che Rose era tornata in Francia. La bisnonna Viviane alla quale era stata affidata si è decisa a denunciarne la scomparsa solo due settimane fa. E' agli arresti domiciliari. (da ilmessaggero.it 26.8.08)

lunedì 25 agosto 2008
Incendio nel Casertano, muore bimba
Il rogo causato da un corto circuito
Una bambina di due anni è morta nell'incendio di un'abitazione a Pontelatone (Caserta): nell'attimo in cui si sono sprigionate le fiamme la piccola si trovava nell'appartamento insieme al padre, un uomo di origine albanese, la madre e un fratello di quattro anni. Gli altri occupanti della casa non hanno riportato ferite. Secondo i primi rilevamenti effettuati da carabinieri e vigili del fuoco, a causare l'incendio sarebbe stato un corto circuito.
La piccola vittime aveva quattro fratelli, tre dei quali al momento dell'incendio erano fuori insieme alla mamma, una donna italiana. Secondo gli accertamenti dei carabinieri di Capua, il cittadino albanese, in Italia da alcuni anni, ha un regolare permesso di soggiorno. I vigili del fuoco, dopo alcune ore di intenso lavoro per domare il rogo, hanno recuperato il corpo della bambina. Si indaga per risalire alle cause certe dell'incendio.

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=284804 22 agosto 2008. 22 bambini morti nell’aereo all’aeroporto di Madrid.
martedì 19 agosto 2008
Argentina: 14 bambini uccisi da sperimentazione vaccino, indagata la GlaxoSmithKline
19 ago
BUENOS AIRES - Un programma di sperimentazione di un vaccino per la polmonite della casa farmaceutica belga GlaxoSmithKline (Gsk) avrebbe causato la morte di 14 bambini di famiglie povere e usati come cavie. Lo appurerà un'indagine avviata dalle autorità argentine. I genitori delle vittime provengono dalle province di Santiago del Estero, San Juan e Mendoza e hanno denunciato di essere stati ingannati dai medici che non hanno detto loro della pericolosità del vaccino ancora in fase sperimentale. (Agr)
lunedì 18 agosto 2008
Milano, neonato precipita e muore
Donna cinese lo getta dal secondo piano
Un neonato di pochi giorni è morto dopo essere caduto da un appartamento al secondo piano di un palazzo a Milano, in zona stazione Centrale. Il piccolo è stato trovato sul marciapiede in condizioni gravissime: portato d'urgenza all'ospedale di Niguarda è deceduto prima di giungere al pronto soccorso. La polizia ha fermato una donna cinese che ha confessato: "Sono stata io, ero gelosa della mamma del bambino".
Il neonato era nato da soli tre giorni ed era stato affidato a una donna cinese, che ha confessato di averlo lanciato dalla finestra. Il corpicino è stato trovato nella tromba dei box di un palazzo in via Bruschetti. La stessa cinese, un'immigrata regolare di 31 anni, ha ammesso il tragico gesto per una questione di rancori nei confronti della madre del piccolo, sua connazionale. Il luogo del delitto è una casa popolare a poche centinaia di metri dalla stazione Centrale di Milano, abitato in prevalenza da immigrati asiatici soprattutto di origine cinese. "Mi sono affacciata alla finestra e ho visto il corpicino a terra, giù nei box. Non ho sentito grida", ha detto di fretta una coinquilina cinese. (tgcom 18 agosto 2008)
venerdì 15 agosto 2008

MILANO - Una bambina di 4 anni, ecuadoriana, e' morta nella notte in un incidente stradale avvenuto a Milano. La piccola stava viaggiando a bordo di un furgone con altri sei connazionali quando il mezzo e' stato colpito a un incrocio da un'auto guidata da un uomo di 45 anni. Per il forte impatto il furgone si e' ribaltato e si e' schiantato su una vettura in sosta. Solo ferite lievi per gli altri cinque ecuadoriani. (Agr)
Venerdì 15 agosto 2008
Torino, fulmine uccide bambino
La vittima colpita vicino a un albero
Un fulmine, caduto durante il forte temporale che ha sferzato Torino, ha ucciso un bambino di dieci anni. La vittima ha avuto un arresto cardiaco e i tentativi di rianimarlo, eseguiti sul posto dagli operatori del servizio di soccorso 118, non hanno avuto esito. Secondo le prime informazioni è stato trovato ai piedi di un albero spezzato da un fulmine. Il corpo, oltre alle ustioni, presenta anche dei traumi da caduta.
La disgrazia si è verificata nei pressi di Borgaro (Torino), in località Mappano, in un giardino residenziale. E' molto probabile che il bambino stesse giocando sull'albero su cui si era arrampicato, una magnolia. Con lui, ma a terra, c'erano altri bambini. (da tgcom 15 agosto 2008).
giovedì 14 agosto 2008
TREVISO - Stava cercando di recuperare la sua palla caduta nel torrente ed e' morto annegato. Questa la sorte di un bambino di 9 anni, originario della Costa d'Avorio, scivolato stamane in un canale a Carità di Villorba, in provincia di Treviso. (Agr)
giovedì 14 agosto 2008
Il piccolo si era allontanato, da solo, mercoledì pomeriggio, nel Mantovano
Ritrovato morto bimbo di 17 mesi
Il corpo è stato individuato dai Vigili del Fuoco in una risaia a  Castel D'Ario
MANTOVA - Un bambino di 17 mesi è stato ritrovato morto in una risaia a Castel D'Ario (Mantova) . Il corpo è stato scoperto dai Vigili del Fuoco. Il piccolo si era allontanato da casa, da solo, mercoledì pomeriggio tra le sei e le sette. Le ricerche sono iniziate a sera e sono proseguite fino al mattino. Stamattina il ritrovamento. (da corriere.it 14 agosto)
martedì 12 agosto 2008
Il piccolo Javon di Baltimora è morto di fame e di sete a soli 21 mesi. La madre, accusata dell'omicidio, fa parte della setta One Mind Ministries Usa, lascia morire di fame il figlio"Non diceva amen dopo cena"
La violazione di una norma alla base del gesto. Per il gruppo il bambino era "un demone"
BALTIMORA - La setta diceva che quel bambino era un demone, e sua madre non ha esitato a ucciderlo. E' la storia di Jarvon Thompson, di soli 21 mesi, lasciato morire di fame e di sete da Ria Ramkisson, chiamata "principessa Maria" dagli altri adepti. A scoprire l'efferato omicidio nel maggio del 2007, è stata la polizia di Philadelphia, dove la setta inizialmente stabilita a Baltimora aveva spostato la sua sede. I dettagli sul perché del gesto sono emersi soltanto negli ultimi giorni dai documenti della corte. Secondo le autorità, l'omicidio del piccolo Jarvon risalirebbe al 2006, ed il suo corpo sarebbe stato occultato per oltre un anno, rinchiuso all'interno di una valigia verde. La madre Ria, accusata di omicidio di primo grado, è entrata nel gruppo religioso ad aprile del 2006, pochi mesi dopo la nascita di Jarvon. Convinta dagli altri adepti della natura demoniaca del figlio, reo di non rispettare alcune regole della setta (come quella di ringraziare il Signore dopo ogni pasto), non avrebbe esitato a lasciarlo morire di fame e di sete. La morte del bambino sarebbe addirittura avvenuta tra le braccia della donna ed alla presenza degli altri membri, nessuno dei quali si è interessato a tentare una rianimazione. Oltre a Ria, sono accusati dell'omicidio anche altri tre membri della setta, tra cui la "regina Antonietta", capo spirituale del gruppo. Tenta di difendere Ria la madre Seeta Khadan-Newton, che parla di lavaggio del cervello in una intervista rilasciata al Baltimora Sun: "Mia figlia era una vittima, proprio come mio nipote. Qualcuno ha preso la decisione di uccidere il bambino e lei ha eseguito le istruzioni".
(12 agosto 2008, da www.repubblica.it)
venerdì 8 agosto 2008
Bimbo di 8 anni muore folgorato in vacanza
Vulcano - Un bambino di otto anni, Vittorio V., è morto folgorato da una scarica elettrica mentre si trovava nell’abitazione del nonno, a Gelso.
Un bambino di otto anni è morto folgorato da una scarica elettrica a Gelso, borgo marinaro e isolato dell’isola di Vulcano, alle Eolie. Il piccolo Vittorio V. era appena giunto con i genitori da Milazzo (Messina) ed era ospitato nella casa dei nonni. Con il papà e la mamma, originaria di Lipari, avrebbe dovuto trascorrere qualche giornata di vacanza. L’incidente è avvenuto nell’abitazione dei parenti. I genitori e il nonno che in quel momento si trovavano in casa sono accorsi alle urla del bambino e con l’auto lo hanno trasportato alla guardia medica. Ma la corsa è stata vana: il medico di turno non ha potuto fare altro che constatare l’avvenuto decesso. Per accertare la dinamica dell’incidente i carabinieri di Vulcano hanno avviato una indagine. (da ilgiornale.it 8.8.08)
mercoledì 6 agosto 2008
Lanciano sasso e uccidono bimbo
Corsica, polizia ferma due minorenni
Un bimbo di 8 mesi è morto tra le braccia della madre in Corsica, mentre la donna passeggiava con il marito nei pressi della spiaggia di Saint-Roch a Bonifacio: una grossa pietra, lanciata da un luogo a strapiombo rispetto alla strada, lo ha colpito alla testa uccidendolo sul colpo. Responsabili della tragedia e fermati dalla polizia due adolescenti, che hanno ammesso di aver lanciato la pietra ma di non aver mirato intenzionalmente ai passanti.
Il procuratore della repubblica di Ajaccio, Josè Thorel, ha riferito che il fatto è accaduto verso sera, quando la famiglia con il loro piccolo stava tranquillamente passeggiando sulla discesa di Saint-Roch per accedere alla spiaggia di Bonifacio. I due ragazzi, di 13 e 14 anni, sono stati subito identificati dopo il lancio del sasso e fermati dalle forze dell'ordine. Sempre secondo il procuratore, al momento del loro arresto "solo uno dei due ha riconosciuto di aver lanciato la pietra, ma ha affermato di non aver voluto mirare intenzionalmente ai passanti". (da tgcom 6 agosto)
lunedì 4 agosto 2008
03 ago 16:48
Turchia: in ospedale morti 27 neonati in 15 giorni
ANKARA - Ventisette neonati morti in quindici giorni. E' successo in un ospedale pubblico di Ankara, in Turchia. I medici attribuiscono le morti a motivi differenti, ma per il sindacato la causa sarebbero le cattive condizioni d'igiene. (Agr)
http://giustogiusti.blogspot.com/2008/07/come-muore-un-bambino_31.html Trovati molti corpi di bambini scheletrizzati nell’isola di Jersey. Ipotesi di abusi sessuali.
mercoledì 30 luglio 2008
Venezia, bimba annega in un canale
Stava dando da mangiare ai cigni
Stava cercando di allungare qualche pezzetto di pane ai cigni che popolano i canali di Cavallino-Treporti, lungo il litorale veneziano: quegli uccelli bianchi dal lungo collo la affascinavano, e lei, intenerita come ogni bambino davanti a un animale, ha cercato di farseli amici. Ma Noemi, bimba di due anni, si è sporta troppo ed è caduta nel canale. Inutili i soccorsi: la bimba è morta durante il trasporto in ospedale.
Al momento dell'incidente la piccola era in compagnia della madre: terrorizzata, la donna ha chiamato il marito che è arrivato poco dopo, così come l'ambulanza del 118. La bimba, caduta in tre metri d'acqua, è stata ripescata immediatamente, ma aveva già perso i sensi dopo aver ingerito molta acqua. I medici del 118 hanno tentato di rianimarla sul posto, ma viste le condizioni disperate l'hanno caricata nell'ambulanza che è partita a sirene spiegate verso l'ospedale. La bambina, però, non ce l'ha fatta, ed è morta durante il trasporto verso il nosocomio. (da tgcom 30 luglio)
lunedì 28 luglio 2008

Un neonato di tre mesi è morto in seguito a un rigurgito. Il piccolo era in braccio alla mamma quando ha iniziato ad avere difficoltà respiratorie ed è diventato cianotico. La donna, in preda al panico, ha avvisato il centralino del 118 spiegando ai medici che suo figlio non riusciva più a respirare. I genitori del piccolo, per non perdere ulteriore tempo prezioso, lo hanno trasportato all’ospedale Santa Scolastica di Cassino, ma ormai era troppo tardi per il neonato che, purtroppo, non ce l’ha fatta. (da ilgiornale.it del 28 luglio)
martedì 22 luglio 2008
BARI Policlinico. Bimbo muore dissanguato al pronto soccorso
Un bambino di 2 mesi e mezzo, di origini spagnole e figlio di una donna nigeriana di 23 anni, è morto questa notte al Pronto Soccorso del Policlinico di Bari dopo essere stato portato d'urgenza da un mezzo del 118. Il piccolo è morto dissanguato. È successo intorno alle 4. Sull'episodio indaga la Polizia del presidio fisso dell'Ospedale. Sembra che il piccolo presentasse i segni di una circoncisione.
(22 luglio 2008) (repubblica.it)
domenica 20 luglio 2008
Bolzano: muore bimba di 6 mesi cadendo dalla culla
BOLZANO - Una bambina di sei mesi e' caduta dal suo lettino ed e' morta. E' successo a Bolzano. Insieme alla piccola, al momento della disgrazia, c'erano la nonna e il fratellino. I genitori, invece, erano al lavoro. Dalle prime ricostruzioni dell'accaduto pare che la bimba abbia fatto un movimento brusco e sia finita a terra sbattendo la testa. Inutili sono stati i tentativi di rianimarla. Il cuore della piccola si e' fermato all'arrivo in ospedale. (Agr)
martedì 15 luglio 2008
Bimbo muore sepolto da sabbia
Olanda, faceva tunnel in spiaggia
Tragedia sulla costa tra Belgio e Olanda. Un ragazzino belga di 12 anni è morto sepolto sotto un tunnel che stava scavando nella sabbia durante la vacanza lungo la costa olandese. Dopo l'incidente è stato trasportato all'ospedale di Bruges, dove è morto per le ferite riportate. E' la seconda vittima dei giochi con la sabbia sulla spiaggia in pochi giorni sulla costa tra Olanda e Belgio. (da tgcom 15 luglio 2008)
domenica 6 luglio 2008
In un ospedale del Cairo sono (sarebbero) morti cinque neonati a causa di un black out dell'energia elettrica. I neonati erano nelle culle, e quando la corrente elettrica se n'è andata i generatori non sono partiti. La stampa accusa i tagli alla sanità egiziana. Leggi
http://www.repubblica.it/2008/07/sezioni/esteri/cairo-neonati/cairo-neonati/cairo-neonati.html
lunedì 23 giugno 2008
VERONA - Una bambina di due anni e' morta per le esalazioni di monossidio di carbonio. La piccola viveva in un camper con la famiglia a Roverchiara, nei pressi di Verona. Secondo la ricostruzione dei carabinieri, il padre, un pastore, era uscito stamattina per pascolare il gregge, lasciando acceso il generatore interno del veicolo. I finestrini però erano tutti chiusi e il gas non ha lasciato scampo alla bambina, che e' morta nel sonno soffocata. Intossicata la madre, che appena sveglia ha dato l'allarme per cercare di salvare figlia, ma era troppo tardi e per la piccola non c'è stato nulla da fare. (Agr)
sabato 31 maggio 2008
I soccorritori intervenuti sul luogo della frana a Villar Pellice hanno recuperato due cadaveri. Si tratta di Erika Poet, 34 anni, e della figlia di tre anni, Annik Rivoire. I corpi sono stati estratti dopo un giorno intero di ricerche sotto le macerie della frana che si è abbattuta sulla loro abitazione.
Londra - La polizia britannica ha arrestato due persone con l'accusa di aver accoltellato e ucciso ieri due bambini in un'abitazione di Carshalton, nel Surrey. Lo rende noto il sito internet della tv satellitare Sky News. Oltre ai due bimbi, un maschietto di cinque anni e una femminuccia di quattro, tra le vittime c'e' anche un neonato di sei mesi, ricoverato per lesioni da arma da taglio. (Agr)
«Ho dimenticato la bimba in macchina»: al marito, al parroco, ai carabinieri che l'hanno interrogata per tutta la sera, a chiunque Simona ha gridato con la forza della disperazione la sua versione sulla morte della piccola Maria, la sua figlioletta di due anni, trovata in fin di vita all'interno dell'auto di famiglia.
Islamabad (30 maggio) - Non aveva imparato a memoria alcuni passi del Corano, per questo è stato appeso al soffitto a testa in giù dal suo maestro ed è stato trovato morto, da solo, nella stanza dell'insegnante. E' la drammatica fine di un bambino pakistano di sette anni, studente di una madrassa della provincia del Punjab. Il maestro è stato arrestato dopo che i compagni avevano raccontato l'accaduto, racconta la BBC.
Capitolo 123 - una visione d’insieme
Come vedete, volendo costruire un testo che sia possibilmente omnicomprensivo porta a giustificare qualunque informazione criminologica che ci venga inserita. D’altra parte, se invece vuoi lasciare lo spazio per altre materie che da molti anni se ne stanno occupando, allora devi lasciare ad esse il loro spazio. In effetti, la criminologia è una disciplina composita, ed è difficile, probabilmente impossibile, che una sola persona sia capace di padroneggiarla per intero, comprendendovi la parte scientifica e la parte pratica. E’ anche giuridicamente impossibile che una sola persona possa conoscere, per esempio, tutta la patologia forense, tutta la medicina legale clinica, tutta la rieducazione e la terapia, eccetera. Allora bisogna scegliere: in questo momento iniziale, in cui riprende fiato quella forma di insegnamento settoriale che propriamente non è più medico ma finalizzato al sociale, pare necessario che lo studente- da qualunque corso di studi provenga- possa profittare di un vero insegnamento trasversale. In altre parole ancora, la qualità dello studente deve comprendere tutto ciò che è eventualmente utile per la sua attività professionale. Insomma, questo studente di criminologia dovrebbe sapere di tutto, dalla medicina legale all’interrogatorio dell’imputato, affiancando il Giudice nei suoi doveri, ricordando bene che già in queste brevi note vi sono informazioni che non competono né al medico legale né al Giudice.
Può darsi che non ci abbiate fatto caso, ma, se siete giunti fin qui a leggere e a studiare, avete accumulato informazioni che possono aiutarvi a concepire un vostro stile di indagine. Sto dicendo che nell’indagine penale manca la persona (in realtà ce ne sono due o tre che corrono su e giù per l’ Italia) che sia in grado di avvertire dove manca l’accertamento, e che sia capace di metterlo in opera.
Naturalmente questo libro non è in grado di rispondere a tutte le vostre domande e di risolvere tutti i problemi della pratica, ma ho la presunzione di affermare che potrebbe essere un buon inizio per cominciare a pensarci. Non illudetevi, se pensate di farcela: questo è solo un inizio, e la perfetta conoscenza della criminologia si può raggiungere solo al momento della pensione. Siete tuttavia fortunati, perché la letteratura nord- americana in pratica non vi servirà a nulla, essendo istituita, ora come ora, su validissimi argomenti culturali, ma con assai pochi aspetti pratici. In ogni caso, se questo libro avrà successo, e se potrà esservi una nuova edizione, questa dovrà essere di volume doppio o triplo, per rispondere al bisogno.


Capitolo 124 - quali reati
Per esempio, dirimere e apprezzare tipologie di reati come quella di questo capitolo, implicherebbe molto più dello spazio che si richiede ad una modesta trattazione in un testo di criminologia per la scuola. Da un certo punto di vista,


Frequency of Occurrence Offenses Known Clearance Rate
1. Larceny-Theft 7 million 18%
2. Burglary 2 million 13%
3. Motor Vehicle Theft 1.2 million 14%
4. Aggravated Assault 1 million 56%
5. Robbery 500,000 25%
6. Rape 100,000 46%
7. Arson 80,000 16%
8. Murder 16,000 63%
Part II Offenses - -
1. Drugs 1.6 million n/a
2. Driving under the Influence 1.5 million n/a
3. Simple Assault 1.3 million n/a
4. Liquor Law Violations 700,000 n/a
5. Disorderly Conduct 600,000 n/a
6. Public Drunkenness 600,000 n/a
7. Fraud 350,000 n/a
8. Vandalism 300,000 n/a
9. Curfew Violation/Loitering 150,000 n/a
10. Family Nonsupport 150,000 n/a
la soluzione della casistica ripete quella italiana, tanto da rendere inutile la traduzione, ma i numeri sono molto più importanti dei nostri (quasi tutti, almeno con riguardo a ciò che di fatto avviene, e a ciò che viene riportato). Esaminare ciascuno dei punti indicati richiederebbe uno sforzo didattico eccezionale, probabilmente anche poco utile. www. drtomoconnor.com

Capitolo 125 - il suicidio
Il suicidio può essere in rapporto con una situazione vitale non adeguata ai desideri e agli scopi della persona, cosicché quest’ultima possa in realtà procedere ad un atto suicidiario che ha tutti gli aspetti di un gesto reattivo a fronte di una prepotenza non desiderata. In realtà, più volte il suicidio ha un aspetto particolare, che non richiama l’autore della violenza. Si veda questa sentenza.
Il pur suggestivo argomentare dell'Ufficio ricorrente non coglie l'aspetto necessariamente pre-gnante perché, pur in ritenuta ipotesi di collegamento eziologico causale tra il suicidio ed i mal-trattamenti, occorre, in ogni caso, comprovatamente e inequivocamente cogliere l'aspetto rela-tivo all'addebitabilità soggettiva dell'evento, nel senso che, come ribadito da questa Corte di legittimità, l'evento ulteriore accollato all'agente (suicidio della vittima quale aggravante di cui al co. 2° u.p., art. 572 cp.) deve necessariamente ancorarsi ad un coefficiente di prevedibilità concreta del rischio derivante dalla consumazione del reato base, verifica attribuita ad un giu-dizio prognostico che, pur se postumo, deve, comunque, ancorarsi ad una prospettiva ex ante (cfr. in termini Cass. pen. Sez. VI, 21-11-07 n. 12129, Passafiume). Come esattamente segnala la memoria difensiva in piena sintonia con il detto principio di diritto, un differente approccio che prescindesse dalla prevedibilità dell'evento non voluto e che, quindi, accettasse l'ipotesi di una forma di “responsabilità oggettiva”, finirebbe per mettersi in aperto contrasto con il regime di imputazione soggettiva delle circostanze aggravanti previsto dall'art. 59 cp. co. 2°, come modificato dalla L. 7-02-1990 n. 3 art. II. In buona sostanza, per garantire il principio di colpevolezza e di personalità della responsabilità penale nei casi di suicidio seguito alla condotta di maltrattamenti è necessario che l'evento sia la conseguenza prevedibile in concreto della condotta di base posta in essere dall'autore del reato e non sia invece il frutto di una libera capacità di autodeterminarsi della vittima, imprevedibile e non conoscibile da parte del soggetto agente al quale, pertanto, non potrà imputarsi il rischio della aggravante in esame in rapporto alla sua condotta comprovatamente illecita di “base”. In proposito non sfugge quanto segnalato dalla sentenza impugnata in relazione al significativo contributo offerto alla valutazione in esame dalla testimonianza della C., a cui la ragazza aveva confidato la sostanziale accettazione delle violente intemperanze dell'uomo nei suoi confronti, facendo “prevalere i propri sentimenti di affetto incondizionato” nei confronti del D. N., con e-splicito intendimento di continuare la relazione e la convivenza con il predetto, in una prospettiva in cui “non era escluso il matrimonio”, come riferito dalla madre della vittima (cfr. fol. II sentenza impugnata). A tanto non va trascurato di significativamente richiamare anche il con-tributo offerto dalla testimonianza della C. in relazione al gesto riconducibile a qualche giorno prima della tragedia, come atto eventualmente preparatorio ad un gesto suicida con precipita-zione nel vuoto, come sostanziale richiesta rivolta al partner di attenzione, attraverso “la mi-naccia di privarlo della propria esistenza” (cfr. fol. 12 sentenza impugnata), come confidato dalla M. alla teste. Alla stregua di quanto precede, l'essenza della giustificata esclusione della contestata aggra-vante va riferita alla comprovata carenza di prevedibilità concreta, in rapporto all'imputato, dell'evento suicidiario, con un giudizio ex ante che, pur se inesattamente riferito al nesso di causalità tra la contestata condotta e l'evento anzidetto, agli effetti della contestata aggravante, consente di ritenere non debitamente comprovato, né concretamente comprovabile il carattere di prevedibilità concreta del tragico evento in testa all'imputato, stante il cennato compor-tamento interpersonale, anche in ambito affettivo e familiare, tenuto dalla vittima in epoca an-tecedente e prossima al tragico gesto suicidiario, di cui il D. N. era consapevolmente compar-tecipe. (Cass. Sez. VI pen., n. 44492 del 15 ottobre- 19 novembre 2009).

Capitolo 126 - CRIMINAL PROFILING
Individuare il profilo criminale di un assassino è finalizzato a prevedere quale sarà la sua condotta quando colpirà un’altra volta. In questa definizione si de-vono dunque prevedere molte cose, da un lato la tipologia della condotta e dall’altro le caratteristiche della vittima. E’ altrettanto palese che debbono es-serci state altre e precedenti aggressioni, da cui trarre alcune illazioni. Non lo dice nessuno, ma è evidente che gli errori debbono essere molto frequenti. L’applicazione più usata di questa tecnica si ha quando vi siano delitti seriali che debbono essere risolti quanto prima. Bisogna naturalmente che un certo numero di eventi di sangue siano attribuiti a una persona, anche ignota o solo sospettata, ma anzitutto tali fatti di sangue debbono essere identificati e cor-rettamente attribuiti a qualcuno. Il passo successivo è quello di identificare condotte delinquenziali nelle quali si identificano dei tratti che appaiono comuni negli omicidi che vengono in considerazione. A questo punto si tratta di ricostruire gli eventi sulla base dei dati di fatto e di convincere la persona sospettata o accusata a parlare.
La tecnica è nata negli Stati Uniti, un paese ricco che ha una delinquenza da terzo mondo. In Italia ricordiamo una casistica piuttosto numerosa (il caso del mostro di Firenze, il caso Stevanin, il caso Bilancia, il caso Chiatti, ecc.), ma da parecchio tempo non si sente più parlare di casi seriali.

Capitolo 127- INTERPOL
http://www.interpol.int/Public/Icpo/Publications/default.asp http://www.interpol.int/default.asp
L’INTERPOL è la più grande organizzazione di polizia nel mondo, con 188 nazioni- membri. Creata nel 1923, essa facilita la cooperazione investigativa, ed assiste tutte le organizzazioni , attività e servizi la cui missione sia di prevenire e combattere il crimine internazionale.
L’INTERPOL facilita la cooperazione internazionale anche quando non esistano relazioni diplomatiche fra stati. L’azione è intrapresa entro i limiti di leggi esistenti in differenti Paesi e nello spirito di della Dichiarazione universale dei Diritti umani. La costituzione dell’ INTERPOL vieta “ogni intervento o attività a carattere politico, militare, religioso o razziale”.
Il Presidente dell’ INTERPOL e il Segretario Generale lavorano a stretto contatto per assicurare una forte leadership e direzione alla Organizzazione.
L’ INTERPOL, il cui nome completo è 'The International Criminal Police Organization – INTERPOL’, comprende :
l’Assemblea generale, che si riunisce annualmente e comprende delegati di ciascun Paese, e dispone le attività più importanti;
il Comitato esecutivo, di 13 membri, che comprende il Presidente, tre vice-Presidenti e nove membri;
il Segretariato generale, con sede a Lione, condotto dal Segretario generale, e dotato di rappresentanti all’ONU e alla EU e di sette rappresentanti nazionali;
gli Uffici nazionali centrali, con i quali l’Interpol può prendere contatto;
i Consulenti;
vi è poi la Commissione per il controllo dei files dell’Interpol.

Capitolo 128 – controllo delle malattie
www.cdc.gov/
Questo è il Centre of Diseases Control americano, di Atlanta. E’ un sito enor-me. Di fatto controlla tutte le patologie che possono interessare l’uomo come membro di una società.
Nessuno si sogna, neanche lontanamente, che Tu conosca quanto c’è scritto in questo sito, ma si spera (io spero) tuttavia che un’occhiata gliela darai. E’ scritto in inglese, ma sono certo che supererai questo ostacolo.
Se posso aggiungere qualcosa, se il Governo lo permetterà, se avremo la montagna di denaro che è necessaria, se avremo gli scienziati che servono, allora forse riusciremo anche noi Europei ad avere qualcosa di simile per le nostre ed altrui esigenze.
E ora spendo un desiderio: vai qui www.jobisjob.com/atlanta+ga/cdc/jobs e vedi se c’è qualche lavoro che ti piace.


Capitolo 129 -Mobbing (Wiki)
it.wikipedia.org/wiki/Mobbing - 79k - Pagine simili
Il mobbing è un insieme di comportamenti violenti (abusi psicologici, angherie, vessazioni, demansionamento, emarginazione, umiliazioni, maldicenze, ostracizzazione, etc.) perpetrati da parte di uno o più individui nei confronti di un altro individuo, prolungato nel tempo e lesivo della dignità personale e professionale nonché della salute psicofisica dello stesso. I singoli atteggiamenti molesti nell'insieme producono danneggiamenti plurioffensivi anche gravi con conseguenze sul patrimonio della vittima, la sua salute, la sua esistenza.
Questa pratica è spesso condotta con il fine di indurre la vittima ad abbandonare da sé il lavoro, senza quindi ricorrere al licenziamento (che potrebbe causare imbarazzo all'azienda) o per ritorsione a seguito di comportamenti non condivisi (ad esempio, denuncia ai superiori o all'esterno di irregolarità sul posto di lavoro), o per il rifiuto della vittima di sottostare a proposte o richieste immorali (sessuali, di eseguire operazioni contrarie a divieti deontologici o etici, etc.) o illegali.
Per potersi parlare di mobbing, l'attività persecutoria deve durare più di 6 mesi e deve essere funzionale alla espulsione del lavoratore, causandogli una serie di ripercussioni psico-fisiche che spesso sfociano in specifiche malattie (disturbo da disadattamento lavorativo, disturbo post-traumatico da stress) ad andamento cronico.
Si distingue, nella prassi, fra mobbing gerarchico e mobbing ambientale; nel primo caso gli abusi sono commessi da superiori gerarchici della vittima, nel secondo caso sono i colleghi della vittima ad isolarla, a privarla apertamente della ordinaria collaborazione, dell'usuale dialogo e del rispetto.
Si parla di mobbing verticale, o quando l'attività è condotta da un superiore al fine di costringere alle dimissioni un dipendente in particolare; in questo caso, le attività di mobbing possono estendersi anche ai colleghi (i side mobbers), che preferiscono assecondare il superiore, o quantomeno non prendere le difese della vittima, per non inimicarsi il capo, nella speranza di fare carriera, o semplicemente per "quieto vivere". Si definisce invece mobbing orizzontale quello praticato da parte dei colleghi verso un lavoratore non integrato nell'organizzazione lavorativa per motivi d'incompatibilità ambientale o caratteriale, ad es. per i diversi interessi sportivi, per motivi etnici o religiosi oppure perché diversamente abile; generalmente la causa scatenante del mobbing orizzontale non sono tanto le incompatibilità all'interno dell'ambiente di lavoro quanto una reazione da parte di una maggioranza del gruppo allo stress dell'ambiente e delle attività lavorative: la vittima viene dunque utilizzata come "capro espiatorio" su cui far ricadere la colpa della disorganizzazione, delle inefficienze e dei fallimenti. Il mobbing strategico si ha quando l'attività vessatoria e dequalificante tende ad espellere il lavoratore, per far posto ad un altro lavoratore (di solito in posizioni di dirigenza o apicali). Il Bossing è un termine che indica azioni compiute dalla direzione o dall'amministrazione del personale e che assume i contorni di una vera e propria strategia aziendale, volta alla riduzione, ringiovanimento o razionalizzazione del personale, oppure alla semplice eliminazione di una persona indesiderata. Viene attuato con il preciso scopo di indurre il dipendente alle dimissioni. Può attuarsi in modalità differenti ma con lo scopo comune di creare un clima di tensione intollerabile.
In ogni caso, il mobbing è riferibile ad un complesso, sistematico e duraturo comportamento del datore di lavoro, che deve essere esaminato in tutti i suoi aspetti e nelle loro conseguenze, per creare un coacervo di stimoli lesivi che non può né deve essere frazionato o spezzettato in tanti singoli episodi, ciascuno dei quali aventi un proprio effetto sanitario ovvero giuridico. Anche perché si è soliti ammantare con solide motivazioni anche gli atti peggiori, sì da dare ad essi una parvenza di legittimità. Gli anzidetti concetti sono importanti per la dimostrazione giudiziale del mobbing.
La pratica del mobbing consiste nel vessare il dipendente o il collega di lavoro con diversi metodi di violenza psicologica o addirittura fisica. Ad esempio: sottrazione ingiustificata di incarichi o della postazione di lavoro, dequalificazione delle mansioni a compiti banali (fare fotocopie, ricevere telefonate, compiti insignificanti, dequalificanti o con scarsa autonomia decisionale) così da rendere umiliante il prosieguo del lavoro; rimproveri e richiami, espressi in privato ed in pubblico anche per banalità; dotare il lavoratore di attrezzature di lavoro di scarsa qualità o obsolete, arredi scomodi, ambienti male illuminati; interrompere il flusso di informazioni necessario per l'attività (chiusura della casella di posta elettronica, restrizioni sull'accesso a Internet); continue visite fiscali in caso di malattia (e spesso al ritorno al lavoro, la vittima trova la scrivania sgombra). Insomma, un sistematico processo di "cancellazione" del lavoratore condotto con la progressiva preclusione di mezzi e relazioni interpersonali indispensabili allo svolgimento di una normale attività lavorativa. Secondo l'INAIL, che per prima in Italia ha definito il mobbing lavorativo, qualificandolo come costrittività organizzativa, le possibili azioni traumatiche possono riguardare la marginalizzazione dalla attività lavorativa, lo svuotamento delle mansioni, la mancata assegnazione dei compiti lavorativi o degli strumenti di lavoro, i ripetuti trasferimenti ingiustificati, la prolungata attribuzione di compiti dequalificanti rispetto al profilo professionale posseduto o di compiti esorbitanti o eccessivi anche in relazione a eventuali condizioni di handicap psico-fisici, l'impedimento sistematico e strutturale all’accesso a notizie, la inadeguatezza strutturale e sistematica delle informazioni inerenti l’ordinaria attività di lavoro, l'esclusione reiterata da iniziative formative, il controllo esasperato ed eccessivo.
È quindi chiaro che il mobbing non è una malattia ma rappresenta il termine per indicare la complessiva attività ostile posta in essere solitamente da un datore di lavoro (pubblico o privato, da solo o in combutta) per demansionare il lavoratore, isolarlo e obbligarlo al trasferimento o alle dimissioni.
Il mobbing non è una malattia ma può esserne la causa. La patologia psichiatrica più frequentemente associata è il disturbo dell'adattamento; esso si compone di una variegata sintomatologia ansioso-depressiva reattiva all'evento stressogeno. Fra le conseguenze rientrano la perdita d'autostima, depressione, insonnia, isolamento. Il mobbing è causa di cefalea, annebbiamenti della vista, tremore, tachicardia, sudorazione fredda, gastrite, dermatosi. Le conseguenze maggiori sono disturbi della socialità, quindi, nevrosi, depressione, isolamento sociale e, suicidio in un numero non trascurabile di casi.
In Italia il numero di vittime del mobbing è stimato intorno a 1 milione e 200 mila, che salgono a 5 milioni se si considerano anche le famiglie. In Svezia e Germania circa mezzo milione di persone hanno dovuto ricorrere al prepensionamento o a cliniche psichiatriche a causa del mobbing.
Negli ultimi dieci anni i casi di mobbing denunciati hanno avuto un incremento esponenziale. Il mobbing ha un forte costo sociale stimato il 190% superiore al salario annuo lordo di un dipendente non mobbizzato. In Svezia si stima che il mobbing sia causa di un 20% dei suicidi.
Nei primi anni '90, lo psicologo svedese tenne in Italia una serie di conferenze che diedero inizio al dibattito nazionale sul mobbing con una decina d'anni di ritardo rispetto a Svezia e Germania. Leymann estese il dibattito sul mobbing dapprima in Germania e poi nel resto dei Paesi UE.
In Italia non esiste una legge in materia di mobbing e quindi il mobbing non è configurato come specifico reato a sé stante. Gli atti di mobbing possono però rientrare in altre fattispecie di reato, previste dal codice penale, quali le lesioni personali gravi o gravissime, anche colpose che sono perseguibili di ufficio e si ritengono di fatto sussistenti nel caso di riconoscimento dell'origine professionale della malattia. La legge italiana disciplina anche il risarcimento del danno biologico, associabile a situazioni di mobbing.


Capitolo 130 - riduzione in schiavitù
le nuove schiavitù
images.savethechildren.it/IT/f/img_pubblicazioni/img122_b.pdf - - Pagine simili
Le nuove schiavitù sono state inserite apposta in questo libro, insieme con l’indirizzo di Save the Children, un’organizzazione che si occupa dei soggetti più giovani. Aiutateli anche voi.
I dieci indicatori di rischio
1 Età - tanto più giovani, tanto più vulnerabili.
2 La durata della permanenza in Italia e dunque il loro grado di conoscenza delle dinamiche sociali del paese, dei luoghi in cui vivono, dei servizi di cui possono fruire e dei diritti di cui sono titolari.
3 La conoscenza della lingua italiana rispetto alla durata della permanenza in Italia e al grado di scolarizzazione.
4 L’articolazione e l’affidabilità della rete sociale e amicale rispetto all’età e alla
durata della permanenza in Italia.
5 La continuità o meno nei rapporti telefonici tenuti con la propria famiglia e dunque la possibilità di avere un appoggio morale e materiale dalla propria fa-miglia, nonché la opportunità reale di fare ritorno a casa.
6 La necessità di ripagare dei debiti o di inviare del denaro a casa soprattutto se il minore è arrivato su mandato familiare.
7 Lo stato di salute e il vigore fisico anche per la difesa personale.
8 La capacità di gestire in modo conveniente le dinamiche di strada e i correlativi rapporti di forza e la dimestichezza con strategie di sopravvivenza in particolare per il soddisfacimento dei propri bisogni primari.
9 La prospettiva di incorrere in grandi difficoltà per regolarizzare la propria
posizione amministrativa compiuti i 18 anni.
10 Le eventuali attività illegali svolte in modo autonomo per sopravvivere per le quali possono facilmente essere sfruttati da organizzazioni e network crimi-nali.
(da Save the children)

Leggi in materia di tratta e grave sfruttamento
Sono due gli strumenti legislativi principali in Italia per affrontare il fenomeno della tratta di esseri umani e del grave sfruttamento:
> Decreto Legislativo 286/98 che contiene Norme riguardanti l’Immigrazione e la Condizione di Straniero e la loro attuazione corredato dal Decreto Presidenziale 394/1999 che contiene le norme di attuazione. Il DLgs 268/98 prevede, all’art.18, che chi ha subito violenza o grave sfruttamento o la persona la cui vita sia in pericolo ha diritto ad una protezione speciale attraverso un programma di assistenza ed integrazione sociale, in virtù del quale è previsto il rilascio del permesso di soggiorno in Italia per motivi di protezione sociale per un primo periodo di 6 mesi, che può essere rinnovato per un anno.
Il Dipartimento delle Pari Opportunità ha anche istituito un numero verde - 800
290 290 - che le vittime di tratta o di grave sfruttamento possono contattare.
> Legge 228/2003 sulle misure contro la tratta di persone. La legge, introdotta nell’agosto 2003, ha modificato gli art. 600, 601, 602 e 416 del Codice Penale. L’art.600 riguarda la riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù, l’art.601 la tratta di persone, l’art.602 acquisto e alienazione di schiavi e l’art.416 le pene per quelli colpevoli dei suddetti reati previsti degli articoli precedenti. Gli art. 12 e 13 della legge hanno istituito un fondo speciale per i programmi di supporto ed aiuto e per la creazione di un programma speciale di assistenza.
Save the Children Italia Onlus
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Capitolo 131 -SETTE
Sette ed affini
Nei primi decenni del secolo XX, il teologo e sociologo protestante Ernst Troeltsch propose la distinzione fra: il tipo-Chiesa, un gruppo religioso in armonia con la società circostante; il tipo-setta, un gruppo religioso che contesta la società circostante; e il tipo-mistico, un gruppo religioso che si interessa scarsamente della società circostante, preferendo concentrare la sua attenzione sull'auto-perfezionamento dei suoi membri.
Solo dopo la Seconda guerra mondiale si aggiunse la crescente visibilità di gruppi religiosi di matrice non cristiana, e di gruppi protestanti di tipo evangelico e pentecostale.
Questi elementi nuovi hanno fatto emergere una serie amplissima di proposte terminologiche da parte di sociologi, di teologi e - in misura minore - di psico-logi. In campo sociologico, una delle proposte più note era stata formulata nel 1985 da Rodney Stark e da William Sims Bainbridge nel loro volume The Futu-re of Religion. Secularization, Revival, and Cult Formation (University of Cali-fornia Press, Berkeley-Los Angeles-Londra 1985). I due sociologi distinguevano fra "sette", "gruppi religiosi devianti all'interno di una tradizione non deviante", e "culti", "gruppi religiosi devianti all'interno di una tradizione deviante" (ibid., pp. 24-26). Così, per esempio, i Testimoni di Geova e i mormoni sarebbero "sette", gli Hare Krishna sarebbero invece un "culto".
Soprattutto dopo i tragici avvenimenti che hanno coinvolto alcuni gruppi definiti "sette" , tra cui i suicidi-omicidi dell'Ordine del Tempio Solare negli anni 1994, 1995 e 1997, l'attentato al gas compiuto nella metropolitana di Tokyo nel 1995 da seguaci della Aum Shinrikyo, il suicidio di quasi tutti i membri del culto dei dischi volanti Heaven's Gate nel 1997, i suicidi e gli omicidi del gruppo "cattolico di frangia" Restaurazione dei Dieci Comandamenti di Dio in Uganda nel 2000, si sono cercati criteri per distinguere fra "sette" pericolose e gruppi "religiosi" innocui.
E’ evidente che - in seguito a tali discussioni - la parola "setta" ha assunto, particolarmente in Europa, due diversi significati, che si sovrappongono. A un significato criminologico secondo cui la "setta" è un gruppo religioso (o che si pretende tale) pericoloso, di cui si può dire con un certo grado di probabilità che commetterà reati e crimini di maggiore o minore gravità, fa da pendant un significato di tipo sociologico, secondo cui la "setta" è semplicemente un gruppo religioso le cui idee sono piuttosto diverse rispetto a quelle condivise dalla maggioranza dei consociati. Tutto questo crea notevole imbarazzo presso gli studiosi, e anche rischi per la libertà e la tolleranza religiosa.
È per ragioni di questo genere che - mentre i giornalisti, i criminologi e chi de-sidera mettere in guardia l'opinione pubblica nei confronti dei pericoli delle "sette" continuano a utilizzare questo termine - gli studiosi hanno preferito a lungo parlare di "nuovi movimenti religiosi" o "nuove religioni". Molti chiamano "nuove religioni" i gruppi più grandi e consolidati (come i mormoni o i Testimoni di Geova) - le cui dimensioni superano ormai quelle di un semplice movimento - e invece "nuovi movimenti religiosi" le realtà più piccole, o di origine più recente. www.cesnur.org/religioni_italia/introduzione_02.htm - 15k - Pagine simili

Capitolo 132 - ARMI
www.earmi.it/ - 24k - Pagine simili.
Questo è il sito del giudice Mori. Quando ho qualche necessità, vado a questo sito. E’ troppo grande perché si possa riassumere. Vai a www.earmi.it e scegli l’argomento che desideri esaminare. http:www.beretta.it è il sito della Beretta, dedicato alle armi portatili moderne.

Capitolo 132 - il minore sessualmente abusato
L'altro diritto -Centro di documentazione su carcere, devianza e marginalità
www.fisicamente.net/SCI_FED/index-564.htm - Copia cache
Stabilire quale sia la verità, secondo il bambino abusato, può essere alquanto difficile. Solo persone adeguate, secondo l’esperienza professionale, dovrebbero eseguire questi test complessi.
L'accertamento della verità processuale è compito di esclusiva pertinenza del magistrato che, attraverso l'acquisizione delle prove, si prefigge lo scopo di ricostruire il fatto-reato con tutti i suoi momenti costitutivi e di attribuire le singole e specifiche responsabilità individuali, mentre la valutazione della credibilità clinica è il risultato di un'indagine psicologico -psichiatrica che il magistrato utilizza come strumento complementare per conoscere lo sviluppo intellettivo del minore.
1) La notizia di reato deriva, generalmente, da operatori psico-socio-sanitari delle aziende private o del settore pubblico. La legge 66/96 ha stabilito (all'art. 609-decies) l'obbligo di segnalazione, per rendere così effettiva l'esigenza di evitare un ritardo d'azione.
2) Nelle fasi successive alla prima rivelazione dell'evento si alternano diverse esigenze che necessitano un coordinamento:
• quella dell'accertamento della verità;
• quella della tutela del minore;
• e quella dei diritti della difesa.
3) Audizione del minore e accertamenti psicodiagnostici
L'audizione del minore deve essere fatta in sede penale, previo accordo con l'autorità minorile, al fine di coordinare l'esigenza della giustizia penale con quella del minore. Le varie difficoltà esistenti in questo ambito provocano una forte diffidenza nei confronti del processo penale in genere e contribuiscono a creare due postulati:
• che un adulto, pur se sospettato di aver commesso il fatto, avrà sicura-mente più possibilità di essere creduto, nella sua attività difensiva, ri-spetto al racconto accusatorio fatto da un bambino, poco capace di e-sprimersi e di ricordare;
• che, al di là dell'esito, il processo si rivelerà una "catastrofe" per la vitti-ma, danneggiandolo ulteriormente.
4) L'emissione di misure cautelari
Esse vengono emesse dall'autorità penale e spesso la loro emissione ha delle influenze anche in ambito minorile.
5) La tutela del minore
Nei casi di violenza intrafamiliare si verifica spesso che l'attività di tutela del minore ad opera del Tribunale per i minorenni si pone, in concreto, come successiva alla conclusione del procedimento penale: è invece necessario che i due procedimenti, quello che ha la finalità dell'accertamento dei fatti e quello che tende alla protezione del minore, si svolgano contemporaneamente, ognuno perseguendo il proprio obiettivo ma cercando d'integrarsi
La tutela del minore viene realizzata attraverso i provvedimenti limitativi o ablativi della potestà genitoriale (art. 330 c.c.) e quelli di allontanamento dalla casa familiare (sia da parte del bambino, che del genitore abusante).
Il minore che si trova coinvolto per la prima volta nell'apparato giudiziario come testimone prova una profonda ansia (perché è di fronte ad una situazione sconosciuta), molta paura e la sensazione di trovarsi in un meccanismo strano ed incomprensibile.
Tuttavia alcuni esperti affermano che i minori, se sostenuti e adeguatamente preparati, possono vivere tale esperienza ricavandone un senso di rassicurazione sulle capacità di protezione del sistema sociale - oltrechè una rinnovata fiducia negli adulti - e sentendosi rafforzati nel proprio sentimento di equità e giustizia. L'elemento centrale non è, dunque, il processo in sé, ma le condizioni in cui esso viene attuato. È per questo motivo che nelle audizioni di minori sessualmente abusati la presenza dello psicologo dell'età evolutiva o dell'esperto in tali testimonianze è ormai considerato, nella maggior parte delle diverse realtà territoriali, un elemento indispensabile per il corretto svolgimento dell'audizione e per far sì che tale esperienza sia vissuta in modo non troppo traumatico per il bambino.
La Carta di Noto C(è un documento che è stato elaborato da un gruppo interdisciplinare (composto da avvocati, magistrati, psicologi, psichiatri, criminologi e medici legali) riunitosi nel giugno del 1996 in Sicilia, a Noto, presso l'Istituto Superiore Internazionale di Scienze Criminali (I.S.C.S.). Tale Carta contiene tredici linee-guida da utilizzare per l'esame del minore, in modo che l'approccio iniziale all'indagine risulti il più possibile determinato dalla capacità e dall'esperienza dei singoli operatori, cosicché possano essere ovviati gli errori diagnostici circa l'attendibilità della vittima. Nel luglio 2002, nell'Istituto Superiore Internazionale di Scienze Criminali di Noto vi è stato un incontro di esperti di audizione protetta di minori sessualmente abusati (organizzato dalla Dott.ssa Luisella De Cataldo Neuburger) per l'aggiornamento del documento. (Simona Ruffini, Carta di Noto: strumento per operatori nel campo dell’abuso sessuale a minori. Altalex, 19.1.2010).
La Dichiarazione di consenso in tema di abuso all'infanzia è stata, invece, discussa ed approvata a Roma il 21 marzo 1998 dal Coordinamento nazionale dei Centri e dei Servizi di prevenzione.
La memoria è spesso, nei casi giudiziari, l'unica fonte di informazione su quanto presumibilmente è accaduto. Perché un evento possa essere ricordato da un soggetto è necessario che egli l'abbia precedentemente acquisito.
La psicologia cognitiva studia i processi che guidano l'acquisizione della conoscenza da parte dei soggetti. Tali processi possono essere ricondotti ad un'attività di elaborazione delle informazioni che si articola in tre fasi distinte:
a. l'acquisizione, durante la quale il soggetto percepisce le informazioni provenienti dall'esterno;
b. la ritenzione, durante la quale egli conserva in memoria le informazioni acquisite;
c. il recupero, durante il quale egli ricorda l'informazione nel senso che la recupera dalla memoria dove era conservata.
Nel suo complesso l'attività di elaborazione delle informazioni è resa possibile dalla presenza di tre elementi fondamentali :
a. la memoria (o registro sensoriale), dove gli stimoli fisici in arrivo dal mondo esterno vengono inizialmente tradotti in informazione nervosa sensoriale (visiva, uditiva, tattile), per poi essere confrontati con le esperienze precedenti e poter essere riconosciuti percettivamente;
b. la memoria a breve termine (MBT), che ci permette di ritenere alcune informazioni in modo fedele allo stimolo, ma solo per alcuni secondi (da un minimo di 3-4 secondi ad un massimo di 20): ciò avviene, ad esempio, quando ricordiamo un numero telefonico solo per il tempo necessario per comporlo;
c. la memoria a lungo termine (MLT), che è invece caratterizzata da un'e-stensione praticamente infinita e per questo detta anche memoria per-manente: comporta un immagazzinamento di elementi più elaborato ri-spetto a quello della MBT e una considerazione dello stimolo nel suo in-sieme di qualità sensoriali e non.
L'importanza di ridurre i casi di falsi positivi e di falsi negativi ha stimolato gli studiosi ed i giuristi a predisporre strumenti d'intervista idonei. La mancanza di specifica preparazione nella tecnica dell'intervista del minore infatti provoca gravissimi errori a livello giudiziario che si materializzano non solo in un giudizio di veridicità di accuse false e di falsità di accuse vere, ma anche nell'assunzione di decisioni inappropriate da parte di assistenti sociali e di psicoterapeuti.
La prima fase essenziale di un'intervista con un minore testimone è stabilire un adeguato rapporto tra il bambino e l'intervistatore. Il minore deve essere aiutato a sentirsi sicuro e rilassato.
La seconda fase consiste in una rievocazione libera da parte del bambino dei fatti e delle informazioni che è in grado di riferire, con le sue parole, in risposta a domande aperte e mai forzanti o suggestive. Dunque il ruolo dell'intervistatore è quello di facilitare la narrazione e non di guidarla.
Nella terza fase vengono proposte domande di approfondimento di quanto già narrato. Poiché i bambini, pur essendo in grado di dare resoconti attendibili, raramente riferiscono i dettagli e le informazioni che l'adulto o il bambino più grande sono in grado di dare, spesso occorre fare al minore delle domande, ma la loro forma deve sempre essere aperta e devono sempre essere formulate in modo da far capire che viene accettata l'eventualità di non riuscire a ricordare o di non sapere la risposta. Vanno sempre evitate le domande a risposta chiusa (sì/no) perché, la ricerca ha dimostrato, specie con i bambini, che la tendenza sarà a rispondere sì o comunque a rispondere ciò che ritengono faccia più piacere all'intervistatore.
La quarta fase prevede la chiusura dell'intervista. L'intervistatore deve controllare con il bambino di aver capito bene le parti essenziali del racconto e deve evitare di utilizzare un linguaggio adulto al quale il bambino potrebbe aderire senza capire il significato delle parole.
Una procedura rappresentativa del metodo proposto dal Memorandum of Good Practice, che gli psicogiuristi considerano idonea a raggiungere buoni risultati e che è raccomandata e seguita dai maggiori esperti del settore (anche se purtroppo non ancora attuata in ogni realtà italiana), è la cosiddetta Step-Wise Interview o "Intervista Graduale", elaborata dal Prof. Yuille, un esperto canadese in testimonianza infantile, in collaborazione con psicologi, operatori sociali, polizia e pubblici ministeri.
La Step-Wise Interview prevede nove fasi che devono essere scrupolosamente attuate in successione:
1. Creare un buon rapporto con il bambino.
2. Chiedere al bambino di raccontare uno o due eventi specifici della sua vita (ad es. una festa di compleanno e un viaggio con i parenti).
3. Accertarsi che il minore dica la verità, appurando, soprattutto se è piccolo, che conosca il significato di "verità".
4. Introdurre l'argomento di cui si vuole parlare.
5. Fase della narrazione libera.
6. Fase delle domande generali, che dovranno partire solo da informazioni precedentemente fornite dal bambino).
7. Fase delle domande specifiche (solo se necessarie), servono per chiarire ed approfondire risposte precedenti.
8. Aiuti per il colloquio (ad es. disegni o cartelloni riproducenti il corpo u-mano), specialmente con i bambini piccoli.
9. Conclusione del colloquio.


COMPORTAMENTO DEL BAMBINO
Dal punto di vista degli esperti che utilizzano le bambole anatomiche per la diagnosi degli abusi sessuali NORMALE
Sintomo di non abuso ANORMALE
Sintomo di abuso
Comportamenti sessualizzati meno espliciti % %
Spogliare le bambole 97.4 0
Guardare i genitali delle bambole 77.1 2.6
Toccare i genitali delle bambole 77.6 0.5
Toccare la zona anale delle bambole 60.4 7.8
Toccare i seni delle bambole 75.5 3.1
Evitare il contatto con la bambola o mostrarsi ansiosi 15.7 27.7
Mettere le bambole sdraiate l'una sull'altra 6.8 38.5
Mostrare le bambole che si baciano 64.6 5.2
Comportamenti esplicitamente erotici % %
Mostrare penetrazione vaginale 0.5 88.0
Mostrare penetrazione anale 0 90.1
Mostrare contatto oro-genitale 0 92.2
Mostrare contatto tra i genitali 1.0 82.8
Mostrare penetrazione digitale 3.6 79.7

9) L'ultima fase del colloquio è costituita dalla chiusura dell'intervista, momento essenziale per molte ragioni. In primo luogo, non è possibile terminare un'intervista lasciando il bambino in uno stato d'ansia, di tensione, d'agitazione e di disagio. Bisogna inoltre trasmettergli la sensazione che non ha "fallito" nel suo compito, anche se non ha ricordato molto.
In questa fase è opportuno inizialmente ripetere, utilizzando il linguaggio proprio del minore, i punti essenziali che sono emersi dall'intervista, per controllare che l'adulto abbia capito in modo corretto quello che egli intendeva comunicare. Successivamente è però importante cambiare argomento e riportare la conversazione su un piano emozionalmente "neutro" o piacevole, parlando di altri aspetti che riguardano la vita del bambino.
L'intervista cognitiva (o IC) è una procedura sviluppatasi negli USA per aiutare ufficiali di polizia o altri professionisti ad ottenere resoconti più completi ed accurati da un testimone. Questa tecnica è basata su principi psicologici riguardanti il ricordo ed il recupero d'informazioni dalla memoria. È stata sviluppata dagli psicologi Ed Geiselman (University of California, Los Angeles) e Ron Fisher (Florida International University) nel 1984, in risposta alle numerose richieste ricevute da parte di ufficiali di polizia e professionisti legali, per ottenere un metodo che migliorasse l'interrogatorio del testimone.
Questo tipo di intervista si basa su due principi teorici:
1. che ci sono numerosi metodi per recuperare dalla memoria un evento, per cui informazioni non accessibili con una tecnica possono esserlo con un'altra;
2. che ci sono molteplici parti che compongono una traccia di memoria ed un suggerimento per il recupero è effettivo purché ci sia una sovrapposizione tra esso e l'informazione codificata.
La presenza dei criteri indica la possibilità che l'evento riportato possa essere realmente accaduto; la loro assenza, invece, non indica necessariamente che la dichiarazione sia falsa. Non esiste un numero minimo di presenza dei criteri per poter valutare la validità della testimonianza: più sono i criteri soddisfatti (sia quantitativamente che qualitativamente), più aumenta la possibilità che l'evento riportato sia vero. Deve essere dunque compiuta una valutazione generale della testimonianza alla luce dei criteri soddisfatti.
Tabella: CBCA - Criteri di contenuto
CARATTERISTICHE GENERALI
1. Struttura logica. La deposizione è coerente? Il contenuto è logico? I di-versi segmenti si integrano in un tutto dotato di senso? (nota: dettagli particolari o complicazioni inaspettate non diminuiscono la struttura logi-ca).
2. Produzione non strutturata. La deposizione in qualche modo è organizza-ta? Sono presenti digressioni o spontanei spostamenti di attenzione? So-no presenti elementi che compaiono lungo tutta la testimonianza, in as-senza di un ordine di presentazione rigido? (nota: il criterio richiede che il racconto abbia consistenza logica).
3. Quantità di dettagli. Sono presenti elementi descrittivi relativi a tempi e luoghi? Persone, oggetti ed episodi sono descritti accuratamente?
CONTENUTI SPECIFICI
4. Inserimento in un contesto. Gli eventi sono inseriti in un contesto spazio-temporale? L'evento è connesso ad altre situazioni della routine quotidiana?
5. Descrizione di interazioni. Sono riportate azioni o reazioni o conversazioni composte da un minimo di tre elementi che coinvolgono l'accusato e il testimone?
6. Riproduzione di conversazioni. La conversazione è riportata nella sua forma originale? (nota: termini non familiari al linguaggio infantile e cita-zioni sono in particolare forti indicatori, anche quando attribuiti ad uno solo dei partecipanti).
7. Complicazioni inaspettate durante l'incidente probatorio. Viene riportata una difficoltà o una interruzione inaspettata che ha interferito con l'evento?
8. Dettagli insoliti. Sono presenti dettagli insoliti relativi a cose, persone o agli eventi significativi nel contesto della deposizione? (nota: i dettagli devono essere realistici)
9. Dettagli superflui. Sono riportati dettagli periferici relativi alla situazione, ma non all'evento centrale. (nota: se il passaggio soddisfa uno dei criteri specifici 4-18 probabilmente non è superfluo).
10. Dettagli fraintesi ma riportati correttamente. Il bambino descrive oggetti o eventi in modo corretto, alternandone il senso in modo coerente con il suo sviluppo cognitivo?
11. Associazioni esterne collegate. È presente il racconto di eventi o conver-sazioni di natura sessuale, legati all'abuso, ma verificatisi in una circo-stanza diversa?
12. Esperienza soggettiva. Il bambino descrive sentimenti, pensieri, emozioni esperiti durante l'evento? (nota: il criterio non è soddisfatto quando il testimone risponde ad una domanda diretta, a meno che la risposta non vada oltre quanto è stato chiesto).
13. Attribuzione di uno stato mentale dell'accusato. Sono riportati sentimenti e pensieri esperiti dall'accusato durante l'evento? (nota: non devono es-sere considerate descrizioni di comportamenti manifesti).
CONTENUTI RELATIVI ALLA MOTIVAZIONE
14. Correzioni o aggiunte spontanee. Sono fatte correzioni o aggiunte infor-mazioni alle descrizioni precedentemente raccontate? (nota: non devono essere considerate risposte date a domande dirette).
15. Ammissioni di mancanza di memoria o conoscenza. Il bambino ammette di non ricordare o di non conoscere alcuni aspetti dell'evento? (nota: la riposta a domanda diretta deve andare oltre a "non so" o "non ricordo").
16. Sollevare dubbi sulla propria testimonianza. Il bambino esprime la preoccupazione che la disposizione possa sembrare incredibile o irreale? (nota: affermazioni quali "sto dicendo la verità" non devono essere considerate).
17. Autodeprecazione. Il bambino descrive qualche aspetto del proprio com-portamento durante l'evento come inadeguato o inappropriato?
18. Perdonare l'accusato. Il bambino tende a scusare l'imputato, a spiegarne o giustificarne il comportamento ad esempio minimizzando la gravità delle azioni?
ELEMENTI SPECIFICI DELL'OFFESA
19. Dettagli caratteristici dell'offesa. Esiste una descrizione specifica dell'atto criminale?

Tabella: Criteri per il controllo della validità della deposizione (Validity Cecklist)
CARATTERISTICHE PSICOLOGICHE
1. Appropriatezza del linguaggio e della conoscenza
Il sospetto di un'influenza da parte di un adulto non può far dedurre che la denuncia sia falsa, ma deve portare a ponderare la possibile influenza da parte di terze persone.
2. Appropriatezza dell'affetto
Deve essere osservata la performance del bambino anche se i segnali comportamentali non possono mai essere univocamente interpretati co-me segni di veridicità o falsità.
3. Suscettibilità alla suggestione
Elevati gradi di suggestionabilità possono influenzare l'accuratezza della denuncia, o perfino indicare una mancanza di memoria episodica concreta dovuta al fatto che il racconto è stato fabbricato. La resistenza alla suggestione risulti essere, d'altra parte, degna di nota.
CARATTERISTICHE DELL'INTERVISTA
4. Utilizzo di domande suggestive, guidanti o coercitivi
Interviste precedenti, condotte inadeguatamente, possono influenzare l'intervista, sebbene per questa sia stata utilizzata una tecnica adeguata.
5. Generale adeguatezza dell'intervista
Deve essere valutata separatamente anche la tecnica utilizzata nell'intervista sulla quale i criteri del CBCA sono applicati. Domande dirette formulate in modo prematuro, interruzioni eccessive o rinforzi sistematici possono, infatti, limitare il potere diagnostico dell'analisi del contenuto.
MOTIVAZIONE
6. Motivazione a deporre
Devono essere considerate le relazioni tra il bambino e l'accusato, e le possibili conseguenze per tutte le persone coinvolte.
7. Contesto nel quale si è inserita la prima rivelazione o dichiarazione
La "storia" e l'origine della denuncia devono essere analizzate.
8. Pressioni a dichiarare il falso
INTERROGATIVI INVESTIGATIVI
9. Coerenza con le leggi della natura
La sua assenza implica forti dubbi sulla veridicità del racconto, pur in presenza di un'alta qualità di contenuto.
10. Coerenza con altre deposizioni
Tali deposizioni possono essere del bambino stesso o di altre persone.
Per il confronto con altre dichiarazioni del bambino devono essere tenute presenti la sua capacità di ricordare eventi e possibili effetti suggestivi in precedenti interviste o in quella attuale.
La contraddizione con dichiarazioni di altre persone, che non possono essere attribuite a errori o menzogne da parte dell'altro testimone, non sono necessariamente indicatori di falsità, ma vanno considerate all'interno dell'assessment generale di validità.
11. Coerenza con altre prove
Questo controllo è di natura criminologica più che psicologica, può con-cernere, infatti, aspetti medico-legali. Una contraddizione a questo livello solleva molti dubbi sulla veridicità della testimonianza nonostante un'elevata quantità di contenuti.


Capitolo 133 - BULLISMO (Wikipedia)
Con il termine bullismo si indica «il fenomeno delle prepotenze perpetrate da bambini e ragazzi nei confronti dei loro coetanei soprattutto in ambito scolastico. In particolare con il termine bullismo si intende riunire aggressori e vittime in un'unica categoria».
Il bullismo per essere definito tale deve presentare tre caratteristiche precise:
 Intenzionalità.
 Persistenza nel tempo.
 Asimmetria nella relazione.
Vale a dire che deve essere un'azione fatta intenzionalmente per provocare un danno alla vittima; ripetuta nei confronti di un particolare compagno; caratterizzata da uno squilibrio di potere tra chi compie l'azione e chi la subisce. Il bullismo, quindi, presuppone la condivisione del medesimo contesto.
Esistono diversi tipi di bullismo, che si dividono principalmente in bullismo diretto e bullismo indiretto.
Il bullismo diretto è caratterizzato da una relazione diretta tra vittima e bullo e a sua volta può essere catalogato come:
 bullismo fisico: il bullo colpisce la vittima con colpi, calci o spintoni, o la molesta sessualmente;
 bullismo verbale: il bullo prende in giro la vittima, dicendole frequentemen-te cose cattive e spiacevoli o chiamandola con nomi offensivi, sgradevoli o minacciandola, dicendo il più delle volte parolacce e scortesie;
 bullismo psicologico: il bullo ignora o esclude la vittima completamente dal suo gruppo o mette in giro false voci sul suo conto;
 cyberbullying o bullismo elettronico: il bullo invia messaggi molesti alla vit-tima tramite sms o in chat o la fotografa/filma in momenti in cui non desi-dera essere ripreso e poi invia le sue immagini ad altri per diffamarlo, per minacciarlo o dargli fastidio.
Il bullismo indiretto è meno visibile di quello diretto, ma non meno pericoloso, e tende a danneggiare la vittima nelle sue relazioni con le altre persone, escludendola e isolandola per mezzo soprattutto del bullismo psicologico e quindi con pettegolezzi e calunnie sul suo conto.
Una prima distinzione di variabili di Bullismo è in base al sesso del bullo: i bulli maschi sono maggiormente inclini al bullismo diretto, mentre le femmine a quello indiretto.
Per quanto riguarda invece l'età in cui si riscontra questo fenomeno, si hanno due diversi periodi. Il primo tra i 7 e gli 8 anni di età, mentre il secondo tra i 14 e i 18.
Infine i luoghi teatro di fenomeni di bullismo sono principalmente luoghi di raccolta di giovani, e quindi scuola e fuori scuola.
Le cause primarie di questo fenomeno sono da ricercarsi non solamente nella personalità del giovane bullo, ma anche nei modelli familiari sottostanti, negli stereotipi imposti dai mass- media, nella società di oggi a volte disattenta alle relazioni sociali. La causa più importante è la scelta consapevole di danneggiare un compagno.
Il bullismo non esiste solo a scuola, ma ha delle degenerazioni come il nonnismo e si collega a tutte le violenze che hanno in comune il considerare l'altra persona (quella che subisce) come un oggetto. A differenza di quanto si pensi, il bullismo è un fenomeno che riguarda sia maschi che femmine, ma nei due sessi si esprime in due modi differenti. I maschi mettono in atto soprattutto prepotenze di tipo diretto, come aggressioni fisiche e verbali. Le femmine, invece, utilizzano in genere modalità indirette di prevaricazione e le rivolgono sia alle femmine che ai maschi.
Il bullismo, a differenza del vandalismo e del teppismo, si presenta come una forma di violenza antitetica a quelle rivolte contro le istituzioni e i loro simboli (docenti o strutture scolastiche): queste ultime sarebbero estroverse, dove il bullismo è invece introverso, una sorta di cannibalismo psicologico interno al gruppo dei pari. Inoltre è da sottolineare come quasi sempre, in particolare nei casi di ostracismo, l'intera classe tende ad essere coinvolta nel bullismo, attivo o passivo, rivolto verso le vittime del gruppo, tramite meccanismi di consenso, più o meno consapevole, non solo nel timore di diventare nuove vittime dei bulli, o per mettersi in evidenza nei loro confronti, ma perché questi spesso riescono ad esprimere sia pur in negativo, attraverso la designazione della vittima quale capro espiatorio, la cultura identitaria del gruppo.
I primi studi sul bullismo si hanno nei paesi dell'area scandinava, a partire dall'inizio degli anni settanta, e, poco dopo, anche nei paesi anglosassoni, in particolare Gran Bretagna e Australia. Con la seconda metà degli anni novanta, ricerche analoghe sono condotte anche in Italia.

Capitolo 134 - stalking (Wikipedia)

Il termine inglese stalking, suggerito dalla letteratura scientifica specializzata anglofona in tema di molestie assillanti, intende un insieme di comportamenti molesti e continui, costituiti da ininterrotti appostamenti nei pressi del domicilio o degli ambienti comunemente frequentati dalla vittima, ulteriormente reiterati da intrusioni nella sua vita privata alla ricerca di un contatto personale per mezzo di pedinamenti, telefonate oscene od indesiderate.
Intende, inoltre, l'invio di lettere, biglietti, posta elettronica, SMS e oggetti non richiesti
Nel linguaggio accademico sono usate differenti definizioni scientifiche. I termini recentemente impiegati in varie lingue, per coprire l'area semantica dell'intrusione relazionale ripetuta ed assillante, sono numerosi ed appartengono a vari contesti come quello criminologico, psichiatrico, psicologico e legislativo.
Il persecutore o stalker può essere un estraneo, ma il più delle volte è un conoscente, un collega, o un ex-compagno o ex-compagna che agisce spinto dal desiderio di recuperare il precedente rapporto o per vendicarsi di qualche torto subito. Solitamente questi comportamenti si protraggono per mesi od anni, il che mette in luce l'anormalità di questo genere di condotte.
Lo stalking è considerato reato in diversi paesi del mondo. Le norme anti-persecuzione sono volte a tutelare le vittime di tutti quegli atti persecutori che, per la loro caratteristica di ripetitività e perduranza nel tempo, provocano nelle persone colpite stati di ansia e paura per la propria incolumità o le costringono ad alterare significativamente le proprie abitudini di vita.
In Italia le condotte tipiche dello stalking configurano il reato di "atti persecutori" (art. 612-bis c.p.), introdotto con il D.L. 23 febbraio 2009, n. 11 (decreto Maroni).
La norma introduce nel codice penale l'articolo 612-bis, dal titolo "atti persecutori", che al comma 1 recita:
« Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita »
Il nuovo istituto costituisce una sorta di affinamento della preesistente norma sulla violenza privata: delinea infatti in modo più specifico la condotta tipica del reato e richiede che tale condotta sia reiterata nel tempo e tale da «cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura» alla vittima.
Con la riforma Alfano del 2008 è stata estesa l'ammissione al Patrocinio a spese dello Stato a tutte le vittime di reati a sfondo sessuale senza alcun limite di reddito .

Capitolo 134 - Preti e pedofilia
(Massimo Introvigne, 26 Marzo 2010, l’Occidentale)
La discussione attuale sui preti pedofili – considerata dal punto di vista del sociologo – rappresenta un esempio tipico di “panico morale”. Il concetto è nato negli anni 1970. Più precisamente, i panici morali sono stati definiti come problemi socialmente costruiti caratterizzati da una amplificazione sistematica dei dati reali, sia nella rappresentazione mediatica sia nella discussione politica. Intendiamoci: i panici morali hanno ai loro inizi condizioni obiettive e pericoli reali. Non inventano l’esistenza di un problema, ma ne esagerano le dimensioni statistiche. Anzitutto, il dato reale di partenza. Esistono preti pedofili. Alcuni casi sono insieme sconvolgenti e disgustosi, hanno portato a condanne definitive e gli stessi accusati non si sono mai proclamati innocenti.
Per capire come da un dato tragicamente reale si è passati a un panico morale è allora necessario chiedersi quanti sono i preti pedofili. I dati più ampi sono stati raccolti negli Stati Uniti, dove nel 2004 la Conferenza Episcopale ha commissionato uno studio indipendente al John Jay College of Criminal Justice della City University of New York, che non è un’università cattolica ed è unanimemente riconosciuta come la più autorevole istituzione accademica degli Stati Uniti in materia di criminologia. Questo studio ci dice che dal 1950 al 2002 4.392 sacerdoti americani (su oltre 109.000) sono stati accusati di relazioni sessuali con minorenni. Di questi poco più di un centinaio sono stati condannati da tribunali civili. Il basso numero di condanne da parte dello Stato deriva da diversi fattori. In alcuni casi le vere o presunte vittime hanno denunciato sacerdoti già defunti, o sono scattati i termini della prescrizione. In altri, all’accusa e anche alla condanna canonica non corrisponde la violazione di alcuna legge civile: è il caso, per esempio, in diversi Stati americani del sacerdote che abbia una relazione con una – o anche un – minorenne maggiore di sedici anni e consenziente. Ma ci sono anche stati molti casi clamorosi di sacerdoti innocenti accusati. Questi casi si sono anzi moltiplicati negli anni 1990, quando alcuni studi legali hanno capito di poter strappare transazioni milionarie anche sulla base di semplici sospetti. Gli appelli alla “tolleranza zero” sono giustificati, ma non ci dovrebbe essere nessuna tolleranza neanche per chi calunnia sacerdoti innocenti. Aggiungo che per gli Stati Uniti le cifre non cambierebbero in modo significativo se si aggiungesse il periodo 2002-2010, perché già lo studio del John Jay College notava il “declino notevolissimo” dei casi negli anni 2000. Le nuove inchieste sono state poche, e le condanne pochissime, a causa di misure rigorose introdotte sia dai vescovi statunitensi sia dalla Santa Sede.
Lo studio del John Jay College ci dice, come si legge spesso, che il quattro per cento dei sacerdoti americani sono “pedofili”? Niente affatto. Secondo quella ricerca il 78,2% delle accuse si riferisce a minorenni che hanno superato la pubertà. Avere rapporti sessuali con una diciassettenne non è certamente una bella cosa, tanto meno per un prete: ma non si tratta di pedofilia. Dunque i sacerdoti accusati di effettiva pedofilia negli Stati Uniti sono 958 in cinquantadue anni, diciotto all’anno. Le condanne sono state 54, poco più di una all’anno.
Il numero di condanne penali di sacerdoti e religiosi in altri Paesi è simile a quello degli Stati Uniti, anche se per nessun Paese si dispone di uno studio completo come quello del John Jay College. Si citano spesso una serie di rapporti governativi in Irlanda che definiscono “endemica” la presenza di abusi nei collegi e negli orfanatrofi (maschili) gestiti da alcune diocesi e ordini religiosi, e non vi è dubbio che casi di abusi sessuali su minori anche molto gravi in questo Paese vi siano stati. Lo spoglio sistematico di questi rapporti mostra peraltro come molte accuse riguardino l’uso di mezzi di correzione eccessivi o violenti. Il cosiddetto rapporto Ryan del 2009 – che usa un linguaggio molto duro nei confronti della Chiesa Cattolica – su 25.000 allievi di collegi, riformatori e orfanatrofi nel periodo che esamina riporta 253 accuse di abusi sessuali da parte di ragazzi e 128 da parte di ragazze, non tutte attribuite a sacerdoti, religiosi o religiose, di diversa natura e gravità, raramente riferite a bambini prepuberi e che ancor più raramente hanno condotto a condanne.
Secondo gli studi di Jenkins, se si paragona la Chiesa Cattolica degli Stati Uniti alle principali denominazioni protestanti, si scopre che la presenza di pedofili è – a seconda delle denominazioni – da due a dieci volte più alta tra i pastori protestanti rispetto ai preti cattolici. La questione è rilevante perché mostra che il problema non è il celibato: la maggior parte dei pastori protestanti è sposata. Nello stesso periodo in cui un centinaio di sacerdoti americani era professori di ginnastica e allenatori di squadre sportive giovanili – anche questi in grande maggioranza sposati – giudicato colpevole dello stesso reato dai tribunali statunitensi sfiorava i seimila. Gli esempi potrebbero continuare, non solo negli Stati Uniti. E soprattutto secondo i periodici rapporti del governo americano due terzi circa delle molestie sessuali su minori non vengono da estranei o da educatori – preti e pastori protestanti compresi – ma da familiari: patrigni, zii, cugini, fratelli e purtroppo anche genitori. Dati simili esistono per numerosi altri Paesi.
Per quanto sia poco politicamente corretto dirlo, c’è un dato che è assai più significativo: per oltre l’ottanta per cento i pedofili sono omosessuali, maschi che abusano di altri maschi. E – per citare ancora una volta Jenkins – oltre il novanta per cento dei sacerdoti cattolici condannati per abusi sessuali su minori e pedofilia è omosessuale. Se nella Chiesa Cattolica c’è stato effettivamente un problema, questo non è stato il celibato ma una certa tolleranza dell’omosessualità nei seminari particolarmente negli anni 1970, quando è stata ordinata la grande maggioranza di sacerdoti poi condannati per gli abusi. È un problema che Benedetto XVI sta vigorosamente correggendo. Più in generale il ritorno alla morale, alla disciplina ascetica, alla meditazione sulla vera, grande natura del sacerdozio sono l’antidoto ultimo alle tragedie della pedofilia.
http://www.ildialogo.org/Ratzinger/pedofiliachiese.htm Questo scritto è molto lungo, e riporta, fino al 2007, la cronaca di eventi che sono al contempo reati e peccati. La pedofilia è, a mio avviso, valutabile intorno al 4-5% dei sacerdoti, per i casi accertati; probabilmente lo è di più. Leggete questo documento, se ce la fate, e ricordate che, all’interno della stessa Chiesa, c’è chi ha il coraggio di parlare.
www.fisicamente.net/SCI_FED/index-564.htm - Copia cache Questa è una casistica che riguarda il 2002. Contiene anche un’intervista con uno dei leaders dei Legionari di Cristo, il cui capo è stato direttamente coinvolto come autore di reati.

Capitolo 135 - criminalità femminile
issuu.com/rivistacriminale/.../1_2008_criminalita_femminile - Copia cache
Sinteticamente si riportano i dati per grandi categorie di criminalità desunte dall'Istat.
Tra il 1988 al 1998 il tasso di criminalità femminile è risultato essere quasi co-stante per i delitti contro la persona (in media: 437,4 denunciate per milione di donne residenti), per quelli contro la famiglia (33,1), per quelli contro la moralità pubblica e il buon costume (15,5), per i delitti contro il patrimonio (608) con un aumento solo nel caso dei furti (da un tasso di 237,3 a inizio periodo a 319,3 nell'ultimo anno), per i delitti contro l'incolumità pubblica (100,9) e per la residua parte degli altri delitti. Le denunciate per delitti contro l'economia pubblica, l'industria e il commercio mostrano una contenuta oscillazione su un valore medio di 212,7. Il numero delle donne denunciate, inoltre, è in costante, leggera, diminuzione, così come lo è il numero delle condannate.
In sintesi, risulta una netta stabilità degli indici, e non si rileva una tipicità femminile per nessun reato.
Quanto al modello criminale prevalente, le donne non differiscono fondamen-talmente dai maschi nella scelta delle principali e più frequenti attività criminose.
Non si nota quindi neanche un minimo segnale di crescita della criminalità femminile, criminalità che si esprime soprattutto in crimini minori contro la proprietà. In Italia la posizione della donna è rimasta immutata, anche se spesso le lavoratrici sono sottopagate e sottoccupate.
L'emancipazione femminile, e non solo in Italia, sta dando i suoi frutti su un altro versante, quello della tutela della donna vittima di reato. La recente legge sulla violenza carnale e sulle molestie sessuali ne è un esempio.
L’assunzione che il cammino delle donne verso l’emancipazione porti come lo-gica conseguenza la crescita della criminalità femminile non trova riscontri empirici: le donne criminali sono sempre una presenza minoritaria, non si sono osservati cambiamenti di rilievo dopo gli anni ’60, se non un leggero impatto sui reati contro la proprietà, peraltro bilanciati dalla diminuzione dei reati considerati tradizionali del sesso femminile. Le donne assassine rappresentano il 10-15% della totalità degli assassini. Il numero maggiore (12-15%) viene raggiunto negli Stati Uniti.
Come spiegare dunque questi dati?
Mancanza di studi: la maggior parte degli studi e dei dati prodotti sul delitto si sono sempre concentrati sugli uomini, poiché ci si basava sull’idea che i maschi fossero più aggressivi, violenti e portati alla criminalità delle donne. I reati di violenza non sembrano essere facilmente conciliabili con il concetto tradizionale di comportamento femminile. L'assassinio e altri atti violenti contro le persone fisiche sembrano in completa antitesi con il delicato, riservato, protettivo ruolo del sesso femminile.
Inoltre gran parte degli studiosi e dei ricercatori e criminologi erano uomini, ed è sempre stato difficile per loro ammettere l’esistenza del crimine femminile. L’uomo nasce dalla donna e l’idea che la donna possa essere il nemico fa paura. L’omicidio femminile veniva considerato un’aberrazione. Per molti si trattava di atti involontari. Le donne venivano viste come esseri vulnerabili, incapaci di malvagità. La violenza era un universo esclusivamente maschile: le donne e i bambini ne erano le vittime.
Tradizionalmente le donne non sono educate all'aggressività bensì alla passivi-tà. Tutti i condizionamenti sociali fanno sì che le donne passino raramente all'atto delittuoso.
Ecco perché si è parlato di criminalità femminile mascherata o dietro le quinte, poiché un comportamento femminile frequente è quello del favoreggiamento e dell’istigazione, della manipolazione, un modo di non esporsi in prima persona. Ma se anche è esistita una tale cavalleria oggi non esiste più. Le donne sono
perseguite e ricevono le stesse condanne degli uomini.
La diversa posizione della donna nella società: la donna è stata meno attiva
dell’uomo nelle attività relazionali, ha avuto un ruolo più appartato, questo ha
comportato una sua minore partecipazione al comportamento delittuoso, per-ché meno esposta agli stimoli ambientali. Con questo però non si può dire che aumentando la partecipazione della donna alla vita sociale ci sia stato un con-seguente aumento della criminalità femminile. Alcuni studiosi ritengono che il più largo accesso al lavoro non ha cambiato radicalmente il tradizionale ruolo dipendente della donna. E’ quindi cambiata la posizione sociale della donna mentre il ruolo e la funzione specifica della donna in famiglia e nei riguardi
dell’uomo è rimasta immutata.
La diversa struttura biopsichica dei due sessi: l’inferiorità fisica media delle donne avrebbe come effetto psicologico quello di farle astenere da azioni vio-lente.
Secondo l’interpretazione psicologica, la donna tende a tradurre in senso ne-vrotico, con ansia, depressione, instabilità emotiva, la conflittualità provocata da fattori disturbanti ambientali laddove l'uomo risolve la tensione con l'azione. La parità sociale permette oggi alle donne di difendersi e di scaricare l'aggressività con sistemi che erano di esclusiva competenza maschile.
La fragilità predisponeva la donna all'astuzia. La sua forza stava nella finzione e nel calcolo. Ciò ne faceva una assassina con premeditazione che metteva in opera i suoi misfatti dietro la maschera dell'innocenza, dell'amore e a volte perfino della pietà.
Evoluzione del delitto femminile: negli ultimi anni sono stati moltissimi gli studi di stampo femminista sul delitto commesso dalle donne. L'accento è posto so-prattutto sull'ambiente sociale e familiare della donna e sulle condizioni sociali e familiari.

Capitolo 136 - carcere femminile
26.09.2008, Casa Circondariale Rebibbia Femminile –www.garantedetenutilazio.it/notizie/eventi/index.html_elem_0008.html - 17k - Pagine simili
La popolazione femminile in carcere riguarda all’incirca il 10% della popolazio-ne maschile, circa 600- 650 persone, per lo più autrici di reati minori in rapporto all’uso di droga. A titolo di esempio descrittivo, si riportano alcuni dati del carcere Rebibbia femminile, significando peraltro che ci potrebbero essere variazioni anche significative in carceri diversi.
La casa circondariale di Rebibbia Femminile ospita attualmente 360 detenute, di cui 133 definitive, 12 giudicabili, 69 appellanti, 32 ricorrenti, 13 con posizio-ne giuridica mista con definitivo e 6 mista senza definitivo, 8 semilibere, 2 in articolo 21. Sessanta sono le giovani adulte presenti ( età compresa tra i 18 ed i 25 anni) e circa 110 sono le detenute tossicodipendenti e 29 le madri con bambini. Le straniere presenti sono circa 200 delle quali, considerando la loro provenienza, una grande maggioranza proviene dall’est europeo (113) e una minoranza è la presenza di donne sudamericane (26) e africane ( circa 30 sono le donne detenute provenienti dalla Nigeria).
La comunità carceraria femminile viene continuamente modificata dalla pre-senza sempre più numerosa di donne detenute per reati connessi alla droga (circa 150 sono le donne che commettono violazioni della legge sulle sostanze stupefacenti), per sfruttamento della prostituzione (art. 600 c.p.), per reati contro il patrimonio ed anche per omicidio. Sono prevalentemente donne gio-vani, di diversa composizione sociale e di diverso livello culturale, anche se le classi più disagiate rimangono maggiormente rappresentate.
Inoltre in relazione alla presenza di donne provenienti dal continente africano è da segnalare che le rispettive ambasciate spesso non riescono a fornire adeguate informazioni sulle famiglie e sulle utenze telefoniche delle donne, con la conseguente impossibilità di avere colloqui soprattutto telefonici con i propri familiari.
Un altro problema complesso riguarda le giovani donne tossicodipendenti che entrano in carcere per reati minori e con pene basse da scontare . Si trovano ad uscire, ritornando nel circuito della tossicodipendenza e della marginalità ed è facile che rientrino in carcere.
E’ importante evidenziare anche e soprattutto la presenza sempre più rilevante di donne con problemi psichiatrici. Tale problematica ricade sulle spalle della polizia penitenziaria e di pochi operatori del trattamento.
Le donne che delinquono spesso non mettono in conto che a seguito di un’azione illegale possa esserci la carcerazione e quindi agiscono nell’illegalità senza accettare il rischio dell’evento. Queste sono considerazioni che le stesse donne sicuramente fanno nel momento in cui entrano in carcere. E’ dunque cambiata la composizione della popolazione detenuta.
Tra le donne aumentano le giovani soprattutto straniere ed in generale il qua-dro della trasgressione appare più complesso. Aumentano, infatti, i reati contro il patrimonio, quelli contro lo Stato, l’amministrazione della giustizia e l’ordine pubblico, mentre diminuiscono quelli contro la famiglia e la morale.
Emerge la necessità di un processo di modernizzazione all’interno dell’istituzione penitenziaria anche se il momento centrale di tale processo di mutamento risiede nella riforma penitenziaria 354/1975.
Per le detenute straniere sarà certamente più difficile, se non impossibile, tro-vare un sostegno adeguato nel mondo esterno, una casa o un lavoro, tale da poter far ritenere al giudice procedente che non sussistano gravi indizi di pos-sibile reiterazione del reato, o il pericolo di fuga.
Capitolo 137 - Suicidio ( Wikipedia)
Per suicidio si intende l'atto col quale un individuo si procura volontariamente e consapevolmente la morte.
Il suicidio è il gesto autolesivo più estremo, tipico in condizioni di grave disagio psichico, particolarmente in persone affette da grave depressione e/o disturbi della personalità di tipo psicotico.
Lo status giuridico del suicidio nel diritto italiano è oggetto di dibattito ma, secondo la dottrina dominante, questo è un atto legittimo e comunque non può essere punito (ed infatti non è prevista alcuna sanzione civile o penale nei confronti di chi tenta il suicidio). Al contrario, vengono puniti gli atti che tentano di influire su una terza persona determinandola al suicidio. Dal punto di vista medico-psichiatrico, numerosi dati di letteratura indicano che è sicuramente possibile prevenire il suicidio nella popolazione generale, riducendo drasticamente il numero di morti, mediante apposite campagne di informazione e attraverso programmi e centri di aiuto e assistenza.
Sociologicamente il suicidio è stato trattato in modo molto approfondito da Émile Durkheim, che lo categorizza in quattro diverse modalità:
• egoistico
• altruistico
• anomico
• fatalista
Le modalità con cui viene messo in pratica un suicidio sono molteplici. A volte, ma non sempre, il metodo usato può essere correlato alla causa che ha spinto il soggetto a togliersi la vita: il depresso spesso preferisce la via che gli appare meno dolorosa, quali overdose di farmaci o stupefacenti, mentre individui psicotici tendono a mettere in opera metodi più "spettacolari", quali l'impiccamento, il salto nel vuoto, il taglio delle vene dei polsi. Si è notata, statisticamente, una certa differenza nelle modalità suicide utilizzate dagli uomini rispetto a quelle applicate dal sesso femminile; le donne, infatti, tendono a prediligere tecniche di suicidio che non comportano danni esterni al corpo e all'ambiente circostante, quali ad es. ingestione di farmaci o avvelenamento da monossido di carbonio, come rifiuto del dolore fisico o della violenza.
Di seguito si riporta un elenco dei metodi più comuni, suddivisi in base alla causa della morte.
Assunzione di farmaci o veleni in quantità letali.
La categoria comprende tutti i metodi che provocano una morte violenta, dovuta ad un danno da impatto, soffocamento, perforazione, ecc. In genere, questi metodi sono più diffusi di quelli nella categoria overdose-avvelenamento in quanto più accessibili: non è infatti necessaria nessuna sostanza particolare. In compenso, questi metodi sono solitamente più dolorosi e richiedono uno sforzo di volontà maggiore per poter essere utilizzati. Le tecniche più comuni sono:
• taglio delle vene;
• precipitazione;
• impiccamento per sospensione;
• uso di armi da fuoco.
In ambito bellico le azioni suicide fanno spesso parte di una precisa strategia, messa in atto da eserciti o formazioni più deboli e tecnologicamente arretrate opposte ad eserciti più potenti e preparati.
Il suicidio come atto di protesta estrema nonviolenta venne alla ribalta nel 1963 quando alcuni monaci buddhisti si diedero pubblicamente alle fiamme per protestare contro le discriminazioni anti-buddiste del regime del Vietnam del Sud.
Analogo fu il gesto dimostrativo di Jan Palach, compiuto a Praga in piazza San Venceslao dopo l'invasione della Cecoslovacchia da parte del Patto di Varsavia nell'agosto del 1968.
All'interno dell'ambito domestico o in generale delle relazioni affettive eterosessuali, è degno di nota il fenomeno degli omicidi-suicidi. In una situazione di forte conflittualità e violenza, agita e subita, tra i partner, il fenomeno si manifesta nel momento in cui una delle due parti decide di commettere l'omicidio dell'altra e togliersi, successivamente, la vita. Tra il gennaio e il dicembre 2003 i casi di suicidio ad opera dell'autore del delitto rilevati sono stati 42, di cui 38 commessi da uomini e 4 da donne. Solo in uno dei casi l'omicidio-suicidio era concordato da entrambe le parti.
È il gesto estremo di una manifestazione psicologica di malessere. Dal punto di vista psicologico, esso può però essere anche interpretato, oltre che come estrema forma di richiesta di aiuto (in questo caso, spesso, il suicidio è la conclusione involontaria di un tentativo che si vorrebbe inconsciamente o consciamente volto al fallimento), come espressione di un bisogno, altrimenti inappagabile, di mettere a tacere una sofferenza, un disagio, cui il soggetto non riesce a dare risposta; nella soppressione della vita, in realtà, il desiderio reale in questa interpretazione sarebbe quello di affermare l'ideale di una vita liberata, finalmente, da una sofferenza rivelatasi ingestibile e insostenibile per colui che la patisce. A volte, il suicida può decidere di compiere l'estremo gesto in un luogo distante da quello in cui risiede: può trattarsi di un luogo scelto a caso come di un luogo che ha rappresentato qualcosa nella sua vita.
Il suicidio è stato giudicato in diverse maniere lungo la storia della filosofia.

Grafico dei dati ISTAT 2007 sul suicidio diviso per sesso. Gli uomini sono rappresentati dal colore azzurro, le donne dal rosa. I numeri rappresentano il numero di suicidi in Italia per anno per i maschi, le femmine ed il totale.

In Italia la regione con il numero più basso di suicidi è la Campania con 2,6 suicidi per 100.000 abitanti, e la più alta in Friuli-Venezia Giulia, (9,8 per 100.000 abitanti), nel 2007, seguita da Valle d'Aosta (9 su 100.000), Sardegna (8,9 su 100.000) e Trentino-Alto Adige (8,7 su 100.000). rispetto ad una media nazionale di 5,6.

CAPITOLO 138 - le differenze fra Lombroso e gli altri.
Dopo aver visto le vicissitudini di Lombroso, dei suoi allievi, dei suoi avversari, forse riesco a far capire il mio punto di vista, peraltro evidente nell’esposizione.
Adesso, passato molto tempo dal periodo della fioritura di questi uomini, la differenza mi riesce ancor più evidente.
E’ stato detto, e anch’io ero fra questi, che le ricerche sperimentali di Lombroso erano gravemente insufficienti, per esempio quelle sull’effetto tossico del mais e altre dello stesso o analogo tipo. Avevo naturalmente poco considerato il fatto che ricerche di questo tipo erano molto precoci per la biochimica internazionale, e che dunque erano praticamente destinate all’insuccesso, a meno che il Lombroso non vi avesse dedicato la intera vita futura. Per fortuna, è passato ad altro, lasciando a scienziati più abili ed accorti di lui il compito di risolvere il problema.
Ma se questa è cosa minore in una intera vita dedicata alla ricerca, proviamo ad esaminare quello che, a mio parere, è accaduto della sua idea più importante, e cioè quella dell’Uomo delinquente. Di questa idea, fu pubblicata la prima edizione nel 1876, e poi altre quattro, entro il secolo. L’ultima, la quinta edizione, era in tre volumi, mentre la prima edizione era in unico volume.
Le edizioni erano profondamente innovate, e ora, che stanno uscendo nuove traduzioni ed edizioni americane, non si riesce più a capire quali fossero i nuovi contenuti che giustificavano la nuova edizione. Si comprende, tuttavia, che il testo è stato continuamente e completamente ripensato, aggiornato, corretto, fino a ottenere un qualcosa che fosse definitivo. Questa è una condotta da vero ricercatore, che desidera aggiungere sempre argomenti, a correggere o modificare quello che ha già fatto. Molte idee sono cambiate in questo quarto di secolo, anche importanti, ed era ed è giusto dar loro rilievo. Io stesso ho riscontrato che, tradotto il vecchio nome nel nuovo, nell’opera fondamentale del Lombroso vi sono aspetti che sono validi anche oggi. Qua e là in questo testo ho espresso, più volte, il mio parere, specificando che l’eventuale errore dipendeva dalla tipologia del campione esaminato.
Se ora usiamo simili criteri per esaminare i testi degli allievi e degli avversari, troviamo anzitutto che allievi ed avversari usano in genere gli stessi argomenti: non c’è più l’analisi dei fatti, anche spinta all’eccesso, ma essa è sostituita dal parere dell’Autore.
Questo ci porta a dire che la parola dell’Autore Lombroso contiene quegli errori che si sono dimostrati essere tali, e che debbono essere eliminati. Ma quel che resta deve essere conservato, anche se è apparentemente poco rispetto all’altro. Del resto, quanto dico è verificabile in ogni condizione, quando una parte specifica della scienza sta cominciando ad essere nota per davvero.
L’aver trasformato una scienza a carattere sperimentale come la criminologia in un qualcosa che è puramente teorico, come hanno fatto gli studiosi americani, significa stravolgere la scienza e i suoi valori.
Ciò detto, si deve aggiungere soltanto che la criminologia è qualcosa che va verificato punto per punto, sia quando si attesti qualcosa, sia quando si voglia procedere per raggiungere una diagnosi. Questa considerazione non è subordinata ad altre, perché la diagnosi è il penultimo passo prima di scrivere la conclusione.
Se ora torniamo a quello che s’era iniziato riesaminando l’operato di Lombroso, non possiamo fare a meno di rilevare ancora una volta come l’attività del Lombroso era assolutamente finalizzata e intesa a raggiungere uno scopo scientifico.

Capitolo 139 - che fare
Se qualcuno è arrivato a chiudere la molto sommaria analisi che è stata fatta della Criminologia, dovrebbe avere ora la possibilità di esercitare questo mestiere. Quello del criminologo, appunto. Ma la messe di nozioni è tale, che chiunque sia dotato di un po’ di buon senso si vede costretto a rinunciare. Le ragioni sono semplici: dominare questa massa di dati è semplicemente impossibile, ed il costo per mettere in piedi un laboratorio di criminologia supera ampiamente il consentito. Guardate a quello che ha fatto il Lombroso, ritenuto il fondatore di questa disciplina. Egli si è limitato a fare quel che sapeva fare, e della stessa natura sono i contributi dei suoi allievi, ancorché meno rilevanti. E’ altrettanto evidente che non si può fare tutto, specie a livello di ricerca scientifica. Quel che conta è che l’operato dello scienziato rientri nell’ambito della ricerca.
Allora tutto si ridimensiona. Si dice che il periodo di intervallo successivo alla morte del Lombroso in realtà si conforma a quanto risulta dai dati di questa ricerca, cioè dai dati messi insieme dal Lombroso. E’ vero fino a un certo punto: a mio parere, rientra fra quel che è necessario per accettare una dottrina. Se guardate bene, e tenete conto di quanto sia piccola questa forma di dottrina, soprattutto se fate il paragone con altre forme di studio, troverete che in quel che dice Lombroso vi sono elementi che tendono a giustificare i suoi asserti, ma vi sono anche forme che tendono a giustificare le sue teorie. Ora come ora, non vi sono elementi a carattere scientifico che possono stravolgere le tesi lombrosiane. Soprattutto, non esiste Paese che giustifichi la propria presenza delinquenziale. Se tornate alle prime pagine di questo esame che stiamo conducendo, in tutti i Paesi troverete una (più o meno) importante rete che giustifica gli attentati, gli imbrogli, il desiderio umano di comandare sopra gli altri. Rassicuriamoci: non siamo tutti buoni, anzi siamo (quasi) tutti cattivi, come gli altri popoli. E anche quelli che si ritengono buoni in realtà mostrano di non essere affatto innocenti, comprese le giovani madri e i giovanissimi figli.
Del resto, la posizione ufficiale del nostro codice penale, e degli altri, è questa:
Il diritto penale italiano riconosce diverse categorie di delinquenti, collegando all'appartenenza di un individuo ad una di esse diverse conseguenze riguardanti la durata della pena e la possibilità di godere di benefici.
• Il delinquente abituale è un individuo dedito abitualmente al delitto.
• Il delinquente professionale è un individuo che trae di che vivere dai frutti dei delitti.
• Il delinquente per tendenza è un individuo che ha la propensione alla commissione di delitti, differenziandosi dal modello lombrosiano perché non irrimediabilmente condannato al delitto dalla nascita.

2 commenti:

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